Dati per scontato: la diffidenza che affossa Immuni

Siamo circondati da strumenti tecnologici che raccolgono ogni informazione possibile su chi li utilizza. Non certo per ossessivo voyeurismo, ma per business. E non ne fanno mistero alcuno. Google e Facebook da soli riescono infatti a raccogliere un quarto del budget pubblicitario speso a livello planetario e circa i due terzi se ci si limita a quello digitale. Dati che ovviamente subiranno un ulteriore rialzo per via della digitalizzazione da lockdown. La fonte di questa immensa fortuna risiede proprio nei dati che, raccolti in forma aggregata, vengono successivamente elaborati per offrire una targettizzazione impareggiabile del messaggio pubblicitario.

Questi Big Data, definiti non a caso come “il nuovo petrolio”, non sono altro che la sommatoria di ogni azione che compiamo su queste piattaforme: quindi, all’atto pratico, ogni ricerca su Google, ogni like su Facebook, ogni tramonto su Instagram e ogni sculettata su Tik Tok sono molecole di un organismo informativo che determinerà se e come vedrete una determinata pubblicità.
Vale in definitiva il detto <<Se non paghi per un prodotto, allora il prodotto sei tu>>. E la cosa sembra starci bene.

Il castello di carte crolla però bruscamente quando viene si parla delle tanto bistrattate app di tracciamento Covid-19, che nel nostro paese è stata battezzata Immuni. In questo caso, parliamo di un’app che offre vantaggi evidentissimi alle popolazioni in cui circola il virus, come avvertirti se sei stato a contatto con un caso accertato di Covid. Il tutto, senza chiedere praticamente nulla in cambio, se non lo sforzo sovrumano di scaricarla dallo store e buttarla nel mucchio, dove comparirà magicamente a fianco di Candy crush e l’app per vedere come staresti invecchiato o se fossi nato del sesso opposto.
I dati raccolti peraltro non vanno da nessuna parte, ma vengono conservati “in locale” nei singoli dispositivi. Il sistema infatti traccia usando la sola tecnologia Bluetooth i contatti di prossimità tra smartphone dotati della stessa app. Solo qualora un utente dovesse risultare positivo – e solo a seguito di sua esplicita autorizzazione – verranno inviate notifiche alle persone con cui egli è stato in contatto e si potrà richiedere un tampone. Nulla di più semplice.

E invece no.

I dati di diffusione sono a dir poco sconfortanti. A fronte di una soglia minima di funzionamento pari al 60% del campione nazionale, in Italia è stata scaricata ad oggi solo da 4 milioni di persone: meno del 7%. Non è andata troppo bene nemmeno ai nostri cugini delle altre nazioni europee. Tra casi di moderato successo, come la Germania ed il suo circa il 15% di adozione, e flop clamorosi come quello avvenuto in Gran Bretagna, dove è stata ritirata perché impazziva e segnalava contatti a caso. Nel complesso, la media UE si assesta su un non certo entusiasmante 10%. Non che non vi siano da rintracciare responsabilità anche da parte delle istituzioni. Tornando in Italia, è fuori di dubbio che la lunghissima gestazione dell’app, passata per una call ministeriale, una ennesima task force da soli 74 esperti e un rifacimento pressoché totale, ha portato alla sua presenza negli store solo a partire dal 15 giugno scorso, vale a dire oltre tre mesi dopo lo scoppio della pandemia, e quando ormai imperversava l’irresponsabile sensazione di scampato pericolo. Di scarsissimo aiuto anche la concorrenza delle singole app regionali, che comunque non brillano per adesione.
Non si può tuttavia ignorare come il fattore centrale che ha disinnescato le potenzialità di Immuni sia da attribuire dall’insensata diffidenza che si nutre verso tutto ciò che proviene dallo Stato.
Abbiamo vissuto per mesi in uno stato di cattività forzata. Soffriamo ancora oggi la paura del contatto altrui e il limbo generato dall’impossibilità di realizzare programmi a lungo termine. Nulla però sembra in grado di scalfire questo male atavico.

Meglio a questo punto un sano lamento ululato, possibilmente se postato in caps lock su qualche social network. Dati ben spesi.

Già pubblicato su L’Altravoce dei Ventenni – Quotidiano del Sud 13/7/2020

Fabio Bartolo
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