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Ha ancora senso celebrare la festa della donna?

Uno sguardo alla condizione della donna in Italia

Qual è la condizione della donna oggi? E passato l’8 Marzo, festa nazionale dei diritti delle donne più comunemente conosciuta come “Festa della Donna” e, tra una mimosa e l’altra, sorge spontanea una domanda: ma le donne, in Italia, come se la passano? Sono soddisfatte della propria situazione economica e sociale? Si sentono realizzate? Sono adeguatamente ascoltate e rappresentate dalle forze politiche?

Ad un primo sguardo, i dati non sembrano essere molto incoraggianti. Secondo il Global Gender Gap Report del 2023, l’Italia si posiziona in coda ai paesi Europei per la parità di genere mentre in testa troviamo paesi come la Norvegia, la Svezia e la Finlandia. Le disuguaglianze sono marcate in molti ambiti della vita sociale e lavorativa. Le donne, pur rappresentando quasi il 53% della popolazione del paese ed essendo spesso in possesso di titoli di studi superiori, lavorano e guadagnano meno degli uomini. Attualmente, in Italia, solo il 55% delle donne si trova in condizione di piena occupazione contro la media Europea del 69,3% e se sul mercato del lavoro Italiano si possono contare circa 13 milioni di uomini occupati, le donne si fermano a 9,5 milioni.

Certamente stiamo uscendo da un periodo di forte crisi economica, in parte dovuto al periodo di pandemia che ci siamo lasciati alle spalle. Tuttavia, alcune disuguaglianze di genere sembrano avere caratteristiche tutte nostrane ed essere legate a limiti culturali caratteristici del Bel Paese. Il famoso termine “patriarcato”, che ormai impera sui media ed internet, oltre a sottolineare un atteggiamento prevaricatore dell’uomo nei confronti delle donne, pone l’attenzione su una tendenza a volte sottesa ed a volte più esplicita a relegare l’operato delle donne al margine dei contesti lavorativi e sociali. Una forma di soppressione antica, un “retaggio culturale” che rende accettabile e quasi giustifica la posizione di subordinazione della donna.

Del resto, la partecipazione delle donne alla vita pubblica è storia recente dell’Italia. Il suffragio femminile viene approvato soltanto nel 1945, occasione nella quale le donne potranno finalmente votare per il decisivo referendum che decreterà l’Italia una Repubblica. Un altro passo avanti verso l’uguaglianza di genere avvenne nel 1948 grazie alla nostra Costituzione che nell’art.3 recita Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Dal 1948 ad oggi, le donne hanno incontrato ancora molti ostacoli e ne incontreranno di nuovi per rivendicare i propri diritti. In questa sede vorrei ricordare la legge a favore del divorzio, promulgata nel 1970, che permetteva di sciogliere il matrimonio (la prima donna in Italia ad usufruire di questa novità legislativa fu Luisa Benassi, di Modena). Altro passo in avanti decisivo si ebbe nel 1981, quando l’Italia con la legge nr 442, abrogò la rilevanza penale della causa d’onore. Grazie al coraggioso esempio di Franca Viola che rifiutò le nozze riparatrici dopo essere stata vittima di stupro riscattando la dignità delle donne che fino ad allora erano viste quasi come una proprietà.

Oggi sono ancora tanti i progressi attesi nei confronti dei diritti delle donne ed in Italia esistono vari enti ed associazioni che si preoccupano di porre l’attenzione sul tema della parità di genere in vari ambiti sociali. Un esempio è l’associazione Amleta di Milano, che si occupa di contrastare le disuguaglianze nel mondo delle arti e dello spettacolo. Vi è poi la Casa Internazionale delle Donne erede del movimento femminista romano punto di riferimento per il settore della cooperazione e dell’associazionismo dove ogni anno, secondo i dati riportati sul loro sito, transitano più di 30.000 persone. Da citare anche l’associazione Pangea, attenta ai temi femminili e dotata persino di uno sportello online antiviolenza. In tutto il paese c’è grande fermento intorno ai più recenti temi che riguardano i diritti delle donne, grandi dibattiti si sviluppano intorno ad argomenti quali l’aborto, il femminicidio, la violenza di genere, etc.

Recentemente la cronaca è stata scossa da due notizie che hanno portato, ancora una volta, l’attenzione sul tema dei diritti delle donne: l’omicidio di Giulia Cecchettin ed il diritto all’aborto inserito nella Costituzione francese. L’omicidio di Giulia Cecchettin è una tragedia che ha messo in luce come la donna rischi ancora di essere emarginata, schiacciata e nel caso specifico addirittura uccisa per mano di un uomo che non riusciva a controllarla. L’indipendenza, l’autonomia di scelta, sono state viste come una minaccia dal ragazzo con cui pure aveva intessuto una relazione. La vita della ragazza è stata strappata via da una persona che non poteva accettare o forse concepire una donna troppo libera, troppo indipendente, troppo “emancipata” e scevra da catene imposte dalle convezioni sociali. Fa molto riflettere la giovane età del ragazzo coinvolto e forse un po’ rattrista che certi stereotipi siano attecchiti nella mente di una persona così giovane. Questo episodio vuole anche essere un invito alla riflessione ed alla consapevolezza che bisogna essere sempre vigili e pronti a difendere dei diritti che non si possono mai dare per scontati.

Per quanto riguarda l’aborto invece, recentemente i cugini francesi hanno approvato una modifica della Costituzione che così recita: La legge determina le condizioni nelle quali si esercita la libertà garantita alle donne di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza. Un atto che sta suscitando molto scalpore. In Italia la normativa sull’aborto è regolamentata tramite la legge 104 del 1978, composta da 22 articoli e che, negli anni, è rimasta sostanzialmente invariata.

Ancora tanti sono i passi da compiere per assottigliare le diseguaglianze di genere, ma nonostante l’Italia paghi lo scotto di retaggi culturali importanti, se imparerà dalla propria storia potrà impegnarsi a costruire un paese più equo e giusto.

Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni