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Quando ci si può davvero definire felici?

Celebriamo la giornata internazionale della felicità

Il 20 Marzo, in coincidenza dell’equinozio, è solitamente il giorno dell’anno che ufficializza e sancisce la fine dell’inverno e l’inizio della primavera nell’emisfero boreale. Una data – all’apparenza come tante altre – attesa da tutti gli amanti della natura e non solo, desiderosi di godere di una delle stagioni più belle e miti dell’anno tra picnic, paesaggi fioriti e splendide giornate.

Ma, negli ultimi anni, il 20 Marzo non rappresenta soltanto la data astronomica che permette a due stagioni climatiche di darsi il cambio. Dal 2013, infatti, il 20 Marzo ricorre la giornata internazionale della felicità. E quest’anno si festeggiano esattamente i primi dieci anni dalla nascita di questa celebrazione. La data è stata stabilita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (ONU). E lo scopo della ricorrenza è quello di porre l’attenzione sulla rilevanza della felicità e del benessere come obiettivi e aspirazioni universali delle vite degli esseri umani di tutto il mondo. La giornata riconosce anche la necessità di un approccio più inclusivo, equo e bilanciato alla crescita economica, volto a promuovere lo sviluppo sostenibile, l’eliminazione della povertà, la felicità e il benessere di tutti i popoli.

Ma se dovessimo analizzare nel concreto il vero significato di felicità in maniera più pratica e immediata, quando ci si può davvero definire felici?
Molti sostengono che la felicità sia correlata al successo, al denaro, al potere, al lusso. Una filosofia di pensiero legata maggiormente ad un senso di materialità nei confronti di qualcosa da possedere, da ostentare. Ma in realtá, oltre agli affetti, all’amore dei nostri cari e alla salute, la vera felicitá trova dimora nella stabilità e nella serenità di tutti i giorni. Due silenziose e umili condizioni che, senza neanche accorgercene, ci rendono felici, vivi, motivati e sognatori. Senza stabilitá non ci sarebbe serenità; e senza questa sorta di benessere giornaliero, verrebbe meno la voglia di vivere, di progettare. La felicità risiede nella serenità nel condurre una vita normale, in completa autonomia, senza pensieri negativi, senza preoccupazioni. Tutto l’opposto di quello che la vita ci offre oggi, tra stress e tensioni. Perché purtroppo viviamo in un contesto sociale notevolmente allarmante e complicato, dove non esistono certezze per il domani. Specialmente per i giovani la parola “futuro” appare come un mostro a tre teste imbattibile e spaventoso. E non ci sarà nessun pavimento sotto al letto ad accoglierci e tenerci nascosti come accadeva da bambini. Una generazione sospesa in aria, in attesa di un cambiamento significativo in termini lavorativi che purtroppo dipende da altri. La sensazione che, anche con tutto l’impegno applicato non si può raggiungere ciò per cui si aspira, è demoralizzante. Ed ecco che subentrano a gamba tesa scetticismo e frustrazione, sentimenti sempre più in voga specialmente tra i giovani.

Malessere dimostrato anche dall’indagine sulla salute mentale e il benessere condotta da IPSOS su un campione di 30.600 persone di età compresa tra i 18 e i 74 anni in 16 Paesi. Per poter valutare lo stato di benessere mentale, anche quest’anno il Gruppo ha elaborato il Mind Health Index, indice che mira ad identificare potenziali situazioni critiche, per fornire indicazioni sulle azioni possibili da mettere in atto per migliorare il proprio benessere. L’Italia è il Paese la cui popolazione è più colpita sul fronte della salute mentale: solo il 18% del campione dichiara uno stato di pieno benessere (Flourishing), un dato in calo rispetto allo scorso anno (20%). È lo stress il disturbo mentale più diffuso a livello globale: in Italia è avvertito dal 56% del campione (+8 pp vs 2022). Il disagio mentale è inversamente proporzionale all’età e i giovani risultano i soggetti più a rischio. A pesare maggiormente sono l’incertezza sul futuro e l’immagine corporea, ma anche una maggiore sensibilità alla tematica sul lavoro. Sofferenza che vede le proprie radici immerse nella difficoltà nel cercare un impiego che risulti soddisfacente; nel raggiungimento dell’autonomia finanziaria individuale, nel benessere del nucleo di appartenenza o nell’eventuale costruzione di una propria famiglia.

Ragion per cui la giornata internazionale della felicità deve farci riflettere su quanto sia fondamentale la ricerca della stabilità e della serenità nelle piccole cose. Un normale stipendio ma sicuro, un’umile automobile ma efficiente, una compagna/o che ci rispetti e ci accetti per come siamo. E soprattutto un futuro più rassicurante, con più luci che ombre. Perché è la certezza del domani che ci induce a sorridere oggi, provando sulla nostra pelle il vero senso di felicità.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni