“Questa società è tutta da cambiare e noi la cambieremo!”
(tratto dalla pellicola di Muccino, Come te nessuno mai).
E’ iniziata ed è anche già terminata la stagione delle occupazioni nelle scuole italiane.
Quest’anno però, gli studenti e i giovani di oggi ci hanno concesso un lascito che a mio avviso assume dei connotati incredibilmente importanti al punto che ritengo debba entrare, con il suo eco, nelle menti e impregnarsi nella coscienza di ogni cittadino.
Prima di entrare nel merito e darvi prova di quanto asserisco, mi preme fare una breve premessa.
Ottobre duemiladiciotto, le scuole vengono occupate e nello specifico Roma pulsa di studenti in rivolta.
Duemiladiciotto, esattamente cinquant’anni dopo il famoso “sessantotto” che ha cambiato o quanto meno segnato la storia italiana.
Il Sessantotto e il sogno di un “mondo diverso”
Nell’anno in cui Sergio Endrigo vince Sanremo con Canzone per te, nell’anno degli Azzurri campioni d’Europa, molti ragazzi italiani, come quelli di tutto l’occidente, vogliono creare “un mondo diverso” e buttar giù il cosiddetto “sistema”.
E infatti nelle università di molti paesi scoppia una contestazione studentesca di portata storica che da’ luogo ad un vero e proprio scontro tra le vecchie e le giovani generazioni. Il movente che da’ vita alla contestazione deve rinvenirsi alla fine degli anni 50, periodo storico in cui l’Occidente si forgia di uno sviluppo economico straordinario e soprattutto migliaia di giovani affollano le università, privilegio che fino a pochi anni prima era per pochi.
Iniziano quindi le richieste degli studenti per ottenere riforme nella didattica: i giovani vogliono avere un ruolo più attivo nella gestione del sapere ma ottengono un rifiuto netto dalle autorità accademiche. Allora le proteste degli studenti, che escono presto dai confini delle università, si fondono con il movimento pacifista che chiede il ritiro delle truppe statunitensi dal Vietnam, teatro di una sanguinosa e terribile guerra. Contestualmente si sviluppa negli USA la lotta per i diritti civili della comunità nera, che da’ i nativi ai gruppi di lotta come le Black panthers, le “pantere nere”.
Sono gli anni in cui i giovani diventano un fronte unico contro il mondo degli adulti, di cui non riconoscono l’autorità. L’obiettivo è costruire un mondo diverso: dilagano il pacifismo e l’uguaglianza, si difendono le minoranze e nasce la contestazione della società dei consumi. Ovunque, i contestatori si identificano negli stessi ideali, ed esprimono anche nel modo di vestire la loro volontà di rompere con il passato.
I moti del ’68 si placano progressivamente nel giro di pochi anni: “hanno contribuito a rendere più aperta la società, e a far nascere la categoria sociale dei giovani, che prima di allora erano consideranti degli adulti non ancora maturi.” Ma il Sessantotto lascia anche un’altra eredità: alla messa in crisi del sapere accademico non segue infatti la nascita di una nuova cultura, in grado di rispondere agli interrogativi del nostro tempo. Resta così campo libero per la comunicazione di massa, capace di raggiungere grandi numeri di persone, ma portatrice spesso di messaggi effimeri.
In Italia, invece, la diffusione del movimento giovanile fu per molti versi prodotta dal fallimento dei progetti riformistici messi in atto dalla Democrazia cristiana e dal Partito socialista con i governi di centrosinistra. Il sistema scolastico italiano e quello universitario, inoltre, erano molto arretrati e inadatti a una società in rapida evoluzione; era il periodo in cui i giovani operai del Sud, immigratinelle grandi città del Nord, vivevano in condizioni di grave disagio. Si innescò, quindi, un’ondata di contestazione politica e sociale, prevalentemente operaia e studentesca, che in anni successivi non tardò a degenerare in estremismo e violenza.
