Storia di una libreria indipendente: Giorgia Sallusti e Bookish

In occasione della Giornata mondiale del Libro, è interessante guardare al mondo delle librerie indipendenti, luoghi contenuti ma speciali che ora più che mai vanno sostenuti e supportati. Sono progetti ad oggi rischiosi o di nicchia, ma le cui storie nascondono un’inestinguibile passione per la lettura e un grande amore per i libri. Una di queste storie vede Giorgia Sallusti come protagonista, la libreria Bookish come il suo regno fatato e il blog che cura da anni come il cantastorie delle sue gesta e i suoi pensieri.

Qual è la storia di Bookish?

Bookish nasce nel 2015 in un habitat dei più ostili: l’editoria in crisi. Sono passati cinque anni e l’editoria è ancora in crisi ma Bookish è sempre al 50 di via valle corteno, a Roma. Il tenace attaccamento alla vita fa parte del codice genetico di una libreria indipendente, così come l’amore per il rischio; se l’editoria è un mercato esiguo e rischioso, noi librai siamo gli Jena Plissken del circuito. Siamo la nemesi dell’algoritmo di Amazon, se vuoi: il successo e la qualità di una libreria sono emanazioni del suo catalogo, e quindi della selezione del libraio. La lettura, critica, esegetica, distratta, multipla o sul 336 fermo al semaforo, è essenziale per costruire l’ossatura e l’identità di una libreria indipendente, in simbiosi con il gusto della libraia che ne è responsabile. Io sono un’orientalista, yamatologa, bibliofila e probabilmente fare la libraia è il mio alibi per parlare e scrivere di libri a chiunque sia utile.

Cosa ti ha spinto a occuparti di questo? Come affronti la tua professione?

L’egoismo mi ha spinta: passo la giornata in un posto molto simile al mio salotto di casa, con una selezione di libri curata da me (e una poltrona a fiori). Pochi altri lavori mi avrebbero concesso un lusso simile. Affronto questo mestiere leggendo più che posso, ampliando le mie conoscenze di autrici e autori, di case editrici. Le recensioni mi hanno abituata, o forse costretta, a leggere criticamente e con metodo, affrontando ogni libro come uno strumento che parla non soltanto al lettore ma anche alla letteratura. Allargare i margini dell’orizzonte visibile è un modo per stimolare percorsi di lettura personali che poi, ovviamente, posso proporre ai lettori che vengono in libreria o con cui interagisco sui social. E poi c’è quella piccola parte oscura di contatti tra editori, autori e altri librai in cui ci scambiamo i nostri segreti libreschi e alchemici, che non sveliamo.

Che consigli daresti a chi vorrebbe imbarcarsi in un progetto simile, cosa si può fare per crescere o imporsi in questo mondo?

Imporsi nel mondo delle librerie è uno strano modo di percepire il mestiere: direi piuttosto che un bravo libraio crea la propria isola grazie al catalogo, e cerca di fare rete assieme agli editori indipendenti in modo che questa isola diventi arcipelago: chissà che in un futuro non sarà poi un continente. Consiglio tenacia, sempre: non è un lavoro facile e la soddisfazione non è economica, quindi è la vocazione alla lettura e al libro che dà l’abbrivio. Il libraio per primo deve percepire la propria libreria come uno spazio di incontro, la contaminazione è il sangue della vitalità letteraria.

Con la distribuzione bloccata fino a metà maggio molte uscite sono slittate, la pandemia si è rivelata un rischio per il settore? Quali sono le tue impressioni sulle politiche messe in atto e l’imminente riapertura?

La pandemia ha tirato fuori le viscere di un animale già agonizzante: il sistema distributivo della filiera editoriale medio-piccola è già parte del problema, da prima della crisi, e i due estremi (editori e librerie) ne soffrono le criticità. La chiusura totale dall’undici marzo ha avuto come conseguenza la crisi di liquidità e l’aumento del debito per molti di noi; nessuna novità, nessuna fiera all’orizzonte ci lasciano sbalestrati. Navighiamo a vista cercando di tamponare l’emergenza, con la consegna a domicilio, le iniziative come #Libridaasporto e #unlibrosospeso, un mutuo soccorso tra editori e librerie indipendenti, messo su da Eris edizioni e proseguito da Alegre, Racconti, Rina e molti altri.

Nella confusione del lockdown è entrata in vigore la legge sul libro che fissa lo sconto massimo sulle novità editoriali (cioè fino a 20 mesi dall’uscita) al 5 percento. Questo aiuta, ma se non era sufficiente a superare una crisi duratura e cronica prima- quando tutto andava bene– adesso non ci dà neppure la misura di quanto impatto abbia sui dati di mercato confusi dal coronavirus. Inoltre, non bisogna dimenticare che la libreria non è solo un luogo simbolico: è un’impresa culturale, vive del lavoro dei librai. Questi lavoratori vanno tutelati, non solo dal punto di vista sanitario, ma anche economico. Io ho riaperto proprio ieri (21 aprile) e non mi aspetto un affollamento insensato in libreria: la riapertura, anche a fronte di un incasso molto vicino allo zero, mi farà perdere eventuali benefici previsti per gli esercizi commerciali ancora chiusi? E il debito accumulato finora, dopo quasi due mesi di chiusura, come potrò ripagarlo se non ribaltando i ritardi nei pagamenti ai miei diretti creditori, in una disperata corsa al massacro verso la cima della piramide?

La libreria vive di libri ma anche di lettori: ha necessità di libertà di movimento, nei limite del possibile e della sicurezza. Spero che si possa tornare a una fruizione degli spazi più aperta, ma che questo periodo erediti le riflessioni sulla crisi sistemica che affrontiamo da tanto.

Grazie Giorgia per il tuo contributo e averci raccontato la tua storia. Hai qualche consiglio letterario per noi, prima di salutarci?

Tantissimi, ma cercherò di limitarmi: ho letto un saggio bellissimo di Marshall G.S. Hodgson, L’ordine degli Assassini, (Adelphi, 2019) sulla storia dei Nizariti. Poi devo dire che sono sempre attratta dalla collana Compagnia Extra di Quodlibet, e per questi tempi amari consiglio vivamente la lettura degli Scritti di impegno incivile di Ugo Cornia. Aggiungo senz’altro qualcosa che colpisca dall’interno come Viscere di Amelia Gray (Pidgin, 2019).

Chiara Allevato
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Nasce a Cosenza nel 1993. Laureata in Scienze Politiche, convive con una memoria straordinaria per fatti assolutamente irrilevanti. Da brava millennial, ha un account attivo su ogni social, ma il suo preferito rimane Twitter.