L’esempio del Super Bowl per curare un calcio malato

Già quando vivevo in Italia, mi era capitato un paio di volte di affrontare una nottata insonne per guardare in diretta il famigerato “Super Bowl”. Uno spettacolo tanto esotico per noi italiani quanto venerato e presente nei film hollywoodiani. Vuoi l’evidente stato catatonico, vuoi la visione di uno sport del tutto alieno, non vi capii molto. Ma trovai lo trovai comunque piuttosto godibile.

Fast forward al giorno d’oggi, dopo 3 anni in cui ho il piacere di guardare lo spettacolo con il corretto fuso orario. E, soprattutto, ho l’opportunità di comprenderlo fino in fondo.

Al di là del gioco del football americano, uno sport all’apparenza molto semplice, ma che nasconde una complessità scervellante, quello che più si nota è quanto questo evento sia riuscito negli anni a diventare una vera e proprio religione pagana per i locali. 

Tutti guardano il Super Bowl. Anche chi non segue lo sport. Si organizzano party a casa delle persone e nei locali. Tutti i ristoranti e le grandi catene allestiscono promozioni e menu speciali. Pizza e chicken wings sono diventati i piatti ufficiali dell’evento. E probabilmente è meglio sorvolare sulla birra e altre bevande alcoliche, tanto che si spinge affinché the day after the Super Bowl diventi una festa nazionale per attutire i postumi. Lascio per ultimo, solo per la banalità del tema, il fattore dello show dell’intervallo, che raccoglie i migliori artisti del momento in 15 minuti di coreografie assolutamente mozzafiato.

Ed è qui che, ogni volta che spengo il televisore dopo l’evento, mi chiedo come sia possibile che nulla di paragonabile avvenga nel mio sport preferito: il calcio.

Il Super Bowl genera un giro d’affari che tocca gli 1.3 Miliardi di dollari, con soltanto la vendita degli spazi pubblicitari che vale la metà del totale. Spot pubblicitari (venturi a 7 milioni di dollari per 30 secondi) che coinvolgono tutti i migliori attori di Hollywood, consapevoli che quello spezzone sarà visto dall’intera nazione. 

Al raffronto, la finale di Champions League genera soltanto 500 Milioni di euro. Anche considerando il cambio, meno della metà rispetto al Super Bowl.

Come è mai possibile una cosa del genere? Stiamo d’altronde mettendo a raffronto uno sport “locale”, come il football americano, che può contare su una popolazione complessiva di 330 milioni di persone (più qualche spostato che all’estero lo segue in notturna), contro lo sport più seguito del pianeta, che, secondo stime del World Population Review, è seguito da 3.5 Miliardi di persone. 

Mentre provo maldestramente a trovare pace nel letto, rifletto sul fatto che la malattia è insita in un paziente in crisi ormai da anni, e che deve porvi rimedio al più presto, o patirà per questo la propria fine.

Il calcio europeo è basato su lunghe tradizioni e affetto locale dei propri tifosi. E troppo spesso si tende a dimenticare il fatto che invece gli Stati Uniti non siano uno stato, bensì una federazione di 50 Stati. Quando Kansas City arriva in finale, questa è la squadra del Kansas, e molti altri stati saranno a loro supporto o guferanno in base a relazioni tra stati.

L’allargamento delle proprie operations, o meglio, “scaling”, come viene propriamente detto, è un valore imprescindibile per la crescita di un business. Nessun investitore avrebbe mai messo un dollaro in Facebook se i propositi di Zuckerberg fossero stati quelli di operare soltanto dentro i confini statunitensi.

Sotto questo profilo, la cosiddetta SuperLega (o comunque potrebbe chiamarsi in futuro) non è solo una possibilità da vagliare, quanto una necessità assoluta per il calcio. Ed ogni anno che passa, è un’occasione persa per compiere il next step per lo sport che amo.

Sono consapevole che le storie che tutti amiamo di più sono quelle delle squadre di provincia che abbattono quelle più blasonate. Il nostro gusto non si è evoluto più di tanto dai tempi biblici di Davide contro Golia. Ma nulla deve distogliere l’attenzione dal fatto incontrovertibile che esistono squadre nel panorama europeo che sono storicamente più vincenti, con un brand più forte, una compagine societaria solida, strutture all’avanguardia, etc. Insomma, sono semplicemente più attrezzate.

Attrezzate per cosa? Per dare vita ad un dream team di squadre calcistiche europee in grado di creare la competizione sportiva più rilevante del pianeta, così come il calcio merita. Perché, sebbene ami gli Stati Uniti, non posso accettare che Kansas City contro San Francisco di NFL sia un evento sportivo di maggior rilevanza rispetto ad una qualsiasi finale di Champions League. Buonanotte!

Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni