I recenti dati sull’andamento dell’economia sembrano proiettare il nostro Paese al di là delle più rosee aspettative. Il cosiddetto effetto rimbalzo sembra potersi pienamente realizzare nel corso del 2021 ed avere ripercussioni anche per gli anni a venire. Il governo Draghi, da molti considerato tra le cause di questa sostanziale ripresa economica, dovrà far si che, la nuova crescita, quasi consequenziale alla depressione pandemica, diventi strutturale e non esclusivamente congiunturale. I fondi del PNRR dovranno essere utilizzati nella direzione di permettere anche alle aree più depresse del Paese ed ai settori più in crisi di godere dello sviluppo post pandemico.
Sostanzialmente, questo è ciò che si evince in primis dalla presentazione della NADEF da parte del premier e del ministro dell’Economia Franco. Le riaperture, seppur graduali e vincolate all’utilizzo del Green Pass ed all’inoculazione dei vaccini, hanno permesso al nostro Paese di recuperare parte del terreno perso nel 2020.
Lo scorso anno è considerato l’hannus orribilis dell’economia non solo italiana ed europea ma addirittura mondiale. L’Italia che dal canto suo già arrancava a star dietro a nazioni come la Germania, rischiava di pagare a carissimo prezzo l’incedere di un virus tanto potente quanto sconosciuto. Nel 2020 il PIL italiano è sceso dell’8,9%, se considerato in volumi, rispetto al 2019. Anche disavanzo e debito pubblico hanno fatto registrare un peggioramento significativo. Il Covid, inoltre, ha provocato la perdita di quasi 1 milione di posti di lavoro in un anno. Le misure adottate dal governo Conte hanno fatto da tampone rispetto all’emorragia economica che la pandemia ha rischiato di provocare. L’avvento dei vaccini ha portato con sé la voglia di ritornare a vivere e, dunque, di ripartire ed i dati macroeconomici lo confermano. Nel secondo trimestre del 2021, secondo quando rilevato dall’ISTAT, il nostro PIL, destagionalizzato, ha compiuto un balzo del2,7% rispetto al trimestre precedente e, addirittura, del 17,3% rispetto allo stesso periodo del 2020. Le previsioni governative indicano per l’Italia una crescita del 6% nel 2021, del 4,7% nel 2022. Le stime sono state corrette al rialzo, dopo i dati del trimestre chiuso a giugno. Per quanto riguarda l’occupazione il tasso prepandemico è stato recuperato, sebbene ancora non si abbiano rilevazione in tal senso, entro la fine di settembre. La disoccupazione quest’anno crescerà dello 0,3%, per poi scendere in maniera sempre più accentuata, fino a raggiungere il 7,7% nel 2024. Questo dato è influenzato, soprattutto, dal fatto che è cresciuto il numero degli inattivi, in cerca di lavoro, obiettivo non perseguito durante lo scorso anno per eccessiva sfiducia nel futuro. In cifre il numero di occupati è cresciuto di circa 317.000 nuovi lavoratori nell’ultimo trimestre, cui si accompagna una crescita del numero dei nuovi cercatori di lavoro.
Gli obiettivi, esposti dal governo in sede di presentazione della Nadef, riguardanti il mondo del lavoro appaiono molto ambiziosi. Sono una sfida che se verrà vinta riuscirà a proiettare nuovamente l’Italia tra le grandi potenze mondiali. Sarà necessario però, anche in questo campo, non assistere al fenomeno del rimbalzo ma stabilizzare lo slancio cui stiamo assistendo. Quello che a questo punto bisogna chiedersi è se questo nuovo sviluppo investe tutti o taglia fuori qualcuno. In altri termini è necessario chiedersi se, realmente, nessuno è stato lasciato indietro, e se, davvero, ognuno, oggi, può compiersi, pienamente, come persona, realizzando i suoi sogni, anche più reconditi, e come cittadino, contribuendo concretamente allo sviluppo della società in cui vive.
I dati di Confesercenti, riguardanti l’occupazione, mostrano come nell’ultimo trimestre sia cresciuto il lavoro dipendente, e non quello autonomo. I nuovi lavoratori autonomi sono in calo di circa 47.000 unità rispetto a marzo del 2021 ed il bilancio da inizio pandemia è di circa 350.000. In sostanza, si ha difficoltà nel fare impresa, mentre le aziende, già esistenti e che hanno resistito all’ondata del Covid, oggi riescono ad assumere. Quasi due nuovi lavoratori su tre propendono per la certezza che la fatidica assunzione riesce a garantire. La propensione al rischio del lavoratore italiano è stata drasticamente ridotta.
Ulteriore conferma di questa perdita di fiducia nel futuro arriva dal dato riguardante le giovani generazione che decidono di affrontare il difficile periodo del tirocinio in uno studio professionale con l’obiettivo di conseguire a loro volta la famosa abilitazione. Rispetto al 2019, i nuovi tirocinanti sono circa il 10% in meno. La possibilità di avere un reddito, spesso anche basso, in un’azienda, entusiasma di più rispetto alla gavetta per diventare poi un numero tra i vari professionisti che operano oggi nel nostro Paese. Spesso, però, la professione è un sogno o almeno un obiettivo nel momento in cui si decide di affrontare la carriera universitaria. Il governo Draghi, quindi, dovrebbe incentivare la possibilità di fare impresa, di crearsi una professione. Bisogna dare ai giovani la possibilità di scegliere il loro futuro, non per necessità ma per passione.
Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni
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