I talebani in Afghanistan ed il ritorno del terrore per le donne

Agosto 2021, in Afghanistan prendono il potere i talebani. I palazzi governativi si riempiono di uomini con la barba lunga e il turbante in testa, le strade si affollano di giovani talebani che imbracciano fucili e controllano tutte le zone. 

Gennaio 2023, la situazione afghana è poco rassicurante. Le brutte notizie si susseguono. 

Recentemente i talebani hanno impedito alle donne di lavorare per le organizzazioni umanitarie locali e internazionali. A quelle poche donne rimaste in attività, adesso i talebani impediscono di fornire il loro contributo a risollevare il Paese dalla crisi umanitaria in cui è scivolato.

Secondo i dati forniti da UNHCR, Agenzia Rifugiati delle Nazioni Unite, oltre 24,4 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria per sopravvivere. Nei campi sfollati i bambini camminano scalzi con temperature che arrivano a -10 gradi. Circa 700.000 persone sono state costrette a lasciare il paese per cercare una vita migliore altrove. 

In un contesto simile, vietare alle donne di prestare il loro impegno umanitario, vuol dire violare i loro diritti ed il loro senso di umanità, e mettere in difficoltà le organizzazioni umanitarie presenti sul territorio. 

Dopo il divieto dei talebani, alcune ONG importanti, presenti in Afghanistan da decenni, hanno dichiarato la loro difficoltà nel proseguire l’attività senza le donne. Medici senza frontiere, che opera nel paese da oltre 40 anni, ha dichiarato che senza le donne il loro operato non sarebbe stato possibile. Le donne garantiscono la possibilità di raggiungere anche le zone più periferiche della città, potendo fornire assistenza ai bambini e alle donne delle aree più povere e marginali. 

L’ultimo mese del 2022, i provvedimenti dell’Emirato islamico, hanno confermato la politica aggressiva dei talebani sulle donne. 

La stretta sul lavoro nelle Ong è stata infatti preceduta dal divieto per le donne di frequentare l’università, costringendo migliaia di ragazze nelle mura di casa. 

Il ministro dell’Istruzione, Neda Mohammed Nadim, ha sbarrato le porte delle università afghane, pubbliche e private, a tutte le studentesse, “fino a successive comunicazioni”. E’ una formula usuale del nuovo governo talebano, che utilizza false giustificazioni negli inutili tentativi di non trasparire del tutto brutale nei confronti delle donne, ed ottenere il riconoscimento degli altri Stati.

La verità è che le donne sono il bersaglio principale dei talebani che vorrebbero loro imporre un’educazione tribale e relegarle all’assoggettamento del genere maschile. Avere costretto le donne all’ignoranza, aver impedito a quelle migliaia di ragazze desiderose di cultura di frequentare le aule universitarie, rappresenta l’ennesima prova della presenza dell’apartheid di genere in questa terra. 

Le testimonianze riferite agli ultimi due anni e racchiuse nelle pagine dei giornali, nei reportage di giornalisti indipendenti, tra i quali ricordo in particolare Barbara Schiavulli ed il suo immenso lavoro per “Radio Bullets”, restituiscono immagini strazianti, che colmano di dolore profondo gli occhi di chi si cimenta nel leggerle. 

In un racconto del 17 gennaio 2022, intitolato “I bambini di Kabul”, Barbara Schiavulli, racconta la triste storia di quattro bambini, che, tra le varie cose tristi loro successe, furono costretti ad assistere al rapimento della sorella, di soli 14 anni, da parte dei talebani.

Un caso tra i tanti, il destino segnato nei primi anni dell’adolescenza, un’adolescenza e un’infanzia negate da chi decide per te qual è il tuo posto (sbagliato) nel mondo. 

Il destino delle spose bambine che dovrebbero vivere gioiosamente la loro età, anziché essere date in spose ad uomini, senza possibilità di scelta. Uomini che le costringono ad una vita di silenzio, di sottomissione, e spesso, di violenza domestica. 

Leggevo di una donna afghana che a 9 anni era stata data in sposa ad un uomo di circa trenta anni più grande di lei. Costretta a condividere lo stesso tetto con un uomo che abusava di lei. Una vita rubata all’innocenza e abbandonata all’orrore senza umanità. 

L’umanità di cui hanno bisogno le donne afghane è la voce degli Stati di tutto il mondo, che dovrebbero fare pressione sul governo talebano, ed essere intransigenti sul piano dei diritti. 

Con l’auspicio che gli interessi economici possano cedere il posto allo sguardo libero delle donne afghane. Uno sguardo finalmente libero che può guardare il sole. 


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni