Dopo una fase 1 interminabile, siamo entrati finalmente nella fase 2 che ci concede un po’ di libertà in più.
È concesso uscire non solo per le esigenze primarie ma anche per fare una passeggiata o per correre.
Questo articolo però si rivolge soprattutto ai più pigri; a chi in fin dei conti a casa sta anche bene, magari stravaccato sul divano con una bella pizza o il panino del pub preferito, rigorosamente d’asporto; e a coloro i quali aspettano la fase 3 con la giusta impazienza, consapevoli che potranno uscire e assaporare ogni piccola nuova conquista con maggiore libertà.
Nel frattempo cosa c’è di meglio di guardare un buon film?
In questa quarantena ho approfittato per vedere quanti più film possibili e serie tv di successo (risalenti a dieci anni fa) che mi ero persa.
C’è un genere in particolare cui mi sono avvicinata nell’ultimo periodo e da cui prima scappavo a gambe levate dopo aver letto anche solo la trama della pellicola: i film del genere catastrofico/fantascientifico. Ho sempre snobbato questi lungometraggi e le rare volte in cui mi è capitato di vederne uno al cinema, mi ripromettevo la volta successiva di scegliere meglio o di non far scegliere ai miei amici.
Ho deciso però di superare questo limite e fare degli “Incontri ravvicinati del terzo tipo”. Sì, è un gioco di parole perché questo è il nome del primo film da me scelto. La pellicola, datata 1977, con la regia magistrale di Steven Spielberg – reduce da“Lo Squalo” che lo aveva consacrato come regista affermato e di successo al grande pubblico – è una pietra miliare del cinema e film cult di questo genere.
Questa pellicola, di tutt’altro genere, non deluse le aspettative e fu campione di incassi ai botteghini, vincendo anche due premi Oscar per la miglior fotografia e miglior montaggio sonoro. Il film racconta di un primo contatto degli extraterrestri con gli umani, preceduto da diversi avvistamenti UFO in tutto il mondo, e in particolare da alcuni abitanti nello Stato del Wyoming. Tra questi vi sono Roy Neary, addetto al controllo delle vie elettriche, e Jillian, madre del piccolo Barry che, al contrario della mamma, appare divertito da queste strane presenze che nella notte fanno animare i suoi giocattoli. Roy e Jillian dopo questi avvistamenti rimangono scottati (nel vero senso della parola), e sono ossessionati da un’immagine, mentre il piccolo Barry è attratto dallo splendore delle navicelle e da queste strane presenze tanto da venirne rapito, anche in questo caso nel vero senso della parola. Intanto lo scienziato francese Lacombe e il suo interprete stanno da tempo studiando e osservando il fenomeno degli UFO a seguito di sparizioni misteriose e strani avvistamenti e una melodia ripetitiva che li accompagna. Questo film ha una narrazione lineare e assomiglia più ad una fiaba. Gli alieni vengono in pace; vogliono solo avere un contatto con gli umani e poterli conoscere da vicino: quella semplice melodia di cinque note che risuona a ogni incontro corrisponde al loro “ciao”. Gli scienziati e i due protagonisti riescono alla fine ad avere un contatto con gli alieni e a ricambiare il loro saluto trasformando la sequenza di note in dei gesti semplici, traendo ispirazione dal metodo Kodaly che insegna la musica ai bambini accoppiando ogni nota ad un gesto. Che gli alieni si mostrino ai terrestri per un motivo ben preciso?!
Arrival, un film del 2016, diretto da Denis Villenueve, sembra suggerire questa ipotesi. Anche qui gli alieni non hanno fini malvagi verso la Terra e i Terrestri, ma le nazioni non sembrano avere la pazienza di cercare di interpretare il loro linguaggio e il messaggio che vogliono dare e sono pronti a distruggere le navicelle sparse nel mondo. I linguisti di ogni nazione cercano di decifrare gli strani segni circolari e palindromi degli “etapodi” con risultati diversi ed ambigui che alimentano lo stato di allerta e di tensione. L’esperta linguista Luise Banks, empatica e coraggiosa, riesce ad avvicinarsi a loro e a comprendere questo linguaggio, comunicando infine con loro. Luise è aiutata dal fisico Ian Donnelly, che le rivela che, dietro ai migliaia di simboli ciclici proiettati, vi è un significato che occupa uno specifico “spazio-tempo”. Grazie alla comprensione di questo dettaglio importantissimo, attraverso dei flash della memoria, Luise scoprirà il perché della venuta aliena. Entrambi i film, seppur di stili ed epoche diverse, mi sono piaciuti molto, e ciò che mi ha colpito è proprio la ricerca e il tentativo di comunicare con gli alieni, poiché come suggerisce la linguista Luise “la lingua è il fondamento della civiltà, il collante che tiene insieme un popolo, e la prima arma che si sfodera in un conflitto”.
Il terzo e ultimo film sul genere fantascientifico da vedere o rivedere è indubbiamente Armageddon, un cult degli anni ‘90, che fu aspramente criticato da esperti del settore. È stato trasmesso pochi giorni fa in tv e considerata la minaccia della caduta del meteorite dello scorso 29 aprile, ho pensato fosse il momento giusto per vederlo. In questo caso, però, il regista Michael Bay e i suoi sceneggiatori hanno un tantino esagerato.
I meteoriti che hanno colpito la Terra sono tanti, con dimensioni che variano “da una pallina da tennis o di un’automobile”. Inoltre il direttore della NASA Dan Truman confessa al presidente degli Stati Uniti che c’è un asteroide delle dimensioni del Texas in avvicinamento sulla Terra. Sono solo 18 giorni a disposizione per elaborare un piano prima che questo si schianti e non lasci traccia di vita umana. Così, dopo l’analisi di vari esperti (alcuni meno), l’unico piano che si dimostra davvero efficace è quello di trivellare l’asteroide ad una profondità di 800 piedi per poi farlo esplodere con una bomba atomica. La riuscita non è per nulla scontata, soprattutto se questa delicata missione viene affidata non ad astronauti esperti, ma ad una squadra di trivellatori di basi petrolifere capeggiata da Harry Stamper. La suspense tiene viva l’attenzione di questo film, in cui si susseguono molti imprevisti, decessi e qualche colpo di scena. Non mancano le battute, i sentimenti e la meravigliosa colonna sonora degli Aerosmith che rendono la trama apocalittica meno assurda.
Nonostante non sia amante del genere, non posso che suggerirvi di vedere oppure rivedere questi film e di addentrarvi in un genere cinematografico che può essere sorprendente e imprevedibile. Se non altro per scongiurare la “piaga” della Covid-19 e ricordarci che nel mondo potrebbero accadere catastrofi ben peggiori.