dav

Lost in translation: diario di un’imbranata a Malta

Quasi un anno fa decisi di avventurarmi da sola per un viaggio verso un’isola, non tanto sperduta, che grazie al suo incredibile fascino e alla sua cultura attira a sé milioni di turisti da tutto il mondo: Malta. L’occasione mi fu data da un progetto a cui aderii, che mi permise di scegliere dei corsi di formazione. Spinta dalla voglia di partire, vedere posti nuovi e spiagge da sogno, unita al desiderio di migliorare il mio inglese che avevo un po’ abbandonato, partii alla volta di Malta. Al mio fianco solo un bagaglio grande ad accogliere il necessario per due settimane, la mia guida Lonely planet acquistata poco tempo prima e già quasi tutta sottolineata e “mappata” con i posti da vedere, e due inseparabili compagne: l’adrenalina e la paura. Pensai subito che queste due emozioni potessero essere in contrasto tra loro e farmi passare un pessimo viaggio di andata, ma fortunatamente non fu così. Ad attendermi in aeroporto c’erano i responsabili della scuola di inglese che, dopo avermi consegnato le chiavi di casa e tutto il necessario, mi accompagnarono a quello che sarebbe stato il mio appartamento per le successive due settimane. Era ormai mezzanotte ma l’adrenalina mi faceva stare sveglia e vigile per cercare di scorgere, tra le stradine e le case tutte uguali, la mia casa. Mi sembrò un giro lunghissimo, e a pensarci meglio fu proprio così, perché con il buio della notte gli accompagnatori non riuscivano a trovarla: subito pensai a quante volte mi sarei persa anche io in quelle stradine prima di imboccare la strada giusta per tornare a casa. Finalmente trovato l’appartamento e fatta una breve perlustrazione all’interno mi diressi nella mia camera ansiosa di cominciare questa nuova esperienza.

Il mattino seguente mi incamminai con passo svelto (e con Google maps in funzione) verso la scuola di inglese. Il sole cocente faceva brillare le case e i marciapiedi bianchissimi e stranamente molto levigati di St. Julians, e ciò mi fece presagire i numerosi scivoloni che avrei preso per tutta la vacanza-studio. La EC School di St Julians si presentava con due edifici, uno di fronte all’altro, imponenti e apparentemente identici. In realtà ogni edificio aveva una funzione precisa e aveva tantissime classi per contenere i quasi 3000 studenti. Essendo il primo giorno mi toccò il test di valutazione che stabilì la mia classe: pre-advanced. Dopo il test, mentre stavano formando i primi gruppetti, conobbi Gift, una ragazza asiatica molto alta e dall’aria stralunata. Questa nuova conoscenza rappresentò davvero un “regalo” per me, perché fu proprio Gift che ruppe il ghiaccio fatto di imbarazzo e di insicurezza iniziale. Successivamente feci amicizia con la mia unica coinquilina che, nonostante fosse più grande di età, sembrava una ragazzina, venuta dal Brasile in Europa per svagarsi dopo un anno di scuola. Fu grazie a lei che conobbi un gruppo di ragazzi brasiliani della sua classe di corso, socievoli e molto festosi che ben presto divennero i miei compagni di viaggio.

Le mie avventure nell’isola di Malta iniziarono fin dal primo giorno, quando cercai di far sostituire la batteria bruciata del mio smartphone. Mi rivolsi con il mio inglese ancora timido e incerto a due negozi di riparazione maltesi nella via commerciale di St Julian’s a pochi km da La Valletta. Entrambi, dopo il mio tentativo di contrattazione per far riparare il cellulare nel più breve tempo possibile, suggerirono un negozio di elettronica di ragazzi italiani affianco, lasciandomi con un interrogativo insoluto ancora adesso: gli italiani erano più bravi di loro o soltanto più veloci? Le mie peregrinazioni solitarie per l’isola continuarono per tutto il soggiorno, incurante del caldo torrido dell’estate maltese e di autobus super affollati che non sapevo mai quando sarebbero arrivati a destinazione. Tra una lezione e l’altra, spinta dalla mia insaziabile curiosità e supportata dalla mia fidata guida, mi avventuravo a scoprire le meraviglie di Malta e de La Valletta, dilettandomi a spiegare agli amici brasiliani , gli aneddoti e le curiosità ad essa legati, un po’ come Alberto Angela nei viaggi di Ulisse. L’imbarazzo nel cominciare una conoscenza nuova, l’insicurezza nel parlare in una lingua di cui non ero padrona era ormai superato e, inconsciamente, le barriere linguistiche e i limiti che albergavano la mia mente erano stati abbattuti. Questa rinnovata fiducia mi portò a fare amicizia anche tra i compagni della mia classe, molto eterogenea per età -tra i 17 e i 29 anni- e provenienza: Spagna, Italia, Repubblica Ceca, Germania, Belgio e Russia. I due insegnanti della mia classe diversi anche loro per età, origine, e anche per metodo di insegnamento, ci proponevano lezioni interessanti e ci sfidavano a interloquire tra di noi con giochi interattivi o con argomenti scottanti di attualità e di carattere giuridico. Il confronto che usciva da questi giochi e dalle conversazioni sulle varie tematiche generava dibattiti e prese di posizione completamente differenti ed era sempre molto stimolante e coinvolgente.

