Era il 2018 quando Sally Rooney, già acclamata per il suo esordio Conversations with friends, tornava a far parlare di sé con Normal people. Difficile non riconoscersi in uno dei protagonisti e non ritrovare, tra quelle pagine divorate in pochissimi giorni, pezzi di vita vissuta.
Il talento di Sally Rooney, come in molti sottolineano da tempo, è riuscire a entrare nei meandri di una generazione tormentata, di scavare a fondo e osservare sino a individuare i fili nascosti che ci uniscono, per raccontare poi le dinamiche di potere di una relazione. Normal people è un romanzo di formazione doppio, un viaggio dalla dipendenza alla libertà raccontato con grazia, costellato di tentativi di tenerezza, errori e autosabotaggi.
Sin dal primo momento ho immaginato Marianne e Connor. Belli, imperfetti, terribilmente attratti l’uno dall’altra: lui trova in lei la soluzione all’ansia sociale che lo vuole perfetto, lei trova in lui il primo alleato con cui aprirsi davvero, anche a costo di riscoprirsi vulnerabile.
Portare sullo schermo un romanzo così apprezzato può essere insidioso: come riprodurre le emozioni della pagina scritta che scivola sotto i polpastrelli senza mortificare l’opera stessa o rischiando di risultare didascalici? È qui che interviene la formula sella serie televisiva, diretta da Lenny Abrahamson e Hettie Macdonald con il coinvolgimento della stessa Rooney e coprodotta da Hulu e BBCThree. Tra Sligo, Dublino e l’Italia si svolgono dodici puntate che sembrano durare un soffio, eppure ripercorrono 4 anni di vita di Marianne e Connell, rispettivamente interpretati da Daisy Edgar-Jones e Paul Mescal. Ciò che colpisce sin dalla prima scena è la somiglianza impressionante dei due attori con l’idea che tutti ci eravamo fatti dei protagonisti: scarmigliati, smarriti, incredibilmente normali. Non c’è traccia di eroismo nelle loro vite, che scivolano sui binari della normalità tra liceo, università, amicizie, ambizioni, disillusioni, scontro di classe.
Tutto ruota intorno alla tormentata relazione tra Marianne, una ragazza proveniente da una famiglia benestante, tanto intelligente quanto apparentemente poco avvezza ai rapporti sociali, e Connell, timido atleta di famiglia poco abbiente. I due sono compagni di scuola e si conoscono perché la madre di Connell fa le pulizie nella casa di Marianne: il racconto abbraccia le esperienze dei due ragazzi, così diversi, e segue i tentativi e le contraddizioni di due giovani alla scoperta di loro stessi.
Se la prima parte della serie tv riprende lo stile del teen drama, mettendo in scena alcuni topos narrativi quali il bullismo, nella seconda parte – incentrata sul passaggio all’università dei protagonisti – notiamo una fede riproduzione di un contesto stimolante, in cui le passioni come la politica e la scrittura esplodono con prepotenza. Sono diverse le evoluzioni mostrate dalla storia, ma a farla da padroni sono sempre i protagonisti: in un’atmosfera talvolta impalpabile, l’interiorità di Marianne e Connell tuona e tocca le corde di ognuno di noi.
In un intreccio perfetto di piacere e tormento, ansia e malinconia, assistiamo alla messa in scena dell’esplosione dello straordinario nell’ordinario, della passione in mezzo alla monotonia della quotidianità. Scrittura e regia colgono ogni singolo stato d’animo, ogni anelito, ogni sospiro di personaggi che colpiscono in sequenze strazianti. Il migliore della classe e la solitaria un po’ disturbata continuano a ritrovarsi, ferirsi, aggrapparsi l’un l’altra, riuscendo infine a farsi del bene. Non sorprende perciò la riproduzione fedele del senso di inadeguatezza tipico del passaggio all’età adulta, del disagio cui non riusciamo a dare un nome né un senso, delle paure, dei desideri e dei sogni dei due protagonisti che altro non sono che la proiezione di ciò che agita lo spettatore al di là dello schermo.
Normal people, tuttavia, è innanzitutto la storia di un primo, grande amore, la rappresentazione dei tumulti di un sentimento che nasce e cresce, così complesso eppure semplice. Attraverso i due protagonisti, l’autrice prima e gli sceneggiatori poi portano avanti il millenario discorso sull’amore, sui legami, sulla paura e sulle ferite che essi lasciano. E la serie tv non fa altro che dare spazio ai sentimenti, alla loro presenza imperturbabile e alle aspettative che ci deludono.
Uno spaccato autentico su un amore che abita gli sguardi che Marianne e Connell si scambiano, lasciando fuori il mondo esterno, racchiuso nei loro corpi che si sfiorano, si cercano, si bramano; un amore che è ancora di salvezza, casa cui fare ritorno con la speranza che sia sempre uguale eppure diversa. L’assenza di pudore, l’atmosfera rarefatta, la colonna sonora scelta con parsimonia e lungimiranza, la fotografia ineccepibile fanno da contorno a una storia sincera.
Marianne e Connell siamo tutti noi, ci piaccia oppure no.
E Normal people attende chiunque abbia la voglia – e perché no? Il coraggio – di indagare se stesso.
Crediti immagine: www.variety.com
Raccontastorie, fotoamatrice, attivista, femminista, regina dell'eyeliner e groupie del venerdì sera sul divano a guardare Propaganda Live. Toro ascendente Bilancia, una bomba a orologeria.
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