Nello specifico, nel 1966 il giornale studentesco del liceo Parini di Milano, La Zanzara, pubblicò un’inchiesta sulla libertà sessuale e i redattori Marco De Poli, Claudia Beltramo Ceppi e Marco Sassano e il preside dell’Istituto vennero processati. Nel 1967, furono occupate prima Palazzo Campana a Torino, poi la Cattolica di Milano, e poi a febbraio del 1968 venne anche occupata la facoltà di lettere a Roma. La contestazione è uscita poi nelle strade ed è arrivata nelle fabbriche. L’onda lunga che ha visto sollevarsi tutte le Università italiane è arrivata con un corteo di protesta l’1 marzo a Valle Giulia, sede della facoltà di architettura.
Il sessantotto viene ricordato come l’anno delle speranze e dei sogni, è l’anno in cui viene assassinato Kennedy, l’anno in cui muore Martin Luter King, l’anno in cui vengono sventolate all’unisono le bandiere dell’utopia.
Cos’ha lasciato il Sessantotto
Il Sessantotto probabilmente ha lasciato tracce di cui oggi noi giovani non ci rendiamo conto.
Il Sessantotto è quel qualcosa di cui si è sentito parlare ma di cui non si sa nulla nel dettaglio, perché non fa parte del programma scolastico e non viene quasi mai contestualizzato nelle ore di storia e se non se ne parla a casa allora è un periodo storico come tutti gli altri.
Tuttavia, occorre ammetterlo, dopo quegli anni di rivolta nulla è più stato come prima. E ora, a mezzo secolo dalla contestazione che ha fatto il giro del mondo, si continua a discutere del suo significato.
E’ stata una rivoluzione senza precedenti: riuscita o fallita, non si è ancora capito, ma quel che è certo è che ha cambiato lo stile di vita, ha unito nella lotta studenti e operai, modificato il diritto di famiglia, visto nascere il femminismo e lo statuto dei lavoratori.
Il paragone può apparire forzato o inconcludente poichè gli stili di vita dei giovani di oggi sono ormai completamente differenti da quelli dei giovani di cinquant’anni fa, però, nelle esperienze che di recente hanno avuto luogo nelle scuole del comune capitolino, ho ritrovato qualcosa- forse una fonte di rabbia, di riscatto-, che era tipico dell’animo dei sessantottini.
Ed ecco che arrivo al cuore del mio discorso: vorrei che leggeste il manifesto redatto dagli studenti del Liceo Tasso di Roma, occupato lo scorso novembre.
Gli studenti hanno espresso in maniera ineccepibile e addirittura estremamente concisa e complessa per degli studenti di scuola superiore (come potrebbero eccepire in tanti) dei pensieri che dovrebbero avere dimora in ognuno di noi.
COMUNICATO OCCUPAZIONE LICEO T.TASSO, 20/11/18
“Oggi, 20 novembre, un gruppo di studenti e studentesse del liceo Torquato Tasso di Roma, in seguito ad una votazione svoltasi in una seduta del Collettivo Politico Tasso, ha deciso a maggioranza di voti di occupare la scuola.
Dopo numerosi e approfonditi dibattiti il corpo studentesco si è mostrato favorevole ad aderire alla piattaforma di protesta già seguita dai licei Mamiani, Virgilio, Socrate, Albertelli e Righi, con le loro occupazioni, in opposizione ai primi provvedimenti attuati dal governo insediatosi a seguito delle elezioni del quattro marzo.
In primo luogo, esprimiamo il nostro dissenso riguardo alle politiche economiche e sociali.
Ribadiamo ancora oggi con forza che il sistema configurato a scaglioni progressivi debba essere il tratto fondamentale del sistema di tassazione.
Ribadiamo anche energicamente come la Repubblica Italiana sia fondata, come si evince dal primo articolo della nostra Costituzione, sul lavoro e sulla dignità del lavoratore. Dignità svilita o addirittura cancellata da una forma di sussistenza sociale quale il reddito di Cittadinanza.
In secondo luogo dimostriamo il nostro dissenso al Decreto Scuole Sicure. Decreto che in malafede confonde la sicurezza nelle scuole con un controllo militare degli studenti. Tutto questo attuato al costo di investimenti molto onerosi che potrebbero essere indirizzati alla risoluzone dei veri problemi della sicurezza.
Una scuola è sicura quando non cade il cornicione, una scuola è sicura quando d’inverno funziona il riscaldamento: una scuola è sicura quando è in tutto e per tutto a norma.
