OBAMA: GUERRA E PACE. CHE STRESS L’INTERVENTISMO AMERICANO

Di Nicoletta Soave

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Di ricominciare la campagna militare in Iraq Barak Obama non aveva proprio voglia. La promessa di ritirare le truppe che Bush aveva inviato a Baghdad nel 2003 era stato uno dei punti forti della sua prima campagna elettorale. E il presidente si è fatto vanto di aver mantenuto la promessa già durante il suo primo mandato. Si capisce quindi perché Obama abbia rimandato l’intervento in Iraq fino ai massacri dei giorni scorsi, quando è stato chiaro che l’intervento armato era l’unica soluzione. Ha quindi dato l’ordine di aprire il fuoco sulle piazzeforti dell’Isis ed è partito per le vacanze che aveva già programmato.

Non sono stati pochi coloro che hanno avuto da ridire sull’atteggiamento del presidente: dagli opinionisti che l’hanno attaccato sulle prime pagine dei giornali americani, al suo ex segretario di Stato, Hillary Clinton, che ha criticato apertamente l’operato di Obama in materia di politica estera.

Come ha giustamente detto la Clinton, pare che il principio ispiratore del presidente riguardo agli affari internazionali sia stato il non intervento. Probabilmente è stata in parte una richiesta del suo elettorato, ma Obama si è sempre mostrato molto restio all’intervento militare in ogni parte del mondo. E a chi lo critica ha risposto che ‘ l’America non può plasmare il mondo’ come una sorta di poliziotto internazionale. Viene però da chiedersi se il principio regga di fronte agli ultimi eventi: l’Ucraina brutalmente invasa dalla Russia, la riapertura del conflitto israelo-palestinese, ma soprattutto i quotidiani massacri di cristiani e yazidi nell’Iraq ormai nelle mani dell’autoproclamato ‘Califfato’.

Ciò che fanno oggi gli jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante contro chiunque non sia musulmano non sembra tanto diverso da ciò che fecero i Turchi contro gli Armeni, o i Tedeschi di Hitler contro gli Ebrei. Ma pare che la memoria degli orrori passati non sia sufficiente a spingere all’azione chi oggi osserva da lontano i crimini degli jihadisti.

Certo, non si può puntare il dito solo contro l’America. L’Unione europea è rimasta paralizzata, senza riuscire a prendere una posizione contro Putin in Ucraina o contro il Califfo in Iraq. Per non parlare della sua incapacità di fare da mediatore tra Israele e Hamas. Dall’Onu sono arrivate condanne e appelli, ma nessuna misura concreta.

Il mondo sopravvissuto a due guerre mondiali voleva prevenire altri orrori con la creazione di istituzioni e alleanze internazionali. Pare invece che al momento del bisogno quello stesso mondo si ritrovi impreparato come cento anni fa.