Quando si parla di relazioni amorose, ciò che sentiamo dire spesso è che non sono più durature come prima, che il vero amore, quello appartenente ai tempi dei nostri nonni, non esiste più, che i giovani in questo periodo storico, sono frivoli. Ma sarà davvero così, oppure è la nostra percezione dell’amore che è stata sporcata?
Innanzitutto, la più grande bugia che possiamo raccontarci è che “l’amore non esiste”. Dire questo è come nascondersi dietro un dito, molti studi hanno acclarato che anche nel mondo animale ci sono dinamiche di infatuazione verso un singolo soggetto. L’università di San Diego ha studiato recentemente come il comportamento dei moscerini sia modificato da una singola molecola che, dopo i pasti, li spinge a sceglier un partner, corteggiarlo e accoppiarsi. La sussistenza di amore e innamoramento è stata provata su un piano biochimico. Infatti, quando sentiamo di “aver perso la testa”, non siamo impazziti e non abbiamo preso un abbaglio: il nostro corpo è in balia di noradrenalina, dopamina e feniletilamina, gli stessi neurotrasmettitori che si attivano in persone con dipendenze da sostanze stupefacenti. Un gruppo di ricercatori di Pisa ha anche provato che, durante l’innamoramento i livelli di testosterone si alzano nelle donne e si abbassano negli uomini (si spiegano così i luoghi comuni sulla donna che prevale sull’uomo nella relazione). Se tutto va bene, questi neurotrasmettitori lasciano poi spazio ad altre sostanze meno “eccitanti” ma necessarie per vivere assieme: ossitocina e vasopressina. Tramite queste due sostanze, scaturite prevalentemente da carezze e vicinanza, siamo in grado di prenderci cura di chi ci sta accanto.
Non dovremmo, allora, essere tutti felici e contenti una volta trovata una persona affine a noi scientificamente?
Sarebbe così se la società in cui viviamo fosse strutturata su un piano pragmatico della vita. Siamo impazienti, tutto scorre velocemente così come noi, sui social, scorriamo le immagini (quasi sempre alterate) di persone che invidiamo. Pat Benetar canta “l’amore è un campo di battaglia”, ma se la battaglia fosse dentro di noi? Dare la colpa ad uno smartphone sarebbe stupido, quel che ci manca, è il contatto con la realtà; abbiamo a disposizione un livello di tecnologia enorme ma siamo pessimi fruitori: invece di sfruttare questo beneficio per allargare le nostre vedute, abbiamo iniziato a nasconderci in un angolo e lamentarci. Diciamo che le relazioni sono brevi e evanescenti, ma siamo noi a scarnificare ogni emozione fino a farne rimanere inconsistenti filamenti e a creare escamotage per non farci del male.
La psicologia spiega che “scappare dal dolore” è una vera e propria strategia di fuga; ne esistono molti tipi, ma parlando di relazioni sentimentali, questo, oggi avviene sempre di più, nel momento in cui sono evidenti i (piccoli, talvolta) lati negativi dell’altra persona. Non siamo disposti ad allenare la nostra empatia e stare accanto a qualcuno ma scappiamo da ciò che potrebbe fare del male a noi, ed ecco uno dei motivi per cui le relazioni a volte appaiono appunto “brevi ed evanescenti”: per colpa nostra.
Tra le persone più giovani, inoltre, un fattore decisivo è anche il pessimismo: viene sottovalutata questa attitudine che aumenta la disposizione di considerare gli aspetti peggiori della realtà facendo caso esclusivamente alle cose che reputiamo “preoccupanti” nell’altro. Gli psicologi affermano che il pessimismo sia figlio, oltre che di altre patologie, di una scarsa autostima (e possiamo ricollegarci all’utilizzo smodato e scorretto dei social) e che fare questi pensieri aumenta in noi il dolore emotivo. Per cui, anche cercando di fuggire ci causiamo sofferenza, non sarebbe più semplice fare un lungo respiro e iniziare ad accettare la realtà?
In questi ultimi anni sono diventate sempre più celebri pratiche come yoga, mindfulness, in generale meditazione, e tutti dicono di star “lavorando su se stessi”. La difficoltà di questo lavoro però spesso risiede nel lavoro stesso: complichiamo tutto cercando di migliorare la nostra vita. Non si possono dare risposte certe, considerando la soggettività di ognuno, ma possiamo attestare che provare a spogliarci dalle costruzioni che ci siamo creati, comunicare, smetterla di fare ghosting, di filarcela, e accogliere l’amore, con tutto il dolore che potrebbe portarsi dietro poiché gioverebbe alla nostra vita e forse potremmo avere davvero una relazione sana e duratura con la persona che scegliamo. Basterebbe provare.
Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni