Quando i social network aggregano e valorizzano il sud – la storia di “Un Terrone a Milano”

Dopo aver visto il documentario The Social Dilemma su Netflix mi sono domandata se la tecnologia e i social ci stiano assorbendo totalmente, finendo per isolarci gli uni dagli altri, ma dopo aver spulciato il profilo Instagram di Stefano Maiolica alias “Un terrone a Milano” (TAM), questa ipotesi è stata ampiamente smentita. Stefano, infatti, col suo profilo che conta la bellezza di 35,6 mila followers – o “amatori”, come li definisce la cara nonna Teresa – e con la sua attivissima community di “terroni fuori sede” presente su tutte le piattaforme social, allaccia contatti, crea eventi e dà consigli importanti, anche essenziali, come quello di trovare una casa a Milano. Tutto ciò lo fa sfatando la falsa credenza che non si possa trovare un po’ di sud – inteso come calorosità e genuinità – anche nella “fredda” Milano. L’ho intervistato per conoscere i retroscena delle sue tante iniziative e delle sue multipotenzialità.

Ciao Stefano, raccontaci quando e come è iniziato tutto

Un terrone a Milano nasce nel 2018. Ero a Milano da due anni, emigrato da Salerno per continuare gli studi di specialistica in psicologia sociale. Mentre stavo ultimando la tesi che riguardava uno studio psicosociale sulla fuga dal sud verso Milano mi sono trovato a guardare i numeri pazzeschi di persone che ogni anno lasciano il sud per trasferirsi a Milano e da lì mi è venuta l’idea di dare a queste persone la possibilità di connettersi in una sorta di “community”. Allo stesso tempo avevo voglia di raccontarmi e di dimostrare le mie capacità comunicative e di scrittura. Quindi mi sono lanciato e ho aperto la mia pagina Instagram. Da subito “Un terrone a Milano” ha iniziato a funzionare molto bene: ho iniziato a dare consigli su dove andare a mangiare, dove trovare una buona pizza napoletana o il cannolo siciliano, e tanti altri consigli che potevano essere utili alle persone per sentirsi a casa anche a Milano.

Molte persone, me compresa, ti conoscono come “il ragazzo del pullman”: mi riferisco alla tua iniziativa che ha permesso di accompagnare gratuitamente in autobus 87 ragazzi fuori sede. Ciò ha messo in luce il grande disagio e la difficoltà economica che bisogna affrontare per ritornare nella propria città di origine durante il periodo natalizio. Ti aspettavi un tale successo e attenzione mediatica a riguardo?

In realtà l’iniziativa non avrebbe potuto funzionare se non fosse diventato un successo mediatico. È partito tutto da un post che ho pubblicato a novembre dell’anno scorso in cui fingevo di mandare una lettera a Ryanair e Trenitalia, in cui esternavo tutta la disperazione mia e degli altri studenti fuori sede che ogni anno proviamo quando ci rendiamo conto di dover spendere tantissimi soldi per poter tornare dalle nostre famiglie. C’è una speculazione del 170% sul prezzo dei biglietti e ti rendi conto che stanno lucrando sulla tua nostalgia di casa. La mattina dopo sotto il mio post ho visto 40 mila like e condivisioni ovunque ma nonostante questa grande attenzione ero molto deluso. Mi dicevo: a che servono i like se il problema sussiste e io non ho fatto nulla per provare a fare la differenza? Così una notte (una delle tante in cui non dormo e mi si accende la lampadina), ho pensato di affittare un pullman e di portare le persone a casa, gratis. L’idea era quella di rendere questa iniziativa talmente virale da incentivare i brand ad investire e quindi ad acquistare i biglietti per i ragazzi e ed è poi ciò che è successo. Ho spinto tanto sulla comunicazione di questa cosa e ho avuto la fortuna di essere stato chiamato da una nota testata giornalistica. Il giorno dopo questa intervista – non posso mai dimenticarlo – è stato una chiamata continua da parte di radio, giornali e tv, ed ha permesso di realizzare tutto. È stato il momento più emozionante della mia vita perché quelle 87 persone che hanno viaggiato con me mi sono rimaste nel cuore soprattutto il loro affetto e quello delle famiglie che mi hanno ringraziato.

Ci sarà un seguito per Natale 2020?

In verità il seguito era previsto già per Pasqua; avevo già chiuso 5 pullman con un’importantissima azienda italiana di cui non posso rivelare il nome che aveva deciso di investire nel progetto. Ahimè, per ovvie ragioni è saltato tutto o meglio riinviato. Per Natale 2020 – covid permettendo – è ancora tutto da vedere.  

Quest’estate hai realizzato il “Rotolando verso sud”, un tour, sempre in autobus, nel sud Italia, alla scoperta di storie, posti mozzafiato e città spesso sottovalutate – come tu stesso hai definito la mia città, Cosenza. Quali ricordi ti sono rimasti impressi nella mente di questi frenetici 14 giorni?

Rotolando verso sud è stato il viaggio della vita. Ero partito per raccontare il sud e sono tornato che sono stato io il primo a scoprirlo. È difficile trovare dei momenti specifici, ma sicuramente Cosenza è una delle città che mi è rimasta più nel cuore. Siamo stati con i ragazzi dell’associazione Casco che ci ha fatto rivivere il centro storico, un borgo meraviglioso che ti lascia l’amaro in bocca. Ho percepito la sofferenza e tutta la voglia di lottare che hanno i giovani del posto e abbiamo vissuto l’essenza di questa città, che io personalmente, non avrei mai immaginato di visitare. Cosenza è una città che rispecchia un po’ tutto il sud ma in particolare la Calabria; molto gelosa di se stessa, non si promuove molto al turismo e io – se posso dirti la verità – non mi aspettavo fosse così bella. Altre cose che mi sono rimaste nel cuore sono sicuramente le storie. Non posso non citare la storia di Cerignola in Puglia, uno dei posti con il più alto tasso di criminalità e di pregiudicati. Siamo stati in un bene confiscato alla mafia trasformato in un campo da coltivare che ha dato lavoro a tantissimi ragazzi immigrati. Questi ragazzi quindi hanno un’alternativa alla criminalità che spesso è l’unico sbocco. Nonostante le minacce subite dal fondatore e dalla sua famiglia questo posto è in piedi da 15 anni e lui ce lo ha raccontato con orgoglio e le lacrime agli occhi.

Quali obiettivi vorresti raggiungere con questo progetto?

Rotolando verso sud sarà una docu-serie che spero si potrà vedere su Netflix nel 2021. Stiamo lavorando su questo e abbiamo presentato il montaggio della prima puntata. Sarà presto anche un libro che sto ancora scrivendo. Infine abbiamo deciso che Rotolando verso sud sarà anche un portale; una pagina di formazione e di racconto di tutto quello che è il sud che resiste e che lotta.

Come si evince dal tuo profilo Instagram, sei un ragazzo molto solare e positivo. Una positività sempre condivisa e che durante la quarantena è stata letteralmente donata attraverso un pacco chiamato “Il pacco della felicità”. Che felicità hai portato nelle case dei ragazzi che l’hanno prenotato?

Sicuramente il cibo, il veicolo principale di felicità per un fuorisede, ma non solo. C’erano anche cose utili per lo studio: astucci, quaderni, penne. E c’era anche una lettera che ho scritto io, in cui cercavo di dare un po’ di speranza visto il momento difficile. Anche in questo caso ho interpellato i brand e i ristoranti con i quali frequentemente collaboro. Gli ho detto: se volete farvi pubblicità, mandatemi i vostri prodotti, io li assemblo all’interno di un pacco e li spedisco. Ciò è stato possibile grazie ad una collaborazione con una compagnia di consegna di cibo, che ha portato il “pacco della felicità” a casa dei 200 ragazzi che sono riusciti ad accaparrarselo. Ho dato la priorità ai fuori sede che lavoravano in ambito sanitario e poi ai ragazzi che si erano prenotati prima attraverso un modulo di iscrizione che avevo lanciato nelle stories.

Nella community possono nascere grandi amicizie e talvolta amori grazie agli eventi che hai organizzato e che hanno avuto molto successo. Un esempio è lo ScampagnaTAM: una domenica per tutti i terroni e non solo, all’insegna del buon cibo con piatti tipici del sud nel cuore di Milano. C’è un evento in grande che sogni di realizzare nel futuro?

Si c’è un evento che ho puntato e a cui pensavo di lavorarci già quest’anno, ma purtroppo sappiamo bene quello che è successo. Attualmente sto lavorando ad un altro progetto. A Milano c’è la settimana di ogni cosa e io voglio portare a Milano la “Settimana del sud” con tanti locali tipici che possono fare i loro stand all’esterno e piccoli artigiani del sud Italia che possono fare l’esposizione dei loro prodotti. Immagino già la tarantella in giro davanti il duomo di Milano! Voglio creare un evento in grande che dia un’identità sempre più forte a quello che è il sud in questa città, perché questa città in effetti si regge sul sud.

Ci sono tantissimi ragazzi di Milano e del nord in generale che hanno partecipato ai tuoi eventi, ma c’è stato qualcuno che invece ha storto il naso o criticato le tue iniziative?

Devo dire di no e non mi è mai successo neanche in prima persona nella vita quotidiana. Sono sempre stato accolto molto positivamente e spesso ero l’anima della festa tra i miei colleghi quando lavoravo in Brianza. Molti milanesi mi scrivono e mi dicono che grazie alla mia pagina stanno riscoprendo l’amore per la propria città. Spesso, quando si vive tutta la vita nella propria città, si dà anche per scontata. Invece l’entusiasmo di un fuori sede che scopre il mondo, in una Milano in continua evoluzione, e che è affascinato da qualsiasi cosa – anche dalla metro! – permette anche alle persone di Milano di riacquisire l’amore e la curiosità verso la propria città. “Un Terrone a Milano” non è qualcosa di chiuso ai terroni a Milano, ma è il sogno di un terrone che vuole fondere l’amore per il sud e l’amore per questa città per creare l’unione tra questi due mondi, che poi non è altro che l’unione dell’Italia.

Una chiacchierata entusiasmante ma è arrivato il momento di salutarci. Non posso congedarti senza chiederti un aneddoto sulla differenza tra nord e sud che ti ha visto protagonista.

Una classica differenza che esiste tra nord e sud e i principali aneddoti che mi vedono protagonista riguardano sicuramente il ritardo. Io rispecchio il terrone che dice “sto scendendo… 5 minuti e arrivo…ci vediamo lì” e poi in realtà sto ancora sotto la doccia e mi presento sempre ed inesorabilmente in ritardo. Mi capita quindi di arrivare lì e di giustificarmi dicendo vabbè ma sono del sud, lo sapete!.


Articolo già pubblicato sul Quotidiano del Sud – l’Altravoce dell’Italia di lunedì 12/10/2020