In loving memory di un’estate italiana

Se mi avessero detto anni fa che sarebbero trascorse ben tre estati consecutive senza per me poter godere di vacanze italiane (…o di vacanze in generale), non avrei esitato a ridere sonoramente. E invece, è esattamente ciò che sta per accadere.

Per chi è cresciuto in Calabria, l’estate è sacra. La prossimità di coste in abbondanza e, per alcuni, la disponibilità di una “casa al mare”, forniscono un formidabile esempio di sweet escape. La costante consapevolezza che, a prescindere dal momento che stai vivendo, sei a pochi minuti di guida da un posto che riesce ad evocare in te felicità e spensieratezza, anche solo per mezza giornata.

Si comincia con la tradizionale Pasquetta, cui seguono i weekend isolati, e si raggiunge l’apice durante la stagione estiva, in cui, non senza il supporto eroico di nonne e parentame volenteroso, i ragazzi in età scolare riescono a strappare financo due o tre mesi consecutivi di mare, alterando la pigmentazione sino a essere irriconoscibili.

Ricordi, solo ricordi ormai. Il primo sostanziale arretramento si ha quando si comincia a lavorare, e si deve fare i conti con le ferie. Ma persino quelle sembrano vacanze extralarge quando fai il confronto con la realtà statunitense.

Già: perché mentre in Italia Agosto è un “mese fantasma”, in cui tutti, per porzioni più o meno ampie del mese, fermano le rotative e si godono un po’ di vacanze, qui negli Stati Uniti questa tradizione semplicemente non esiste. Il numero di days off è significativamente inferiore rispetto a quello delle ferie italiane. E a prescindere dal mero dato numerico è completamente impensabile fermare una realtà produttiva del tutto, anche solo per un giorno.

Questo approccio scientifico alle vacanze (e di converso ai giorni produttivi durante l’anno solare) fa rima, ad esempio, con come vengono gestite le feste nazionali. Ad eccezione degli internazionali Natale e Capodanno, e del “data-specifico” 4 Luglio, tutte le altre vacanze (Memorial Day, President Day, Labour Day, etc) sono invece variabili, e cadono sempre un determinato lunedì del mese, generando un long weekend. Persino il celebre Thanksgiving, si celebra ogni quarto giovedì del mese di novembre, creando un ponte automatico col venerdì e favorendo così la tradizione del ritorno a casa dalle famiglie.

Dunque, mentre in Italia ad ogni giro della Terra intorno al Sole parte la roulette russa delle vacanze, e si scorre con mano tremante il calendario per scoprire se un festivo cade drammaticamente nel weekend o, in caso contrario, quali calcoli trigonometrici possano generare ponti dorati, qui negli Stati Uniti si sa sempre con buona approssimazione quanti e quali giorni di vacanze ti attendono durante l’anno.

Tutto questo per fornire un contesto utile a comprendere come possa cambiare la prospettiva di vacanza di chi si ritrova a fare i conti con una realtà che ragiona in modo del tutto differente. Senza scomodare le mitologiche super-sessioni estive degli studenti, e limitandomi all’Agosto fantasma, c’è da dire che questo approccio, se sicuramente non ideale da un punto di vista produttivo-economico del sistema nel suo complesso, permette alla gente di istituzionalizzare un momento di riposo collettivo, e di ricordare a tutti l’importanza durante l’anno di avere un momento in cui si tira il freno dai vari affanni.

Al contrario, negli Stati Uniti, mentre è indiscutibile il valore di poter scegliere liberamente quando poter fare le proprie vacanze, il mero fatto di avere una ruota produttiva che continua a girare senza sosta, fa si che le tue vacanze siano sempre molto brevi e “disturbate”, dato che nessuno da per scontato che tu sia in vacanza proprio in quel momento (e perché dovrebbe?) e, soprattutto, perché diventa difficile staccare del tutto la spina quando sai che il lavoro si sta accumulando ed è pronto ad accoglierti quando tornerai operativo. Risultato? Il più delle volte ci si dimentica del tutto della possibilità di fare vacanze e si rimane risucchiati in un vortice di produttività che non conosce sosta. Ed è proprio in quei momenti che ci si ricorda delle estati italiane, con gli amici che vedi una volta l’anno ma è come se il tempo non passasse, con i tormentoni estivi che senza meriti specifici finirai per imparare a memoria e soprattutto con la spensieratezza di sapere che tutti coloro con cui interagisci nel tuo day-by-day sono nel tuo stesso mood vacanziero, e che ci si rivedrà a settembre, tutti un po’ abbronzati.

Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni