Dune è un pianeta, sabbioso e caldo, il cui popolo dei Fremen è l’unico che riesce a non soccombere alle difficoltà climatiche e ambientali del deserto. Un pianeta fuori dall’ordinario, da preservare perché possiede una sostanza naturale che permette di prevedere il futuro, oggetto di eterna lotta con il popolo degli Harkonnen, avido, assetato di potere e crudele fino all’inverosimile.
Nelle sale cinematografiche è uscito proprio in questi giorni Dune II, il colossal fantascientifico di Denis Villeneuve che sta spopolando tra i giovani lettori di fantasy e gli appassionati di cinema in quanto l’intera sceneggiatura del film è un calderone di bellezza e peculiarità. La storia potrebbe sembrare fine a se stessa, come in molti altri fantasy si ha a che fare con i buoni e i cattivi che lottano in mondi inverosimili usando il proprio potere magico. Questa volta però ci troviamo davanti ad un capolavoro della narrazione che riesce a regalare anche agli spettatori meno avvezzi al distopico un quadro completo, terribile e lucido su quello che potrebbe essere il nostro futuro.
Il deserto è la rappresentazione drastica ma naturale di quello che potremmo vivere in un futuro sempre più vicino a causa dei cambiamenti ambientali e climatici. Il popolo autoctono (i Fremen), vivono in un luogo privo di acqua e per questo vengono educati alla preservazione dei loro stessi liquidi corporei: non si deve avere paura per non sudare, non si deve piangere per non disidratarsi, non si deve star male per evitare di rigettare. Gli unici liquidi presenti su Dune sono raccolti in una enorme piscina e sono sacri poiché provengono dai corpi esanimi dei loro antenati. L’acqua è vita, vita che viene dalla morte.
Su Dune c’è una sostanza naturale che da allucinazioni a chi la respira, eppure non sono visioni qualunque, sono immagini che provengono dal futuro e che possono mostrare a chi è sotto effetto de La Spezia (nome della sostanza) come agire in tempo per evitare delle catastrofi o come salvare la vita di qualcuno, insomma è una sorta di fonte della verità futura. Questa sostanza diventa oggetto di guerra tra il popolo che la possiede e quello che la vuole avere, non molto distante da quello che da decenni succede nel mondo. L’ Africa o il sud America hanno bacini minerari che determinano la produzione di oggetti che sul mercato sono beni di lusso o di consumo frequentissimo che paghiamo a caro prezzo. Basti pensare alle guerre per i cosidetti “diamanti insaguinati”, per i bacini di coltan e cobalto necessari per gli strumenti hi-tech, del petrolio o del metano che sono al centro di guerre interminabili. Su Dune si combatte per La Spezia che rende assuefatti, sulla terra si combatte per il coltan, alla base degli smartphone, dei tablet, dei pc che rendono assuefatti.
Altro elemento fondamentale è la religione. I Fremen sono un popolo compatto ma intaccato dalla religione: una parte di loro agisce e combatte per custodire la propria terra o la propria vita ma un’altra parte fa tutto questo in nome di un Messia che sta aspettando e che li salverà da ogni male. Questa parte di popolo prega, si lascia trasportare dalle parole delle profezie e obbedisce, anche se questo vuol dire uccidere. Non c’è arma più potente della religione per far si che un intero popolo riesca a dominare su un altro, questo accade ai Fremen. Un popolo diviso dalla fede, unito dai costumi e dal sangue versato.
E poi ci sono i cattivi: gli Harkonnen principalmente uomini, le donne hanno solo il ruolo di servitrici, esteticamente uomini e donne solo uguali, tutti glabri e bianchissimi, vestiti di nero, stesso colore dei denti, non esistono sorrisi. Questo popolo uccide senza pietà, non esistono legami di sangue da rispettare, non esiste una famiglia, tutto è carne che può essere tagliata con la lama più affilata per capriccio, per piacere, per comandare. Questa parte di popolo senza etica, ma con un’estetica che li rende tutti terribilmente uguali e indistinguibili agisce per il solo gusto di dominare.
Insomma, Dune è un film che di fantascientifico ha ben poco se lo si riporta ad un contesto terreno e umano. Un film crudele e vero che sembra volerci far osservare dall’esterno quello che noi stessi siamo stati capaci di creare senza neanche rendercene conto. E forse è proprio giunto il momento di svegliarci da questo torpore, d’altronde lo dice chiaramente uno dei personaggi del film “Sono belli i sogni, ma le cose importanti accadono da svegli, perché così le realizziamo.”
Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni
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