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Non si muore di solo Covid

La pandemia ha oscurato le altre patologie

Veniamo da un anno e mezzo di totale angoscia, scandita da una preoccupazione costante verso la pandemia e ciò che ne concerne. Il Covid 19 ci ha lasciato i segni e gli strascichi di un tornado passeggero ma dall’imponente intensità, che si è scagliato contro il genere umano senza precedenti causando vittime e dolore. Non eravamo preparati ad un tale esame e ci siamo ritrovati a non saper gestire nel breve termine situazioni ad effetto domino che si sono presentate senza il minimo preavviso.

La paura di un possibile contagio ci ha spinti prima ad attuare le diverse misure cautelari entrate in vigore e poi a ricorrere ai vaccini. Nel frattempo però tutto il resto è rimasto in disparte, patologie comprese, spingendoci ad ignorarle nonostante necessitassero e necessitino di attenzioni costanti. In tutto ciò la sanità, travolta da un turbine di naturale e fisiologica impreparazione, non ci è stata propriamente d’aiuto. Le liste d’attesa sono lunghissime, gli ospedali non offrono più alcuni servizi e per una visita bisogna rivolgersi a degli specialisti cari e poco esaustivi. Non il massimo considerando l’importanza che qualsiasi comune mortale nutre verso la propria salute. Tutto fermo e terribilmente a rilento; soltanto la pandemia ha la priorità. Come se il Covid fosse l’unica causa di morte; come se il Covid fosse l’unica minaccia a cui dobbiamo far fronte da un anno e mezzo a questa parte.

Un corto circuito che vede la lotta al Coronavirus al centro delle priorità sanitarie e problemi altrettanto seri e delicati abbandonati nelle retrovie in attesa che la situazione pandemica migliori. A tal proposito, non molto tempo fa, Piero Angela, noto conduttore televisivo e divulgatore scientifico, usava testuali parole: “Il Covid-19 sta cancellando tutto il resto. I telegiornali parlano solo di Coronavirus. Alcuni argomenti sono completamente usciti di scena”.

So bene che non sia stato facile affrontare quest’onda d’urto così violenta e inaspettata. Non ho potere decisionale, non lavoro nel campo sanitario ma, da cittadino, riconosco quei limiti e quelle mancanze che scaturiscono incertezze, dubbi, perplessità. Non oso immaginare il panico di quei primi giorni in quel di Codogno, il paese italiano più martoriato dal Coronavirus, il primo ad entrare in zona rossa nel Marzo del 2020. Ma adesso che, grazie alla campagna vaccinale, la situazione è sotto controllo, è arrivato il momento di ridare importanza e priorità ai malati oncologici, ai cardiopatici ed a chi necessita di terapie assidue. Non si devono trasformare in sotto categorie.

I numeri degli ultimi mesi sono drastici, complice il blocco delle attività ospedaliere e la trasformazione dei reparti in terapie intensive. Nel Novembre scorso l’annullamento ed il rinvio di diverse visite contro la lotta al cancro ha scosso e non poco lo stato d’animo dei pazienti, che si son sentiti legittimamente messi da parte temendo di far svanire i progressi ottenuti.

Secondo un recente studio dell’Università Cattaneo LIUC, nel 2020 c’è stata una diminuzione dei ricoveri ordinari negli ospedali pari al 24,83% rispetto al 2019. Senza contare il calo del 36% rivolto alle prestazioni di pronto soccorso ed al crollo del 28,66% per le visite specialistiche, addirittura con picchi che hanno raggiunto il 52%. Di questo passo le patologie trascurate, in concomitanza con lo stress dell’ultimo anno, potrebbero giocare dei brutti scherzi.

Bisogna rispolverare la famosa ed efficace mentalità del prevenire prima del curare! È quindi importante ritornare ad attivare il motore degli screening periodici; approfondire quei segnali d’allarme che, se presi in tempo, possono essere gestiti ed attenuati. Bisogna non trascurare malattie altrettanto letali ed invalidanti. Perché non si muore di solo Covid.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni