Frelly, i desideri nascono da quanto crediamo e speriamo

Intervista a Frelly, autore della campagna Nutella con Treccani

Nella campagna limited edition, sviluppata in collaborazione con Treccani, Nutella ha celebrato quest’anno le lettere dell’alfabeto italiano. Nella riscoperta di una valenza comunicativa responsabile, l’illustratore della campagna di origini catanzaresi, Enrico Focarelli Barone, racconta la condivisione di una passione divenuta oggi lavoro.

Perché Frelly?

«Il nome venne scelto dai miei amici di infanzia. Focarelli era davvero troppo lungo, così decisero di abbreviarlo, avrò avuto dodici, tredici anni. Crescendo, ho poi deciso di adottarlo anche nel lavoro. Mi piaceva l’idea di avere uno pseudonimo così ho pensato fosse la firma perfetta da confermare. È un nome che ho sentito sempre mio e che è finito per identificarmi anche come artista»

Sono amicizie che hanno saputo conservarsi nel tempo?

«Alcune sì, nonostante la vita, per scelte personali e di lavoro, ci abbia allontanati. Siamo sparsi per il mondo tra l’Italia e l’estero. Ciononostante siamo riusciti a custodire questo rapporto che ci unisce dall’adolescenza. Sono quei legami autentici che restano tali senza il bisogno di sentirsi con troppa frequenza. Li porti con te perché fanno parte di te da sempre. Purtroppo uno di loro è mancato prematuramente. A lui, a Marco, ho dedicato questo mio successo».

Cosa raccontano i tuoi lavori?

«Metto molto cuore nei lavori che faccio. Inevitabilmente una parte di me resta proprio lì, quindi sicuramente molta positività, colore ma anche un pizzico di nostalgia. Sono una persona per certi aspetti nostalgica, nel senso positivo del termine. Per riflesso, provo a riprodurre il mondo per come appare ai miei occhi: una realtà quindi colorata, immaginifica… C’è molta fantasia in quello che disegno. In ogni lavoro cerco sempre di mettere un elemento visionario che possa guidare l’osservatore in una dimensione inventata, chimerica»

Come si è presentata l’occasione di realizzare questa campagna?

«Un po’ di anni fa avevo realizzato un’illustrazione per la rivista “The Milaneser”, un progetto che poi è stato ripreso e riadattato da altre città. Mi contattarono dall’agenzia intorno ai primi di marzo, dopo aver visto proprio quell’illustrazione. Dalla rosa degli illustratori papabili è seguita questa proposta di collaborazione che ho colto con molto entusiasmo: da ragazzino consumavo quantità industriali di Nutella. Vedere le mie illustrazioni su quel barattolo ha fatto un certo effetto»

Fra tutte, hai un’illustrazione preferita?

«È un po’ difficile rispondere, ci provo. Guarda, se dovessi sceglierne una ti direi “Talento”. Mi piace molto anche per i colori utilizzati però anche “Creatività”, la ritengo molto, molto bella. Un po’ tutte, ma se proprio dovessi sceglierei queste».

Anche una parola?

«Sicuramente sceglierei “Creatività” anche per la professione che svolgo. È molto complessa e profonda tra l’altro: significa mostrare la propria unicità, il proprio carattere e stile, la propria dimensione all’interno di una moltitudine assai variegata, il che non significa differenziarsi in un’accezione di preminenza ma saper coabitare nel rispetto delle singolarità. Trovare la propria cifra stilistica non è sempre facile ed immediato, in alcuni casi richiede un tempo di maturazione più lungo. Per me è avvenuto gradualmente.  Il mio stile è cambiato con me, in concomitanza alla mia crescita personale. Poi, il processo creativo, secondo una mia visione personale, richiede inevitabilmente un lavoro introspettivo significativo e necessario per lo sviluppo anche del lavoro. Il bello risiede nel saper cogliere la dinamicità dei cambiamenti soprattutto nei lavori che vengono realizzati nel tempo».

Quanto conta il talento e quanto la fortuna?

«Credo debbano esserci entrambi e penso che molto spesso la vita sia, in parte, anche fortuna. La fortuna va aiutata perseverando in ciò in cui si crede quindi rischiando. Tutto parte da ciò che speriamo e crediamo».

Qual è stato il tuo percorso formativo?

«Ho vissuto a Catanzaro fino alla fine del liceo classico. Una volta finito, ho deciso di lanciarmi in questo mondo andando allo IED che aveva sede a Milano dove feci circa un anno e mezzo. Poi, da Milano, mi trasferii a Roma per completare il percorso di studi e qui sono rimasto. È una città che mi ha catturato sin da subito. Ho continuato con altri progetti, in particolare un corso incentrato più sull’art direction nell’ambito pubblicitario. È un ambito che mi aveva incuriosito. Poi, pian piano, ho cominciato a farmi strada realizzando piccole commissioni per privati, persone che richiedevano illustrazioni personalizzate; è stata un’esperienza necessaria. Così, a piccoli passi ho cominciato a collaborare con varie persone finendo per interfacciarmi con testate giornalistiche come “Il Corriere della Sera”, “Il Foglio”, “la Repubblica”. Via via è stato poi un crescendo dovuto all’attività di ricerca che comunque portavo avanti ricercando i directors, inviando curricula, inviando portfolio ecc»

Cosa consiglieresti a chi vorrebbe intraprendere lo stesso percorso artistico?

«Da ragazzino, al liceo, scarabocchiavo sul banco quando l’argomento di alcune lezioni non mi appassionava abbastanza. Ho creduto molto nel desiderio che portavo dentro ma, ad oggi, ringrazio anche la mia famiglia per l’aver creduto in me dandomi la possibilità di sperimentare nella ricerca della strada da battere. Quindi, ai ragazzi che custodiscono già un sogno, consiglierei di perseverare senza indugio nonostante alcune preoccupazioni sulle scelte da adottare possano non offrire certezze e solidità; bisogna rischiare per la propria felicità. Credo che alla fine non ci sia cosa più bella di una passione che prende concretezza. È indescrivibile poi il poter comunicare in maniera così indefinita come solo l’arte permette di fare: noi creativi abbiamo la possibilità di utilizzare un linguaggio universale dalla valenza comunicativa impattante. Avere la possibilità di raggiungere una moltitudine, indipendentemente dalla lingua parlata, è anche una grande responsabilità. Bisogna usare molta attenzione e parsimonia».


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni