In American Beauty, film cult degli anni ’90, c’è una scena che non ho mai apprezzato come il regista probabilmente avrebbe voluto. Ricky, un teenager introverso ma molto curioso, vuole fare colpo su Jane mostrandole uno dei suoi innumerevoli filmati di vita quotidiana che aveva immortalato.
Il video riguarda una busta di plastica che volteggia spinta dal vento e che filma a lungo perché ipnotizzato dai movimenti, in cui vede il significato della vita dietro ogni cosa. Il ragazzo addirittura si commuove rivedendo il video e, tra le lacrime, dice: “c’è tanta bellezza nel mondo che non riesco ad accettare”.
Ecco, io a queste parole non riesco ad emozionarmi come Ricky. Il mio sguardo si posa sulla busta di plastica e vede soltanto immondizia che si traduce inevitabilmente in inquinamento, perché la plastica è un materiale che non può essere completamente riciclato.
La plastica rimane lì, stabile e inerte ai nostri occhi quando viene gettata in mezzo la strada, oppure diventa invisibile se ci tuffiamo nel mare per fare un bagno. Soprattutto le microplastiche rappresentano il problema principale di inquinamento delle acque del mare e degli oceani e, anche se non le vediamo ad occhio nudo, ci sono e stanno cambiando il volto del pianeta.
Oggi, 8 giugno 2020- come ogni anno dal 1992- si celebra la giornata mondiale degli oceani. E quale modo migliore di celebrarla, se non ricordandoci che dobbiamo fare qualcosa per proteggerli?
Il tema di quest’anno è infatti “Together We Can Protect Our Home”, perché, come ci ha insegnato questo periodo di emergenza dal covid-19, insieme si può fare la differenza e, in questo caso, si possono salvare gli oceani. Si stima che da qui a trent’anni, nel mare sarà presente più plastica che pesci, ed è un dato quanto mai allarmante se si considera che nel mare ci sono 10 miliardi di tonnellate di pesci.
La produzione di plastica mondiale è aumentata di venti volte dal 1964, raggiungendo le 314 mila tonnellate nel 2014 e questi numeri sono destinati a duplicare nei prossimi vent’anni e a quadruplicare entro il 2050. Inoltre, i nostri mari sono ulteriormente colpiti dal riscaldamento globale che provoca lo scioglimento dei ghiacciai e da una pesca eccessiva. La Terra è anche chiamata Pianeta blu perché l’acqua ricopre il 70% della superficie terrestre ed è assurdo immaginare la Terra e la vita stessa senza la presenza dei mari e degli oceani.
Se non vogliamo finire per vivere su delle isole galleggianti di plastica, dobbiamo necessariamente essere consapevoli di questi problemi e fare ognuno la propria parte. Gli scienziati sono già a lavoro su questo e stanno mettendo a punto una scoperta che potrebbe fare la differenza per ripulire il mare dalle microplastiche.
Sembra, infatti, che vi siano droni e satelliti in grado di scandagliare le acque e riconoscere i frammenti di plastica più grandi di 5 mm, distinguendoli da altri elementi grazie allo spettro che le plastiche emettono. Accanto al lavoro dei ricercatori del team britannico del Plymouth Marine Laboratory, i governi stessi dovrebbero ridurre al minimo la produzione di plastica, poiché non basta tassare le buste per scoraggiarne l’utilizzo.
Un ruolo protagonista lo ha anche il consumatore, però, che non può rimanere ad ammirare, come Ricky, le buste di plastica che fluttuano trasportate delle onde del mare, ma deve anche attivarsi per ridurre l’acquisto di plastica e preferire materiali alternativi che possono sostituirla. Sono state introdotte le borracce in molte università per sostituire le bottigliette di plastica che ci portiamo in giro, ma anche l’utilizzo di stoviglie di carta o altri materiali biodegradabili, sacchetti riciclabili oppure prodotti che non siano avvolti nella plastica, possono essere modifiche al nostro stile di vita utili all’ambiente.
Molte associazioni si battono concretamente per salvare i nostri mari, come Greenpeace, che cerca di sensibilizzare e di contrastare i crimini ambientali e quelli marini. È possibile sostenere Greenpeace attraverso una donazione o donando il 5×1000 sul sito.
Inoltre, un gruppo di volontari di tutte le età e nazionalità, ha dato vita al progetto “4ocean”, con l’obiettivo comune di ripulire l’oceano dai rifiuti plastici. È possibile sostenere il loro progetto ambizioso attraverso l’acquisto di un braccialetto completamente green, perché costituito da uno spago blu impreziosito da alcune perle di vetro trasparente.
Proteggere il mare con consapevolezza, intelligenza e un aiuto economico a chi se ne occupa è nostro dovere e sono tanti i modi in cui possiamo contribuire, soprattutto ora che nella fase 3 torneremo ad avere ancora più libertà di movimento e, quindi, torneremo a guardarlo e viverlo più intensamente con l’arrivo dell’estate.
La stessa libertà deve essere concessa alle specie che popolano il mare e il nostro compito è preservarle, apprezzando l’ondeggiare dell’oceano senza che la sua bellezza sia inquinata dai movimenti altrettanto fluidi, ma molto più dannosi, di una busta di plastica.