“C’è ancora domani” e la linea sottile tra libertà e sicurezza delle donne di oggi

L’esordio alla regia di Paola Cortellesi, con il suo film “C’è ancora domani”, ha riscosso un successo inaspettato ed una grande acclamazione dalla critica.

La pellicola, in bianco e nero, è ambientata nella Roma del secondo dopo guerra e racconta la storia di una donna, madre di tre figli, vittima di violenza domestica.

La vita di Delia, segnata dal conflitto tra amore e odio, dalle carezze e dai lividi, è la vita di tante donne.

Il significato che si cela dietro il film può essere riassunto nelle parole utilizzate dalla regista: “Volevo raccontare la vita di quelle donne che nessuno ha mai celebrato, quelle che, come niente, si prendevano uno schiaffo in faccia dal proprio marito e poi come cenerentole tornavano a lavorare”.

Donne di ieri, donne di oggi. Il dramma della violenza di genere, quella violenza che spesso si annida dentro le quattro mura di casa.

La persecuzione avverso la donna vista come oggetto da possedere, da sottomettere, la prospettiva di superiorità dell’uomo, la gerarchia del patriarcato.

Delia interpreta tutto questo e molto altro ancora. I silenzi, le pause di apparente tranquillità, l’amore incondizionato verso i figli, la protezione nei loro riguardi. Gli schiaffi, i calci, la brutalità della forza meschina, che avviene nell’ordinaria quotidianità. La paura e la solitudine di Delia che si percepiscono dietro le giustificazioni avanzate per spiegare le reazioni del marito. La gabbia di moglie addetta alle faccende domestiche, ai soliti rituali, alla difficoltà nell’avere denaro a disposizione. La necessità di nascondersi dal maschio bestia, dall’amore infame, dalla collera del superuomo.

Paola Cortellesi riesce a tessere una storia di violenza con delicatezza, giocando con le note musicali, con le battute che smorzano la tragicità del tema che affronta. E alla fine, restituisce l’immagine di una donna coraggiosa, una donna capace di disobbedire al comando, una donna che prova a cambiare il corso della storia esercitando la libertà di voto.

Un punto di riflessione a cui conduce il film è il domandarsi se qualcosa nel mondo di oggi è cambiato rispetto alla condizione della donna, e soprattutto alla violenza di genere.

Senza dubbio le donne di oggi sono affrancate dal giogo maschile. La donna di oggi è libera di lavorare senza restrizioni, di viaggiare, di vestire come vuole, di abortire, di divorziare. La donna è uguale all’uomo dinanzi alla legge. La donna gode delle stesse libertà dell’uomo…almeno in Italia.

Ma siamo sicuri che la liberà della donna di oggi non abbia un prezzo? Spesso il prezzo viene pagato in termini di minore sicurezza. Ad una maggiore espansione della libertà, o dell’espressione della libertà femminile, corrisponde una restrizione della sicurezza.

Una donna può camminare da sola alle 2 del mattino, ma quali sono i rischi ai quali andrà incontro? Una donna può decidere di andare a lavoro con tacchi a spillo e rossetto, ma cosa succede se accanto scopre di avere un compagno geloso?

Una donna può guadagnare più di un uomo, può avere più titoli di un uomo, ma riceverà il rispetto e la dignità di un uomo in giacca e cravatta in ogni parte del mondo?

La donna è forte, e se non lo è, deve imparare ad esserlo. La donna è vita, è madre, è genitrice, è radice, è fiore, è anima. Ma l’anima di una donna quante volte viene schiacciata in nome dell’onore maschile?

La compressione della libertà della donna da parte dell’uomo è ancora oggi un fatto quotidiano.

Ciò che l’uomo appartenente alla mentalità machista vuole conseguire attraverso l’uso della violenza è il silenzio della donna. Il silenzio che consegue alla paura e che rende spesso la vittima complice del proprio carnefice.

Eppure siamo nel 2024, dubbi sulla parità di generi non dovrebbero esserci. Se così fosse non si spiegherebbero i continui femminicidi, gli stupri, gli abusi familiari verso le donne.

Esistono realtà che sostengono la donna di oggi, soprattutto le giovani donne alle prese con le sfide del quotidiano. “Donne per strada” ne è un esempio: un team di donne che accompagnano con una chiamata o una video chiamata altre donne in tratti di strada in cui si sentono spaventate. Esistono poi i centri antiviolenza, le associazioni femministe, le case di accoglienza.

Ciò che restituisce il quadro generale del mondo di ieri e di oggi, è un sentiero tortuoso.

La lotta per l’emancipazione non è finita e l’unica speranza a cui appendersi è il pensiero che “c’è ancora domani”.

Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni

Crediti immagine: hollywoodreporter.it