Inoltre ci opponiamo con forza al Condono, ennesima manovra che finisce per nutrire una criminalità fin troppo presente nel nostro Paese. Esso stabilisce un prezzo alla legalità, permettendo ai più abbienti di agirarla con facilità e con il favore della legge. Riteniamo parimenti che si tratti di una “mazzetta” richiesta dallo Stato.
Ci schieriamo altresì contro alla demagogia del governo Gialloverde, che continuamente strumentalizza e demolisce la solidarietà umana, trasformando in criminali coloro che cercano di dare dignità a tutti. Dignità alla vita di migranti, esseri umani, che, fuggendo da guerre, povertà, fame, passano poi come capri espiatori di tutti i mali del Paese. Esprimiamo quindi la nostra vicinanza al sindaco Mimmo Lucano, ed al centro Baobab (come alle altre strutture occupate prese di mira dalla “Giustizia”).
Con questo atto forte e deciso gli studenti vogliono dimostrare, oltre che la loro coscienza politica, il proprio dissenso alle politiche esecutive portate avanti dal governo ed in particolare dal Ministero degli Interni.
Con quest’occupazione noi studenti del Tasso, intendiamo lanciare un appello allo Stato, ai cittadini e a noi studenti stessi:
Riteniamo infatti che il cambiamento sia nel dare dignità al lavoro, nel rendere valore alla vita umana, nell’investire sull’efficienza delle strutture sanitarie, e dei trasporti: il cambiamento è nell’investimento sulla Scuola Pubblica.
Durante il periodo di occupazione verranno offerti agli studenti assemblee politiche e corsi sulle materie d’indirizzo, tenuti da studenti universitari e da professori. Allarghiamo inoltre l’invito ai docenti del liceo Tasso, ad aderire alla nostra azione. Essi darebbero spessore alla protesta con le loro lezioni aperte a tutti gli studenti. Non intendiamo infatti questi giorni come un buco di tempo in cui riposarci, vediamo al contrario quest’occupazione come una piattaforma in cui noi studenti possiamo portare avanti un discorso di contestazione fondata sullo scambio tra di noi e sulla cultura portataci dai docenti.”
Ecco allora l’impersonificazione, credo, di un movimento sociale e politico di protesta per i diritti civili, che ha rivelato le contraddizioni della società odierna e dei rappresentanti che la governano.
I ragazzi del Tasso, il miglior liceo classico di Roma secondo la classifica 2018 della Fondazione Agnelli, sono riusciti a entrare a scuola alle 22.30 di martedì 20 novembre.
Dopo Mamiani, Virgilio, Socrate, Righi, Albertelli, il Tasso è stata la sesta scuola ad essere occupata. Gli studenti quest’anno incredibilmente hanno dichiarato di aver voluto occupare non contro il proprio corpo docente, né contro il preside, “ma contro il governo, la sua scarsa attenzione nei confronti della scuola, la chiusura dei porti e le politiche di repressione“.
E’ di nuovo il Sessantotto?
La coscienza consapevole di questi studenti è disarmante.
La rabbia che emerge dalle loro parole è però un grido di speranza, una speranza che non deve abbandonarci e di cui dobbiamo andare fieri.
Questi ragazzi si ribellano alla nostra società che continua imperterrita ad osservare stupita il dissenso dei giovani, che finge di non capire le ragioni delle nostre continue contestazioni, che è impietrita e che rimane inerme e si abbandona alla rovina.
Perché un governo che conduce le manovre politiche in tal senso (come raccontate nel manifesto allegato) rappresenta – attualizzando le parole usate dallo storico Herbet Marcuse ne “L’uomo ha una dimensione” – “il quadro di una società dove regna un’apparente tolleranza e democrazia ma in realtà è una società che non lascia spazio a modi di pensiero e di vita alternativi”.
Spesso sentiamo dire che i giovani di oggi sono disinteressati, che non collaborano alle vicende attuali e non conoscono gli istituti su cui si fonda la nostra costituzione e la nostra legge tutta.
E invece no: i giovani di oggi hanno fiutato il regime di terrore che qualcuno sta cercando di imporre silenziosamente in Italia, patria dei diritti civili, sede che ha dato i natali alla Costituzione più garantista e più bella al mondo, e hanno deciso in qualche modo di farsi sentire.
E non hanno avuto paura di essere zittiti perché sostenitori di una politica contraria a quella che governa.
Nel manifesto i ragazzi del Tasso esplicitano a cosa sono contrari, e rendono edotti i loro “avversari” del fatto che loro sanno, che loro non stanno occupando per perdere tempo: vogliono confrontarsi e trovare una soluzione all’imminente declino.
Vogliono combattere. Ma non con scioperi, aggressioni, rivolte improntate alla violenza.
No.
Per fortuna gli studenti hanno capito che l’unico trucchetto da usare contro la politica di oggi è solo uno: è la conoscenza.
È il sapere, è lo studio.
È lo strumento offerto dalla scuola – se e quando funziona– la bomba atomica nelle nostre mani, l’unica arma che abbiamo a disposizione per reagire.
I nostri padri costituenti ci hanno riconosciuto dei diritti, e non è giusto vederli usurpati o anche minimamente scalfiti.
Abbiamo vissuto, come paese, dei momenti tristi e duri nella nostra storia, abbiamo superato due guerre mondiali, abbiamo sconfitto un regime, abbiamo avuto un boom economico e ora stiamo ritornando ad essere il paese ignorante e manovrabile che eravamo secoli fa.
Per fortuna questo a noi giovani non piace, non ci va bene.
Dire che questi ragazzi, protagonisti di un episodio isolato, possano cambiare tout court le cose è esagerato.
Sapere, però, che esiste la consapevolezza che è necessario fare qualcosa e covare la speranza per cui noi giovani continuiamo ad informarci e non ci facciamo abbindolare dall’eloquenza politica nonostante alcuni esponenti del governo tentino in continuazione di distruggere il nostro interesse e la nostra conoscenza, è un ottimo risultato.
E’ vero: qualcuno può definirli (e definirmi) fautori di un prezioso idealismo. Si potrebbe dire che questi sono sogni, teorie irrealizzabili, progetti di vita politica che non possono più trovare dimora ai giorni nostri.
E’ triste pensare che credere ancora nei valori e in alcuni ideali politici e sociali – al di fuori di ogni contesto partitico – sia fonte di un idealismo sconsacrato.
La politica degli ultimi anni ha distrutto tutte le speranze che nascevano insieme alla democrazia, insieme alla vox populi e all’affermazione dei diritti e doveri del cittadino.
Chiamatemi idealista, visionaria, sognatrice, ma non voglio credere che sia del tutto impossibile la ricostruzione di una dignità nazionale agli occhi degli altri paesi ma soprattutto nei confronti di noi stessi, nei confronti di ogni cittadino italiano.
Mi associo, quindi, ai ragazzi del Tasso e rivolgo ai miei coetanei il medesimo appello: bisogna continuare a dire la nostra, bisogna continuare a dare la nostra disapprovazione, è necessario farci sentire.
Dobbiamo essere dissenzienti all’occorrenza ma dobbiamo essere capaci di spiegarne il perché e di proporre una soluzione.
Dobbiamo essere noi, i giovani, la soluzione.
E’ necessario continuare ad essere quel mondo in rivolta che anche se sembra spento, attaccato e osannato, non ha mai smesso di far discutere.
Martina, sempre la più piccola dell’annata ‘94, laureata LUISS in Giurisprudenza, si definiva ad otto anni “simpatica, anche se i miei fratelli dicono che parlo troppo. Sono una persona responsabile, riflessiva, apprensiva, equilibrata, e molto sensibile, ma soprattutto un po’ pettegola. Sono allegra, divertente e socievole, mi piace stare in compagnia per scherzare, giocare e raccontare barzellette.” Da allora le cose non sono cambiate: parla sempre tanto, pensa sempre troppo e rimane la solita rompi scatole.Va sempre di corsa, non sa stare ferma e forse mostra troppi denti quando sorride.Ama emozionarsi con le piccole cose e cerca in ogni momento un motivo per sorprendersi.E’ un’inguaribile romantica e a volte, a furia di stare con la testa fra le nuvole, rischia di cadere in qualche burrone, dal quale però, trova sempre la forza di rialzarsi!