Che gli anglofoni non sapessero pronunciare la lettera “e” all’italiana lo sapevamo già tutti. Che non fossero addirittura in grado di scriverla ha scioccato molti. A regalarci il nuovo tormentone da quarantena è stato ancora una volta Donald Trump, quarantacinquesimo Presidente degli Stati Infetti d’America, pardon Uniti: con due succulente fette di prosciutto della Virginia sugli occhi, ha lodato Conte su Twitter per la sua gestione della crisi da coronavirus, scrivendo sbadatamente “Giuseppi” invece di “Giuseppe”. Il tweet è stato modificato quando l’Internet si era già scatenato.
Bisogna ammettere che nella storia della politica italiana, abbiamo perdonato gaffe a tutti. Finanche a Di Maio che, dopo aver acquistato il DVD di Mulan e aver imparato le canzoni a memoria, chiamò ripetutamente il Presidente cinese Xi Jinping semplicemente Ping.
Potremmo quindi supporre che a Trump si sia solo inceppato il correttore automatico dello smartphone e andare avanti con le nostre vite. Eppure, dopo appena qualche giorno, il Presidente americano ha felicemente dichiarato che dopo aver comunicato all’Italia l’invio di 100 milioni di dollari in aiuti sanitari, “Giuseppi was very very happy” (lett. Giuseppe era molto molto contento).
Siccome piove sempre sul bagnato, l’Internet è tornato alla carica. Tra un remix della frase trovato su Youtube casualmente e l’infinita quantità di meme partorita dai millennial, mi sono domandata dove finisse l’incidente e iniziasse il genio politico.
Non è un mistero che politici e politicanti in passato abbiano dato vita a nomignoli e storpiature per fare riferimento ai propri oppositori, più causalmente che casualmente. In cima alla piramide siede il sovrano sovranista Beppe Grillo. Ha trasformato la Fornero in Frignero, Pisapia in un Pisapippa, Formigoni in Forminchione e via discorrendo. Ma lo scherno non ha partito e nel corso degli anni questa narrativa si è riflessa su tutti, Pidimenoelle, Forzaitalioti e Grullini inclusi.
Per capire meglio di cosa si tratta, bisogna riavvolgere il nastro e tornare indietro ai tempi delle scuole medie. Almeno una volta nella vita siamo stati presi tutti in giro: per l’aspetto, per il nome, per il peso. Siamo entrati nell’occhio del ciclone dei nostri compagni di classe che al momento della ricreazione ci mettevano nella scomoda posizione di dover per forza ascoltare una lista infinita di epiteti. E più risate conquistavano, più mettevano il dito nella piaga.
Ora, mettete da parte la voce di vostra madre mentre ricorderete vi diceva che quella persona vi prendeva in giro perché in realtà aveva una cotta per voi. Non ho abbastanza tempo e spazio per spiegarvi qui che no, nessuno dei vostri bulli vi desiderava in gran segreto. Piuttosto, sono qui per dirvi una verità ovvia e farvi riflettere su questo: lo scherno è un’affermazione di potere. Sminuire, schernire, ricorrere alla trasformazione dell’altro in essere patetico che non merita nemmeno di essere chiamato col proprio nome è imporre la legge del più forte ed è autoproclamarsi vincitore.
Nel secolo scorso, Nye individuò l’esistenza del Soft Power come realtà politica in cui l’individuo crea consenso persuadendo l’altro attraverso mezzi che non siano coercitivi. In altre parole, posso indurti a giocare il mio gioco stando alle mie regole anche senza importelo nel senso più fisico del termine, ma piuttosto utilizzando le doti che possiedo e mezzi non convenzionali. Quel “Giuseppi” in cui è giusto supporre che Trump sia inciampato una prima volta, ha acquisito un nuovo valore quando è stato ripetuto, abbassando di livello agli occhi delle masse una figura politica come quella di Conte che, in questo momento storico, si fa portavoce di una sfilza di necessità e prassi amministrative che dovrebbero essere sposate da ogni Paese sul pianeta per porre fine alla diffusione del covid-19.
Ma ad uno come Trump non piace arrivare secondo, figuriamoci ultimo. Pur di non presentarsi come figura debole che si è accorta in ritardo dell’esistenza di una pandemia, si rifiuta di prendere provvedimenti ufficiali che blocchino definitivamente tutto il popolo statunitense. Perciò, vediamo profilarsi una forma di Soft Power 2.0: Trump cerca di portarsi dietro il consenso popolare giocando con il nome dell’uomo politico che si impegna senza sosta nel diffondere consapevolezza negli altri Paesi della gravità della situazione sanitaria mondiale.
A chi è rimasto scioccato dal fatto che Trump parteggiasse per Salvini e pare ora lo abbia scartato avvicinandosi virtualmente a Conte, rispondo di non preoccuparsi, perché i due personaggi sono in realtà due facce della stessa medaglia. A Trump, come a Salvini, nessuno deve pestare i piedi: il primo lo dimostra sostituendo lettere dell’alfabeto, il secondo diffondendo fake news.
Ma attenzione, cari politici, a chi vi dice che dovete parlare come mangiate per avvicinarvi al popolo! Il vostro pubblico è lo stesso che guarda Masterchef. Potrà anche non aver mai preso una padella in mano, ma dopo aver visto e rivisto tutte le puntate di tutte le stagioni, imparerà presto o tardi a distinguere tra una carbonara alla romana e una carbonara con panna, pancetta e parmigiano. E alla fine a pagare lo scotto sarà proprio chi avrà perso tempo a dire le cose sbagliate nel momento più opportuno, proprio come i bulli che finita la scuola non hanno concluso granché.
Possiamo comunque tirare un sospiro di sollievo visto che finora nessuno ha parafrasato quel famoso “culona inchiavabile” di Berlusconi per la Merkel indirizzandolo al nostro premier. Tra l’altro, le celeberrime bimbe di Conte potrebbero scatenare una guerra civile per molto meno.
Mi scuso se questo registro linguistico vi ha fatto storcere il naso.
Magari vi tornerà alla mente un istante prima di votare alle prossime elezioni.
Articolo già pubblicato sul Quotidiano del Sud – L’altra Voce dei Ventenni del 20/04/2020