Dialoghi tra emozioni nel mondo reale e virtuale
Meglio conosciuta come la terapeuta che disegna, Roberta Guzzardi, dopo aver conseguito la specializzazione come psicoterapeuta presso la Scuola di Arezzo diretta dal Dott. Giorgio Nardone, si proietta, nella sua duplice veste professionale, all’interno del nuovo e odierno scenario del web : oggi groviglio di tematiche eterogenee dal contenuto valoriale talvolta discutibile per veridicità e portata. Il mondo dell’internet diviene vetrina espositiva della passione artistica che sin da piccola la accompagna, ossia quella del disegno. Qui, dove virtuale e reale si incrociano, condivide ciò che nasce da una primaria e personale necessità di analisi e condivisione; non a caso il significato etimologico di ciò che oggi comunemente definiamo “social ” rimanda alla soddisfazione comune di bisogni sociali prospettati dalla teoria maslowiana. La finalità voluta e perseguita dai suoi lavori è volta a promuovere un percorso di auto-conoscenza di quelli che sono i processi interiori più profondi che abitano ciascuno di noi, attraverso un sentire comune a tutti ma ancora sconosciuto a molti. I suoi, sono disegni capaci di generare, nella persona dell’osservatore, interrogativi nuovi restituendo consapevolezze più chiare in risonanza con la propria storia e con il proprio vissuto. Finalità di intenti di nobile portata specialmente in relazione allo sviluppo delle attuali ed emergenti generazioni : i cosiddetti “nativi digitali”. Più comunemente noti come Generazione Alpha, sono i giovani che, lungo il corso naturale della propria crescita, hanno maturato un rapporto “simbiotico” con le tecnologie e quanto esse contengono. Evitare che un uso prolungato del touch screen prevalga sulle consapevolezze valoriali è uno degli intenti di carattere etico perseguiti da quanti utilizzano il web come veicolo di interazione comunicativa che, anziché togliere, apporta al reale contributi educativi e di significato validi . Intento che non incontra, tra l’altro, barriere di carattere anagrafico poiché volto a coinvolgere, ad ampio raggio, un ambiente popolato tanto da giovani quanto da adulti. Non emerge qui l’intento volto a demonizzare l’utilità che la tecnologia apporta alla vita, quanto piuttosto l’impiego e la finalità perseguiti. L’uso degli strumenti tecnologici, difatti, oltre che facilitare l’esplicazione delle ordinarie incombenze del quotidiano, assume valenza ausiliare negli ambiti più disparati che spaziano dalle discipline dell’Ingegneria medica agli studi il cui oggetto verte sui disturbi cognitivi dell’apprendimento; in tale prospettiva, il mondo della tecnica è l’unico mezzo capace di raggiungere concretamente quanti, abitando nelle aree più limitrofe, non hanno le medesime possibilità offerte al cittadino all’interno di un contesto invece urbano. Lo stesso mezzo ha favorito, a livello globale, la vicinanza nel periodo storico più delicato dell’anno. Nei mesi in cui l’esercizio delle libertà costituzionalmente tutelate è stato ridimensionato per ovvie ragioni di salute pubblica, la tecnica è stata per molti, se non per la quasi totalità, come paracadute aperto nel vuoto, eppure, il medesimo strumento diviene talvolta elemento di intralcio nello sviluppo dei legami sociali allorquando l’incontro vis à vis viene sacrificato nella sua interezza. Ciò nonostante, il concetto di “relazione sociale” acquisisce nell’attualità storica connotazioni nuove volte a realizzare una assetto sociologico che ripercorre i tratti teorici delineati dal sociologo Zygmunt Bauman nel passaggio che dall’era della modernità andava incontro a quello, che lui definì, della liquidità. In “ La Politica”, Aristotele descriveva l’uomo come animale sociale. In quanto tale, l’uomo è naturalmente portato ad effettuare criteri di paragone e confronto ma l’influsso generato da gran parte dei contenuti presenti nei social, aventi finalità a sfondo oggi prevalentemente commerciale, porta con sé il rischio di esaltare un culto della roba verghiano (dal romanzo “Mastro don Gesualdo”) capace di offuscare la necessità di un sentire personale che sfugge all’omologazione più fulgida. A dispetto delle previsioni affrontate, il ricorso alla cultura è reso, mai come oggi, indispensabile per una esigua cerchia di fautori del sapere. Protagonisti delle nuove offerte sono docenti, poeti, filosofi, artisti, musicisti. Ciò in cui crediamo è un risveglio delle coscienze capace di rendere l’utente soggetto attivo ed autorevole nelle scelte che adotta; un utente che sappia impiegare consapevolmente il suo tempo e che attraverso l’impiego della tecnologia contribuisca, per mezzo delle proprie abilità e capacità, alla creazione di valore!
Allo stesso modo, attraverso i suoi lavori, Roberta Guzzardi offre il proprio contributo. Lo fa partendo da un’analisi introspettiva che, come già accennato, è intima e dapprima personale. Lo sviluppo delle capacità di ascolto è accompagnato, nei disegni dell’artista, dalla figura amica del “mostro”, figura retorica che, nella psicologia analitica, viene comunemente descritta come “ombra”. Dall’aspetto innocuo e benevolo, il tenero amico mostra come l’accettazione delle parti maggiormente ostili, appartenenti alla propria persona, sia la premessa indispensabile per avviare un percorso di crescita personale che possa definirsi , nel tempo, redditizio. Nella mutevolezza delle storie affiora la presenza costante di una figura femminile dall’ aspetto profondamente affine a quello della sua autrice; d’altronde il prodotto artistico condiviso, risulta scaturire, come dichiara lei stessa, dalle ispirazioni che, dettate dal proprio vivere, vengono impreziosite poi dalle conoscenze degli studi compiuti. E’ un dialogo costante quello fra lei ed il mostro; un dialogo fatto di intuizioni, silenzi e nuove conoscenze che lasciano spazio e voce a figure che appaiono allorquando il ricordo ravviva qualcosa che richiede attenzione. Dal tratto, deciso ed essenziale, ciò che emerge dai suoi lavori è un invito alla cura, una disponibilità al sentire che cede il posto alla conoscenza delle emozioni tutte, anche di quelle impropriamente definite “negative” come la rabbia e la tristezza. Attraverso i social, gli stessi, scopro un’artista a me incredibilmente vicina. Figlia di uno dei docenti dell’Università della Calabria, Roberta trascorre alcuni anni della sua vita ad Arcavacata di Rende. Nel raccontarlo rievoca ricordi festosi di un’ infanzia, ridente e giocosa, spesa nel verde che fa da cornice ai quartieri del campus calabro. Nei racconti, l’impressione degli studenti, visti attraverso gli occhi di una bimba, che muta e che, ritrovandosi donna, si capovolge. Nei disegni, forse, a comparire è proprio la bambina che è stata o forse no; ma ciò che tale intuizione mi lascia è l’importanza di curare la parte bambina che appartiene a ciascuno di noi e, qualora questa sia stata perduta, la necessità di recuperarla. Un invito da declinare o cogliere? A noi la scelta.
Angela Servidio
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