Non è un Paese per bamboccioni

Vi ricordate quando spuntò fuori questo termine per apostrofare i giovani italiani? Correva l’anno 2009 e l’allora Ministro dell’Economia Padoa-Schioppa esclamò: “Mandiamo i bamboccioni fuori di casa”, riferendosi a quella fetta di giovani senza lavoro che ancora vive sulle spalle di mamma e papà.

Ancora oggi, le statistiche evidenziano come i giovani italiani facciano fatica a rendersi autonomi dal loro nucleo familiare. Il rapporto Istat 2019 rileva che il numero di giovani di età compresa tra i 20 e i 34 anni residenti in Italia è di 9 milioni e 630 mila e rappresenta il 16% della popolazione. Oltre 5 milioni, quindi più della metà, celibi e nubili, vive ancora con un genitore. Questo accade perchè – secondo il rapporto Istat – le generazioni di oggi sperimentano, rispetto alle precedenti, “percorsi di vita più vari e meno lineari del passato che spostano in avanti le tappe principali di transizione allo stato adulto”, avuto riguardo in particolare “al prolungamento dei percorsi di istruzione, alle difficoltà di inserimento e di permanenza nel mercato del lavoro”. Bamboccioni per scelta o per necessità, quindi.

Ma, giuridicamente, chi deve occuparsi del mantenimento dei giovani senza lavoro? La Cassazione è intervenuta pochi giorni fa con una sentenza per certi versi “rivoluzionaria” perché, oltre a risolvere il caso in questione, contribuisce a delineare anche un nuovo modello culturale e sociale per le famiglie italiane.

Il Caso

Nel caso risolto dalla Suprema Corte, una madre contestava la decisione della Corte d’Appello di revoca dell’assegno di mantenimento versato per anni dall’ex marito al figlio trentenne. Come riportato dal Corriere della Sera, il giovane è un maestro di musica precario con stipendio annuo che si aggira sui 20 mila euro. La Suprema Corte non solo ha revocato l’assegno di mantenimento, in linea quindi con la sentenza della Corte d’Appello, ma ha anche revocato l’assegnazione della casa coniugale. La sentenza è stata subito rinominata “anti bamboccioni” proprio per il suo invito a responsabilizzare i giovani.

Secondo gli Ermellini, finiti gli studi (e si intende sia la scuola dell’obbligo che la laurea), il giovane ha il dovere di rendersi autonomo dai genitori cercando un’occupazione in grado di mantenerlo. La sentenza, che abbiamo definito “rivoluzionaria”, colpisce per alcune espressioni come: “un figlio non può pretendere che a qualsiasi lavoro si adatti, in vece sua, il genitore” che, la Cassazione specifica, non è una “copertura assicurativa” di cui il figlio non può farsi “approfittatore in malafede”.

Parole dure, volte a “svegliare” giovani pigri che si trastullano ancora  a casa dei genitori in attesa del lavoro della loro vita. La Corte invita quindi chi ha terminato gli studi a rimboccarsi le maniche e cercare un lavoro per mantenersi, anche se non in linea con gli studi svolti, perchè i genitori (che magari non svolgono nemmeno il lavoro dei loro sogni, quindi anche i giovani devono adattarsi a tutto) non possono sostenere i figli a vita! E qui, qualcuno potrebbe ricordare l’altrettanto celebre termine “choosy” utilizzato da Elsa Fornero per spingere i giovani italiani a non essere troppo esigenti nella ricerca del lavoro, termine che scatenò una bufera di tweet indignati per ricordare all’allora Ministro del Lavoro quanto fosse alta la percentuale del lavoro precario in Italia e che dopo mille titoli e fior di milioni spesi in master di certo non ci si accontentava di un lavoro qualunque, annullando qualsivoglia ambizione.

Ma se lo stereotipo vuole gli italiani pigri e mammoni, in realtà la fotografia dell’Eurostat riporta che non siamo affatto gli ultimi nell’UE a lasciare il nido familiare: Croazia, Slovacchia e Grecia ultimi in classifica. Tedeschi e francesi si collocano invece sul podio tra gli europei che si rendono indipendenti lasciando per primi la famiglia di origine.

E se la recente decisione rappresentasse finalmente un punto di partenza per un cambiamento culturale italiano? Attendiamo fiduciosi. Nel frattempo, la Cassazione ha decretato che non è più un Paese per bamboccioni!

Alessia Martire
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Avvocato con la passione della scrittura. Ha operato a NY presso PepsiCO e il Financial Times e ha partecipato a dibattiti di diplomazia economica all’ONU. Scrive di diritto per "Salvis Juribus" e ha fondato il suo sito "La legge spiegata ai bambini".