Nel cuore della Basilicata esiste un paese che è spopolato non solo in questo periodo di quarantena forzata. Non circola nessuno nè a piedi, nè tanto meno in macchina e non c’è bisogno di mascherina, semplicemente perchè le persone non esistono. La strada che conduce verso questo paese fantasma è sgombra anch’essa e, curva dopo curva, mostra un paesaggio unico. Sembra di essere catapultati dentro un quadro; le pianure incontaminate e i calanchi sabbiosi si estendono a perdita d’occhio e i colori vivaci dei prati suggeriscono che la terra è rimasta ferma nel tempo mantenendo la sua naturale bellezza.
Il paese fantasma si chiama Craco, ma non si può definire certo privo di vita, poiché attualmente è abitato da animali. Si tratta di un paese in cui mi sono imbattuta per caso navigando in rete e che ho potuto conoscere e ammirare nell’ultimo periodo, prima che i viaggi diventassero un lontano ricordo. Il nome Craco si abbina perfettamente a questa “ghost town” ed evoca rimandi di storie fantastiche. Il termine, risalente al X secolo, viene dal latino graculum (cornacchia) e richiama l’immagine di un posto disabitato e spettrale, dove l’unico rumore è il gracchiare stridulo degli uccelli. Ma il paese che fu non si poteva certo definire desolato o morto e le rovine delle case, quelle che invece ancora resistono, i ciottoli sparsi sul terreno, la chiesa, i palazzi e la torre che domina dall’alto, raccontano la vita di Craco nei secoli di storia. Purtroppo sono poche le costruzioni che si sono mantenute in piedi, salde a un terreno che, negli anni, ha mutato la sua forma e consistenza, incapace di sostenere il peso che si è abbattuto, segnando così, per sé e i suoi abitanti, una sorte irreversibile.
Il giorno scelto da me e il mio fidanzato per visitare questo paese è stato il 14 febbraio, San Valentino, perché nulla è più affascinante e suggestivo per me come conoscere posti particolari e ricchi di storia. Così, dopo un breve acquazzone che stava mettendo a repentaglio la nostra visita guidata, il sole ha fatto capolino permettendoci di varcare l’entrata e di cominciare l’esplorazione. Attraverso un percorso in sicurezza iniziato nel 2011 con il piano di recupero del borgo, muniti di caschetto e con l’accompagnamento di una guida della cooperativa di Craco Museum, ci siamo potuti addentrare per le stradine tutte in salita che i crachesi percorrevano decine di volte al giorno (sicuramente con maggiore agilità). Abbiamo attraversato quella che fu la piazza principale, il palazzo del comune a la chiesa madre di stampo barocco che ha mantenuto la sua struttura e il campanile. Abbiamo poi sbirciato all’interno delle case, grandi poco più di una stanza, in cui vivevano famiglie numerose e dove, in mancanza di stalla, il poco spazio era condiviso con gli animali. Siamo infine giunti alla torre normanna, che negli anni della guerra ebbe la funzione di prigione, per poi contenere un’enorme cisterna che portava l’acqua in tutto il paese. Dalla stanza adiacente, dedicata all’armeria, è possibile godere di una vista impareggiabile della valle e delle distese di calanchi, che farebbero invidia ai ben più famosi calanchi statunitensi nelle bad lands del Sud Dakota.
Craco è stata abbandonata nel 1963 dopo una frana che ha sancito definitivamente l’inagibilità del posto. I Crachesi hanno dovuto a malincuore lasciare le proprie abitazioni e tutti i loro beni, spostandosi a circa 20 km di distanza nella località di Craco Peschiera. È ammirevole quanto fatto finora dal comune per riportare alla luce un passato che altrimenti andrebbe perduto, soprattutto dalle persone della cooperativa che, con passione e anche un po’ di pazienza, accompagnano scolaresche distratte e turisti provenienti da tutte le parti del mondo (che si moltiplicano di anno in anno), per queste vie dissestate, raccontando la bellezza di un luogo che molti film hanno messo in luce, da “Cristo si è fermato ad Eboli” del 1978 di Francesco Rosi a “The Passion” di Mel Gibson nel 2004.
Ritroviamo qui la bellezza di un paese florido ma nello stesso tempo umile, che ha dovuto fare i conti con la ribellione della natura e di cui ora proprio la natura si è reimpossesata. Gli alberi e le piante crescono rigogliosi all’interno delle case e della chiesa madre, altri spuntano dai balconi. Gli asini e le capre pascolano liberi nel paese e ogni sera ritornano nella stalla. La flora e la fauna coesistono nel paese in totale libertà dando un nuovo volto al borgo medievale di Craco, ricordando a tutti che ciò che è vivo nella memoria del passato e nella bellezza del presente non muore mai.
E tra i posti che ci attendono in futuro, Craco e i paesaggi circostanti meritano sicuramente una visita.