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Cabine telefoniche, è tempo d’addio

Settant’anni di onorato servizio, da tempo senza lavoro per via del progresso e dello sviluppo dell’era digitale. Oggi utili per nessuno, ieri essenziali per qualcuno. Ma è sempre stato un piacere incontrarle per strada, toccarle, ricordando i vecchi tempi, mostrare loro lo smartphone di ultima generazione e ricordargli che si son fatte vecchie.

Sono loro, le care, pensionate e familiari cabine telefoniche, icone indissolubili del nostro paese sin dagli anni ‘50. Abbandonate da tempo, ma ancora oggi romantiche nonostante se le stia portando via il vento.

La TIM ha stabilito di smantellare le oltre sedicimila cabine disseminate per la penisola e, con loro, cancellare un pezzetto dell’immaginario collettivo anche della nostra generazione, quella dei Millennials o, semplicemente, generazione Y. La compagnia, sul via libera di AGCOM, ha ritenuto – come riportato dalla nota pubblicata – “non più necessario continuare a garantire la disponibilità e l’accessibilità economica del servizio di telefonia pubblica stradale”.

Inoltre, delle 16.073 cabine rimaste, ne verranno risparmiate giusto una manciata, ovvero quelle vicine agli ospedali, alle caserme e alle carceri. Il Garante ha recentemente verificato che delle 16.073 cabine ancora presenti sul territorio italiano, solo 59 sono in zone non coperte dalle reti degli operatori mobili. Inoltre il loro impiego è andato via via calando nel corso degli anni: nel 2019 si sono registrate in media 277 telefonate per ciascuna cabina, valore che nel 2021 è calato del 57% fino a 118.

E pensare che la prima cabina telefonica italiana è stata installata in Piazza San Babila a Milano il 10 febbraio 1952. Sussisteva la necessità di connettere una popolazione che, soprattutto per motivi economici, non era ancora abbonata al servizio telefonico in casa (appena 2,42 abbonati ogni 100 abitanti). Si usavano i telefoni presso bar e servizi, ma la cabina può essere considerata il primo vero caso di apparecchio telefonico “esterno” alla propria abitazione. Il periodo d’oro delle cabine telefoniche è poi scemato con l’arrivo dei cellulari, con i primi smantellamenti a partire dagli anni 2000.

Ricordo ancora la cabina telefonica situata sotto casa dei miei nonni, un parco giochi dove fingere di essere un adulto giocando a telefonare ad un amico, ad un parente, sentendoti grande, autonomo. Ho tante foto a testimoniare la felicità del mio approccio da moccioso con quegli affascinanti apparecchi oggi finiti nel dimenticatoio, perduti tra la natura, i paesaggi, come se non fossero mai esistiti, non fossero mai stati importanti. Passare e premere qualche pulsante su quella tastiera sbiadita, alzare la cornetta con la speranza di sentire una voce, un destinatario sconosciuto.

Da adolescente, grazie ad una semplice scheda, la cabina ti permetteva telefonate altamente proibite da casa, come ad esempio le chiamate romantiche alla ragazzetta di turno. Ma era anche un rifugio per la pioggia, una nicchia silenziosa e protettiva, che ti isolava dal mondo. C’eri solo tu e la vocina al di là del cavo. Non serviva nient’altro, si era felici con poco. Non esistevano rapporti virtuali, ma solo emoji reali, vis-à-vis.

Anche le schede per telefonare avevano il loro fascino, divenute col tempo merce di scambio in stile figurine Panini. Da Ambra Angiolini a Michael Schumacher che svela la nuova Ferrari; da Roberto Baggio a Francesco Totti. Non erano solo schede telefoniche, erano poster in miniatura. Prima ancora delle schede, ricordo i miei utilizzare i gettoni (che valevano 200 lire), con il loro rumore implacabile in fase di discesa. Ricordi, frammenti di un’infanzia semplice, tra sogni, promesse e segreti di troppo sussurrati alla cornetta e attutiti dalle pareti.

Alcune di loro hanno addirittura avuto una seconda vita: alcuni cittadini, in vari quartieri, le hanno riqualificate, sistemandole e riadattandole a moderne esigenze. Così le cabine telefoniche “più fortunate” sono diventate “bibliocabine”, ossia piccole biblioteche di strada dove gli abitanti del quartiere possono prendere un libro e lasciarne un altro per chi verrà. Un’iniziativa accolta favorevolmente anche dai giovani.

Le cabine telefoniche vanno ad aggiungersi alla miriade di oggetti che, nel corso degli anni, abbiam perduto o sono finiti nel dimenticatoio. Dai Floppy Disc – rimpiazzate dalle chiavette usb – fino ad arrivare ai cd musicali, sostituiti dagli mp3 prima e dalla musica streaming dopo. Passaggi evolutivi che, oggi, ricordiamo con il sorriso, ricercando nella modernità un quarto di quelle splendide sensazioni.

Ciao cara vecchia cabina telefonica, ci vediamo nei miei ricordi. E salutami le mai dimenticate audiocassette.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni