Agli Stati Generali della Natalità l’analisi di un Paese a rischio futuro

A colloquio con Gigi De Palo, Presidente della Fondazione per la Natalità: sfide e scenari

Si è conclusa nella Capitale, la terza edizione degli “Stati Generali della Natalità, crocevia per quanti, operatori  del mondo della politica, dell’economia, dell’impresa, della società civile, hanno preso parte ad un confronto sinergico orientato al raggiungimento di un obiettivo condiviso, “SOS-Tenere#quota500mila”,  deciso nel  donare speranza ad un’Italia a rischio futuro. A sipario chiuso, abbiamo interrogato Gigi De Palo, Presidente della Fondazione per la Natalità.

Sviluppare una “consapevolezza collettiva” su un tema così complesso come quello della natalità, è stata una delle sfide, clamorosamente raggiunte, dagli SGDN. Svariati degli interventi, hanno evidenziato come la tendenza volta a rinviare scelte di genitorialità, per quanto volute, siano inevitabilmente condizionate da uno stato di precarietà economica diffusa. L’adozione di un “linguaggio narrativo” nuovo, capace di ravvivare desideri di famiglia per attrazione, resta inevitabilmente legata alla promozione di politichelavorativedi supporto ad un modello familiare contemporaneo certamente diverso da quello tradizionale. Ad oggi, ritiene siano mature le premesse per  una ridefinizione paritaria dei ruoli genitoriali che sappia tutelare concretamente la condizione di madre e donna senza necessariamente relegare ad un secondo piano quella altrettanto importante di padre nel vissuto educativo di un figlio?

Credo che sul tema ci sia ancora molto da fare. Spesso, anche interagendo con associazioni femministe, emerge la difficoltà nell’accettare che sia un uomo a farsi portavoce di tematiche più familiari, poiché si pensano riguardanti esclusivamente il vissuto femminile. Le donne, nell’ambito familiare, svolgono un ruolo determinante, ma con questo atteggiamento, paradossalmente, si deresponsabilizzano i papà. Molto sta già cambiando, ma è ugualmente necessario affermare la partecipazione dei padri come parte integrante del tema educativo. Perché entrambi i genitori possano concorrere, in uguale misura, al tema della cura familiare è necessario partire da premesse che riconoscano pari dignità di ruolo. In caso contrario, sarebbe pretestuoso lamentare un interesse partecipato e attivo. È necessario superare, quindi, la figura stereotipata che conosciamo per promuovere codici educativi diversi ma complementari che sappiano accompagnare, insieme, i propri figli nelle varie fasi della loro crescita.

In un’Italia oggi più che mai contraddistinta dal progressivo aumento della popolazione ultracentenaria, sostenere la natalità significa quindi ridurre gli squilibri tra generazioni. Da questa premessa ha preso corpo il primo dei quattro punti strategici messi in campo nello sviluppo dei lavori. “SOS-Tenere#quota500mila” non è semplicemente uno slogan ma un obiettivo di sostenibilità intergenerazionale. Uno degli aspetti maggiormente impattanti sul declino demograficorisiede nell’ utilizzo differenziato delle risorse disponibili. Quali misurea sostegno dell’unità familiare?

#Quota500mila nuovi nati entro il 2033 è un obiettivo che dobbiamo darci tutti perché altrimenti crolla il Sistema-Paese. Quindi è un traguardo che deve unirci, farci fare squadra tra maggioranza e opposizione, tra politica e banche, tra imprese e mondo mediatico, tra associazioni, sindacati ecc. Quello che emerge è che, per realizzarlo, serve una politica impattante. L’assegno unico ha aiutato tantissimo le famiglie perché è stata una misura anche di contrasto alla povertà (ricordiamo che la nascita di un figlio è la seconda causa di povertà dopo la perdita di lavoro di uno dei componenti familiari) ma è risultata insufficiente nella lotta alla denatalità. Cosa serve da questo punto di vista? Tre cose: un assegno unico sostanzioso, reale, forte come quello tedesco. Due, una riforma fiscale che tenga conto della composizione familiare, non solo del reddito ma anche del numero dei figli. Tre, utilizzare i fondi del Pnrr per rilanciare la natalità. Utilizzare questi fondi per la digitalizzazione senza preoccuparci di far nascere i nativi digitali del futuro è un grande problema.

L’aumento dell’età media dei genitori è una tendenza da approfondire anche attraverso l’informazione. Si è discusso in tal senso, come soluzione anticipata di conoscenza per le generazioni future, delle “politiche di educazione sanitaria” in epoca scolastica. In antagonismo a tendenze sociali relativiste, sviluppare un’attenzione alla cura e all’accudimento è la premessa indispensabile per una società educante nel rispetto della persona in quanto tale. La presenza dei bambini e delle scuole all’evento ha rimarcato l’urgente bisogno di “predisporre un terreno fertile per far fiorire una nuova primavera” come ha asserito il Santo Padre. Quali le attenzioni formulate in materia di welfare?

Agli Stati Generali della Natalità si è discusso anche sull’aspetto sanitario,  in particolare sugli studi relativi alla fertilità maschile. Il numero degli spermatozoi, dal 1940 ad oggi, prendendo in considerazione solo i paesi occidentali,è notevolmente diminuito: da circa 113 milioni per ml siamo giunti a 47 milioni per ml: più che dimezzato! E, se si prende in considerazione tutto il mondo, i dati sono ancora più sconfortanti. Questi numeri devono farci comprendere come un tema così grande necessiti di tante piccole soluzioni attive su più fronti. È necessario realizzare l’essenziale. Le fondamenta determinanti per il buon funzionamento di un Paese risiedono in una fiscalità a dimensione familiare che faciliti, senza discriminazioni di categoria, la realizzazione di queste aspirazioni. Su queste fondamenta si costruirà il resto: quindi asili nido, servizi alle famiglie, congedi parentali ecc. È importante ribadirne l’urgenza di intervento per scongiurare analisi ancora più critiche rispetto a quelle che abbiamo vagliato in questa terza edizione. Bisogna offrire garanzie concrete. La fiscalità ti fa capire se un Paese ha a cuore le famiglie: un figlio non è un bene individuale ma un bene comune.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni