Le imminenti presidenziali USA e l’impreparazione della nazione

Ricordo ancora molto bene quando, durante la corsa elettorale alle presidenziali statunitensi 2016, una mia amica americana si sentiva rincuorata del fatto che Hillary Clinton fosse avanti nei sondaggi di 8 punti percentuali, e rimase sconvolta alla mia risposta <<guarda che, in realtà, questo significa che è in vantaggio Trump>>. 

Ci eravamo già passati in Italia durante l’era Berlusconi, ed è un problema metodologico nel campo delle rilevazioni d’opinione politica che da lì in poi si è presentato sovente nella nostra storia. In sostanza, vi sono schieramenti politici i cui elettorati sono per natura restii a palesarsi con quelli che percepiscono come “poteri” dell’establishment, tra cui, appunto, i sondaggisti. La conseguenza è che quello schieramento verrà sempre sottostimato nei sondaggi, a volte di molto.

Ricordo anche la sicurezza con cui la stessa amica affermava che sarebbe stato impossibile per gli americani votare in massa una figura talmente divisiva, demagogica e populista. Lì in effetti mi fu abbastanza semplice mostrare l’esempio del Movimento 5 Stelle, quello della sua prima “incarnazione”, che non a caso esultò a gran voce dopo la vittoria di Trump e, non a caso, fu un altro esempio eclatante di quell’effetto sui sondaggi che ho descritto pocanzi. Il M5S era rilevato come partito da 10-12% prima delle elezioni, quando poi invece risulta essere il primo partito italiano con oltre il 25% delle preferenze.

Insomma, mentre gli Stati Uniti restano la più grande potenza economica e militare a livello globale, non può non scappare un sorriso se penso a quanto invece l’Italia sia avanti anni luce quando si parla di politica e dinamiche elettorali. Non che “avanti” sia sinonimo di “meglio”, come d’altronde non lo sarebbe neanche parlassimo di innovazione tecnologica. Semplicemente, mi piace pensare che noi italiani ne abbiamo viste davvero tante sotto questo profilo, e abbiamo generato una saggezza popolare che ci rende più scafati nel navigare acque politiche turbolente. Gli americani, questi anticorpi, non li hanno. E il fatto che si parli della nazione più potente al Mondo, rende tutto ancora più spaventoso. 

Dal canto loro, le primarie stanno procedendo senza particolari colpi di scena. Trump ha vinto con ampio margine le prime tappe elettorali in Iowa e New Hampshire, ed ha costretto alla resa l’ex Governatore della Florida, Ron De Santis, che per lunghi tratti sembrava poter essere lo sfidante più accreditato. 

Rimane in corsa soltanto Nikki Haley, ex Governatrice del South Carolina, e lo fa per diversi motivi. Da un lato, banalmente, il non rendere le primarie del GOP una corsa in solitaria per il tycoon, e far circolare il suo nome in vista di possibili corse elettorali future. D’altronde, il suo messaggio politico ricorrente è <<volete davvero lasciare la corsa per la Casa Bianca a due ottantenni?>>.

Dall’altro, rimangono comunque vive le speranze di arrivare a fine corsa elettorale con un “ticket”, ovvero per il candidato perdente di diventare il vice di quello vincente. Sebbene sia una prassi consolidata, Trump ci ha abituato negli anni a diverse “prime volte”, fino addirittura a non riconoscere la sconfitta alle elezioni del 2020. Insomma, i chiari di luna su questo fronte non sono i migliori, e vanno di pari passo con la dialettica utilizzata da Trump nei suoi confronti, arrivando recentemente a sostenere che abbia il “cervello di una gallina”.

Un ultimo motivo per restare in corsa Nikki Haley lo ha anche per via dei vari procedimenti giudiziari in cui è coinvolto Trump. Se l’ineleggibilità costituzionale addotta da alcuni stati non sembra essere un ostacolo (la palla passerà alla Corte Suprema, a maggioranza repubblicana), colpi di scena potrebbero arrivare dagli altri procedimenti per frode fiscale. Chiamatelo, se volete, metodo Al Capone.

In tutto questo, Biden rimane saldo al suo posto. Sebbene indebolito da un quadro geopolitico da incubo, è convinto di poter ripetere il risultato del 2020. I sondaggi però lo dànno perdente sia contro Trump che contro Haley, sempre con ampio margine.

Come leggere questi dati? Esiste la possibilità, remota, che le parti si siano invertite. E che i trumpiani siano usciti allo scoperto rendendo “timidi” i sostenitori di Biden nei sondaggi. E poi c’è l’altra possibilità, molto più probabile, di una imminente ondata elettorale in favore di Trump, che peraltro legittimerebbe le sue ambizioni di uno spoil system così radicale che per molti esperti metterà a dura prova la tenuta dell’istituzione democratica stessa del Paese.

Insomma, venti di tempesta si stagliano all’orizzonte della potenza a guida dell’occidente, ma con essi anche una impreparazione abbastanza evidente. Che il Mondo prepari i popcorn!

Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni