“Sai…sto andando da uno psicologo”. Silenzio. Lo vedo dagli occhi che l’unico pensiero del mio interlocutore è “Non pensavo fosse pazza”. In realtà pazza non lo sono e non lo sono mai stata. Semplicemente, è arrivato un momento in cui sentivo la necessità di parlare con qualcuno che realmente potesse dare un nome alla sensazione di incompiutezza che provavo, che non si limitasse soltanto a dirmi parole di conforto e di comprensione.
Il tabù dello psicologo
Mi sono sempre chiesta come mai la parola psicologo faccia ancora questo effetto. Pensavo che ormai fosse sdoganata l’idea che chi va dallo psicologo soffre di qualche grave disturbo che un buon esorcista non riesce a curare.
In realtà, questo tabù dello psicologo è sempre meno evidente tra i giovani: mi capita, infatti, di confrontarmi con ragazzi tra i venti e i trent’anni che hanno sentito la necessità di intraprendere un percorso psicologico con un professionista. Sono ragazzi con vite apparentemente complete che sentivano il bisogno di capire meglio e di accendere una luce su alcuni aspetti irrisolti della loro vita: dall’incapacità di stare da soli alla difficoltà nel dominare le proprie emozioni sul luogo di lavoro.
E’ troppo tardi per andare dallo psicologo?
Molto spesso quando si decide di intraprendere questo tipo di percorso, però, è troppo tardi. Non fraintendetemi, non è mai troppo tardi per porsi degli interrogativi sulla propria esistenza e provare a darvi una risposta. Intendo dire che spesso ci si avvicina alla figura dello psicologo in una fase della vita in cui si è già formati, in cui il nostro carattere è ben delineato e può essere solo smussato, in cui ci portiamo dietro anni e anni di comportamenti e reazioni difficilmente comprensibili da parte di un occhio inesperto.
Il COVID (ahimè, vi tocca leggere questa parola anche oggi) ha poi, come si suol dire, messo il carico da novanta su di un benessere mentale già vacillante. Siamo stati costretti ad affrontare grandi sofferenze fisiche – per chi ha contratto il virus e per chi ha perso persone care durante la pandemia – e altrettanto psicologiche.
Ecco, forse la pandemia è servita: ci ha aiutato a capire l’importanza del benessere mentale. Tant’è che negli ultimi tempi è sempre più in voga la notizia del cosiddetto psicologo di base, una novità che ha provocato un’unica reazione: finalmente.
Finalmente gli incentivi per la salute mentale
Dalla Lombardia al Lazio, fino ad arrivare alle ultime news sul decreto-legge Milleproroghe attualmente in fase di approvazione, l’intenzione è quella di incentivare i consulti psicologici. Il decreto-legge Milleproroghe, infatti, dovrebbe prevedere un bonus di 600 euro (circa 12 sedute) per tutte le persone che possiedono un ISEE inferiore alle soglie stabilite per legge. Oltre a tale misura prevista a livello nazionale che permetterà anche ai meno abbienti il “lusso” di poter parlare con uno psicologo, diverse Regioni si stanno mobilitando anche in maniera autonoma. Tra queste abbiamo la Lombardia, la Regione maggiormente colpita dalla pandemia, in cui si parla di un vero e proprio psicologo di base, al pari del medico c.d. di famiglia. Il che sarebbe una soluzione ottimale, in grado di far avvicinare tutti indistintamente alla figura dello psicologo e di instaurare un rapporto duraturo e continuativo con lo stesso. Anche il Lazio si è contraddistinto per aver previsto un bonus psicologo che, però, ha incontrato un grande limite: l’assenza di psicologi nella Regione. Un dato sconcertante, se si pensa alla densità di popolazione della sola capitale.
La strada è ancora lunga, ma possiamo dire senza ombra di dubbio che è quella giusta.
Già pubblicato su L’Altravoce dei Ventenni-Quotidiano del Sud 21/02/2022
Del ‘93, laureata LUISS in giurisprudenza, pugliese di nascita ma romana di adozione. Condivide con suo padre due passioni: il diritto e la lettura. Ama viaggiare e scrive racconti brevi: scrivere è l’unico mezzo per placare la sua inquietudine interiore.