I giovani devono viaggiare – Epilogo: quando sono gli altri ad andarsene

“Libero? Guardi che per un architetto la libertà non è un grande regalo. Io ringrazio il cielo quando mi danno indicazioni precise: sono come i quadretti sul grande foglio bianco che è il progetto.”
                                                                                                            Renzo Piano

Ho sempre pensato di essere una persona dinamica e ambiziosa, ma perennemente insoddisfatta e alla ricerca di qualcosa da fare e da dire.
E forse, come Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany, sono destinata a vivere “in una casa senza mobili e con un gatto senza nome”, senza possedere nulla o appartenere a nessuno, finché non avrò trovato un luogo che “mi vada a genio”.

Probabilmente in ognuno dei miei viaggi c’era la ricerca di quel posto in cui Holly Golightly si sentiva “come da Tiffany”, e che le persone solitamente chiamano casa. Eppure, non l’ho ancora trovato.
Poi, arriva il giorno in cui capisci che la ricerca estenuante di qualcosa che non c’è impegna tempo e risorse, mentre, invece, svegliarsi ogni mattina sapendo di dover accendere un PC, lavorare, pranzare in un’ora, spegnere il PC quando è già ora di cena e avere a disposizione soltanto 2 giorni alla settimana per fare tutto il resto che merita di essere fatto in una vita, è sicuramente una scelta più difficile, ma anche più fruttuosa.
Adesso quindi, non posso più comprare un biglietto aereo ogni qual volta il senso di incompletezza sovrasta le mie poche abitudini e mette in discussione la mia stabilità quotidiana.
Adesso, vedo tutti i miei più cari amici partire al posto mio, e fare le stesse esperienze che fino a qualche mese fa avevano riempito le mie giornate: chi parte per l’Erasmus, chi per un’esperienza di stage oltreoceano, chi per tornare a vivere nel proprio paese d’origine dopo tanti anni, ché anche quello è un viaggio.
Per una volta sono io quella che sta a guardare: quella che, dopo i saluti in aeroporto, torna a casa, dal gatto senza nome, e si prepara per affrontare un altro giorno pressoché identico a quello appena trascorso.
E odio tutto questo; vorrei ricominciare anche io tutto da capo. Avere di nuovo un’occasione per cambiare aria e cambiare me stessa.
In effetti però, se ci penso, non è mai cambiato niente davvero.
In fondo le strade, e le persone, sono nuove soltanto la prima volta: dopodiché saranno soltanto strade e persone che comporranno i giorni della tua vita, uno dopo l’altro.
Forse se in tutti questi anni, anziché scappare, avessi costruito dei giorni più intensi con quello che avevo a disposizione, con le strade e le persone di sempre, adesso potrei sentirmi a casa.
Allora ho capito che non è poi così coraggioso partire, se le premesse sono queste. Se il viaggio è una fuga dalla propria quotidianità, prima o poi riaffiorerà il senso di vuoto.
Forse restare, qualche volta, può essere la sfida più grande.
Perché ho capito che ci vuole molta più forza, pazienza, ostinazione, ambizione, fantasia, positività, per trovare stimoli nuovi nella vita quotidiana, ed emozioni nuove nelle cose e nelle persone che conosciamo tutti i giorni al bar, al supermercato, a lavoro.

Tanto anche Holly, alla fine, trova la sua felicità dove non aveva previsto.

“Vuoi sapere qual è la verità sul tuo conto? Sei una fifona, non hai un briciolo di coraggio, neanche quello semplice e istintivo di riconoscere […] che si deve appartenere a qualcuno, perché questa è la sola maniera di poter essere felici. Tu ti consideri uno spirito libero, un essere selvaggio e temi che qualcuno voglia rinchiuderti in una gabbia. E sai che ti dico? Che la gabbia te la sei già costruita con le tue mani ed è una gabbia dalla quale non uscirai, in qualunque parte del mondo tu cerchi di fuggire, perché non importa dove tu corra, finirai sempre per imbatterti in te stessa.”