Al termine delle lezioni non c’era nessuna voglia di tornare a casa per riposarsi poiché la scuola era bene organizzata con un fitto piano settimanale di eventi e attività. Era tanta la voglia di vedere e di partecipare a quante più attività possibili proposte dalla scuola e dai compagni di classe, uniti ai miei giri in solitaria, che mi portarono a concentrare tutte queste attività nel poco tempo a disposizione, principalmente nei due weekend in cui non c’erano le lezioni. Dovetti fare i conti però con la mia disattenzione ed imbranataggine che mi contraddistinguono da sempre e che generarono imprevisti a tratti tragicomici.
Un giorno, per esempio, dimenticai le chiavi a casa e dovetti farmi dare una copia dall’ufficio della scuola. La sera del festival della birra, invece, io e la mia coinquilina sicure del ritardo collettivo, ci ritrovammo a rincorrere il pullman per non farlo partire. Un’altra sera, nonostante le ripetute raccomandazioni di prenotare tempestivamente le attività per non rischiare di non trovare posto, dimenticai di prendere il biglietto per il “pizza and wine” del giovedì e fui salvata in extremis da una ragazza della scuola che anticipò i soldi del biglietto. Una mattina poi, decisa a visitare La Valletta l’ennesima volta per scattare qualche foto suggestiva e visitare qualche altra chiesa o museo, mi accorsi di essere senza soldi perché dimenticai di prelevare, ma soprattutto dimenticai la carta di credito nella borsa della sera prima. Che sfiga, pensai! E che sfida cavarmela da sola, ma soprattutto che coraggio chiedere un passaggio a  due signore che mi accompagnarono alla prima fermata del pullman, dandomi anche i soldi per arrivare a destinazione.

La mia vacanza-studio – che di studio ebbe ben poco, lo ammetto – a Malta, con i suoi imprevisti, contrattempi e avventure, fu quanto di meglio potessi aspettarmi e arricchì il mio bagaglio di conoscenze in maniera unica. Il caos e la frenesia di quei giorni, a ripensarci ora, a distanza di quasi un anno mi fa sorridere e mi fa pensare che Malta è proprio così: un’isola caotica nel mar Mediterraneo che accoglie turisti e studenti da ogni parte del mondo, grazie alle numerose scuole di inglese disseminate nei dintorni de La Valletta. Sono grata a questa esperienza per avermi fatto conoscere l’incredibile storia di questa terra e del suo popolo e fare amicizia con ragazzi da ogni parte del mondo. Mi sono dovuta ricredere su molti stereotipi che credevo tipicamente italiani e che invece sono tipici anche di nazioni distanti migliaia di km dall’Italia. Ad esempio andare la domenica a mangiare dai propri nonni e parenti, o abitare con i propri genitori anche in età adulta sono tradizioni anche brasiliane. Non immaginavo nemmeno che i cantanti Turchi potessero essere così pop e che un ragazzo turco potesse addirittura apprezzare il sound di Liberato.

Quando ormai avevo imparato perfettamente tutte le strade e le fermate dell’autobus del quartiere e l’egiziano del bar sotto casa aveva smesso di chiedermi se fossi italiana, il soggiorno era volto al termine. La domenica pomeriggio era tempo di partire, ma questa fantastica esperienza non si poteva certo definire conclusa senza l’imprevisto finale; dimenticare il giubbotto, i libri e distruggere il mio jeans preferito. Un finale in bellezza per questa vacanza-studio che rimarrà per sempre nei miei ricordi e che queste avventure hanno reso ancora più speciale.