Nell’ultimo periodo la piattaforma social di Tik Tok è sulla bocca di tutti; e, come potete vedere, anche sulla mia. Ogni giorno si sente parlare di suicidi, tentativi estremi nel dimostrare la propria forza, la propria resistenza. Ed il tutto è associato, in maniera generale, ad una fascia d’età che va dai dieci ai quindici anni. Ma ci sono casi in cui le vittime di questo fenomeno vanno a toccare fasce d’età ancor più giovani, portando chi di dovere ad intervenire.
L’argomento di discussione di quest’ultimo periodo è la possibile chiusura del social network, la sua rimozione da ogni dispositivo e dalle vite di coloro che ne fanno uso. Ma siamo sicuri che il problema sia Tik Tok? Siamo certi che, eliminandolo, avremmo risolto il problema?
Tik Tok è soltanto uno strumento momentaneo dove sfogare la propria noia – nel caso degli adulti – e la propria innocenza e poca consapevolezza – nel caso dei più piccoli. Morto un Papa se ne fa un altro. E la stessa cosa vale per Tik Tok; qualche altra piattaforma prenderà il suo posto e il problema si ripresenterà, probabilmente con margini negativi più ampi.
Nel caso dei più piccoli il vero problema è la mancanza d’attenzione di quei genitori che, con incoscienza, non riescono a percepire la gravità di una concessione. Concedere al proprio figlio di dieci anni l’ingresso su Facebook, Instagram e, in questo caso, Tik Tok equivale ad abbattere il muro della privacy offrendo al bambino il mondo dell’online.
Internet è uno strumento che ha cambiato il nostro pianeta, lo ha rivoluzionato e reso migliore. Ma, come tutto a questo mondo, possiede delle controindicazioni che, se non gestite con attenzione, possono risultare fatali. Un bambino di dieci anni non riesce a capire che chattare con uno sconosciuto potrebbe risultare pericoloso. Un bambino di dieci anni non riesce ad individuare un clima sinistro dietro un gioco rischioso che gioco non è. Così come non riconosce la malizia, ignorandone l’esistenza; è sempre stato così, anche oggi che i bambini dimostrano un’intelligenza superiore a quella dei bambini di trent’anni fa.
Io non sono un genitore – e sicuramente molti di loro penseranno che non potrò capire certe dinamiche. Ma so cosa significa voler bene a qualcuno; e immagino cosa si provi a volerne ad un figlio. Molti concedono tanto ai loro piccoli per cercare di non farli sentire diversi dai loro coetanei. Ed è proprio qui che sta l’errore, un errore dettato dalla buona fede; ovvero il dare, il concedere necessariamente per inserire il proprio figlio in società.
In questo caso le soluzioni sono due: o non lo si fa, cercando di spiegare al piccolo i motivi, o lo si fa, sforzandosi di avere un controllo maniacale ed assiduo sul bambino e sui suoi movimenti online. Purtroppo sappiamo bene che col tempo, tra impegni di lavoro ed altro, il controllo andrà a scemare. I bambini si ritroveranno abbandonati a se stessi e liberi di scaricare dal Play Store qualsivoglia social.
Un genitore deve far capire al proprio marmocchio che c’è un’età per ogni cosa; c’è un’età per la patente ed una anche per avere in mano un cellulare e fingere di essere un adulto. Bisogna spiegare ai bambini che la fiducia non si regala, si conquista. Quando quel bambino dimostrerà di avere una testa propria e di saper decidere senza farsi influenzare dal proprio amichetto, allora in quel caso si è pronti. Fino ad allora mettere i social in mano ad una creatura sarà rischioso.
Perché è inutile prendersela con Tik Tok e con gli altri social network; è troppo semplice scaricare l’intera colpa su queste dannate piattaforme. I bambini non avranno Tik Tok se non disporranno di una connessione; di conseguenza i bambini non avranno una connessione se non disporranno di uno smartphone. Azione, conseguenza.
E’ chiaro che se regali uno smartphone a tuo figlio quest’ultimo ti chiederà una connessione: cos’altro dovrà farci? Com’è chiaro che un bambino, nel vedere il proprio genitore ridicolizzarsi di fronte a Tik Tok, cercherà d’imitarlo. Bisogna avere buon senso e, soprattutto, dare il giusto esempio.
I figli, tante volte, sono lo specchio dei genitori e, molti, ne pagano le loro colpe. Bisogna fare attenzione, seguire i piccoli con costanza, anche al costo di risultare pesanti e troppo apprensivi. Perché un gioco ti fa divertire, non ti toglie la vita.
Siciliano legato alle tradizioni. Diplomato in tecnica della gestione aziendale, tifoso del Milan, giornalista freelance e produttore di musica elettronica. Odia l'ipocrisia e disconosce il politically correct. Ama scrivere e raccontare la verità senza peli sulla lingua.