C’era una volta un pianeta del Sistema solare

Oppure la storia di quando Plutone non era un pianeta nano.

“Come tutte le più grandi scoperte della Terra, fummo scoperti per caso, così ci arrivò dalle frequenze che captammo. Gli umani sono un po’ strani, spesso sono convinti di avere la verità in tasca e poi basta un attimo di distrazione e Pam!, sbagliano tutto, o meglio si trovano su un’altra strada o su un altro continente. Se penso ancora a quel Cristoforo Colombo che scoprì le Americhe!”

Il prof abbozzò una risata, ma subito si fece serio e continuò la spiegazioe:
”…allora tutto partì da un ragazzo curioso di nome Clyde Tombaugh, che io e i miei colleghi stavamo osservando da un po’, perché ritenevamo che avesse una curiosità e un’ambizione fuori dal normale.

Era inoltre molto appassionato di astronomia, tanto che a 20 anni costruiva da solo i telescopi e non passò molto tempo che lo chiamò Sliper, il direttore dell’osservatorio con lo scopo di ricercare un pianeta X. La Terra è un pianeta molto grande rispetto a noi e la guardavamo estasiati: i suoi grattacieli, i suoi strani veicoli a motore, e quel lungo muro che si vedeva nitidamente nei nostri sofisticati telescopi spaziali. Un bel giorno, dopo mesi di ricerche, mettendo a confronto tutte le fotografie che ogni giorno scattava con il suo telescopio e che scansionava meticolosamente per monitorare qualche movimento sospetto, Clyde Tombaugh ci trovò. Era il 13 marzo 1930 per il pianeta Terra, ma per noi corrisponde a 4 ere fa.

Ci stavano cercando dal 1905, che per noi corrisponde a 400 mila anni fa e ci chiamarono Plutone, come il Dio romano degli Inferi, perché dissero che avevamo il potere di renderci invisibili. Ed in effetti era così, non apparivamo sempre nei loro telescopi per paura dei terrestri, e spesso ci palesavamo come un minuscolo puntino invisibile per loro ad occhio nudo.

Il nostro satellite invece fu chiamato Caronte, come il Dio che traghettava le anime in quello che loro chiamavano inferno. Da allora la nostra fama crebbe e finalmente ottenemmo il risultato che tanto speravamo: entrare a pieno titolo nel Sistema Solare dove vi erano tutti i più grandi pianeti.

A scuola i terrestri piccoli ci conoscevano a memoria, eravamo il nono pianeta e ci elencavano dopo Urano e Nettuno. Queste notizie erano motivo di gioia e proprio quando avevamo quasi ultimato la nostra astronave “Interceptor” per farci conoscere con le nostre vere sembianze, captammo una brutta notizia. Diversi scienziati infatti suggerirono che non potevamo far parte del Sistema Solare perché il nostro pianeta era in realtà piccolissimo; il nostro raggio equatoriale misura meno della metà di Mercurio ed è anche più piccolo di quello della Luna che misura 1738 km.

Per loro, non avevamo la luminosità di un pianeta, ma quello era dovuto a un guasto momentaneo, perché stavamo impiegando tutte le nostre energie nella costruzione dell’astronave. Sostenevano, inoltre, che potevamo assomigliare più ad un satellite perché il nostro pianeta ha una differente composizione rispetto agli altri pianeti gassosi.

Infine, diversi astrologi notarono che ci muovevamo in un orbita strana rispetto agli altri pianeti, e che durante la rotazione verso Sole ci avvicinavamo ad una zona ricca di asteroidi, tra cui uno chiamato Eris.

Proprio per la rotazione simile ad Eris e le dimensioni simili ci declassarono a “pianeta nano”. Tutti noi abitanti ci rimanemmo molto male, e decidemmo all’unanimità di non presentarci più ai terrestri. Ci dispiacque molto anche per il nostro scopritore, che nel frattempo era morto da qualche anno.

Proprio a lui è dedicata la nostra bellissima università dove ogni giorno teniamo lezione sulla Terra e apprendiamo qualcosa in più su questo incredibile pianeta.”