Le parole del 2020

Le parole sono lo specchio del momento storico e culturale che viviamo e il 2020, dal punto di vista linguistico, è stato un anno che non si esita a definire interessante. L’emergenza sanitaria ha visto infatti la diffusione di un linguaggio talvolta medico, talaltra amministrativo, spesso intriso di arie belliche. Lo dimostrano chiaramente le edizioni 2021 dei dizionari Nuovo Devoto-Oli e Zingarelli, che contano rispettivamente 600 e 1000 tra neologismi e nuovi significati. Ecco allora lockdown, distanziamento sociale, droplet, tamponare, autoquarantena, ma anche cisgender, umarell, blastare, pescetariano, nanoplastica.

Il numero di parole nuove è significativo, legato a quanto sta accadendo, ma anche sintomo della vivacità della lingua italiana, capace di importanti salti semantici. Se nei primi anni 2000, quando Bianca Gismondi – responsabile lessicografia dei vocabolari Le Monnier-Mondadori Education – inserì la parola ministra, in molti risposero che era brutta e ricordava molto la parola minestra, oggi queste reazioni sarebbero impensabili, perché abbiamo imparato a prestare maggiore attenzione alle tipicità della nostra lingua.

Ai neologismi, si affiancano numerose traduzioni, adozioni di parole straniere, per lo più anglicismi ove necessario, e tecnicismi. Prendiamo in esempio lockdown: etimologicamente riguardava il confinamento dei prigionieri e potrebbe essere tradotto con chiusura totale; tuttavia, sarebbe fuorviante. Lockdown è, infatti, un avvenimento nuovo, non paragonabile, che esprime una serie di concetti che richiederebbero una perifrasi: per questo motivo, si è deciso di non tradurlo e di darne solo la definizione – a differenza di quanto fatto da spagnoli e francesi. Tamponare avrà d’ora in poi anche il significato di “sottoporre a esame diagnostico, mediante tampone, campioni di secrezioni organiche”. Distanziamento sociale è, invece, un calco dall’inglese social distancing, composto dal derivato deverbale distanziamento e dall’aggettivo sociale: la prima attestazione risale al 2006, ma si è affermata dalla fine dello scorso febbraio grazie alle indicazioni ufficiali delle istituzioni sugli interventi da attuare per contrastare la diffusione dell’epidemia.

A raccontare il 2020 sono anche nuove parole e nuovi significati tratte dal linguaggio della politica, della finanza e dell’economia, della cultura e dei mass media, della televisione e dei giornali, dei modi di dire, dei gerghi e delle tendenze. Tra queste, emerge climaticida, l’aggettivo che indica ciò che contribuisce allo sconvolgimento del clima sulla Terra. Ecotassa è, poi, il termine composto tratto dal linguaggio giornalistico che fa riferimento alla tassa imposta a quanti producano rifiuti tossici, mentre upcycling indica l’utilizzo di materiali di scarto destinati a essere gettati per creare nuovi oggetti dal valore maggiore del materiale originale. Via libera anche alle espressioni di originale dialettale: nel 2021 ci sarà spazio per l’umarell, cioè l’omino o ometto, che grazie al libro Umarells di Danilo Masotti ha conosciuto ampia diffusione e l’accezione di anziano che si ferma a osservare scrupolosamente i cantieri, spesso con fare inquisitorio, facendo domande e criticando le attività con le mani incrociate dietro la schiena. Quanto resisteranno queste parole nel lessico comune? È difficile da prevedere, ma al tempo stesso proprio le evoluzioni dovute ai bisogni dei parlanti costituiscono il cuore pulsante – e il fascino – della nostra lingua.

Già pubblicato su L’Altravoce dei Ventenni – Quotidiano del Sud 21/12/2020