Zenith, l’associazione che aiuta i giovani a riscoprire l’impegno civile

Gli ultimi anni sembrano aver segnato un netto allontanamento dei giovani dalla politica: disinteressata e disillusa, una percentuale molto alta di studenti e neolaureati presta poca attenzione agli scenari politici, economici, sociologici. Ad indagare le cause, suggerendo risposte, arriva Zenith , l’associazione che scopriamo oggi dalle parole di Guglielmo De Simone.

Com’è nata l’idea di Zenith? E come mai l’idea di un laboratorio inerente tematiche come politica ed economia in un periodo così controverso?

Con Zenith abbiamo cercato di riattivare una forma di impegno civile a-partitico all’interno di un ambiente universitario internazionale. Probabilmente sono proprio le criticità storiche che si sono delineate in questi anni ad averci dato la motivazione per agire. Pensiamo che sia importante costruire spazi di confronto pre-ideologico, in un periodo in cui il mantra dominante è l’abbandono di ogni ideologia. Invece che prendere atto di un superamento del “vecchio” in favore di un “nuovo” molto vago, per noi il punto è contribuire a un processo politico e culturale attraverso l’attivazione di energie che non trovano sbocchi. Questo sarà un fattore determinante per affrontare con successo le sfide del futuro: globalizzazione e innovazione tecnologica, ma soprattutto la trasformazione dei caratteri, delle competenze e delle intelligenze dei giovani rispetto alle generazioni precedenti.


Quale lo scopo dell’attività di Zenith?

Lo scopo di Zenith ha strettamente a che fare con le ragioni della sua nascita, quindi la creazione di un dibattito pre-ideologico all’interno e all’esterno dell’associazione. 
Più nel pratico ci diamo da fare organizzando eventi culturali, curando un blog e ritrovandoci per parlare di temi di attualità o di interesse comune, come cambiamenti climatici, lavoro, Europa.


I vostri post sono tutti in lingua inglese: come mai?

Zenith nasce all’interno di un contesto universitario internazionale, come tale include individui di diverse nazionalità che traggono beneficio dall’utilizzo di un’unica lingua comune. In questo senso l’uso dell’inglese è una necessità operativa piuttosto che una scelta estetica o linguistica particolare.

Si dice che le generazioni di Millenials e Z siano quanto di più distante dalla politica, dall’economia, dall’attualità. Quale il vostro punto di vista?

Sicuramente rileviamo un calo del coinvolgimento nella vita dei territori, nelle realtà locali, ma non crediamo che alle nuove generazioni importi meno. Al contrario, i giovani hanno una forte consapevolezza di quanto sia importante comprendere le dinamiche reali che determinano scelte politiche ed economiche. Ma come è possibile avere un rapporto autentico con la politica se essa si dà quasi e solo esclusivamente come comunicazione? Non è quindi né disinteresse né pigrizia, ma una forma di frustrazione a cui molti giovani si sono trovati condannati da una politica incapace di creare struttura, coesione e trasparenza: strumenti fondamentali per la partecipazione. D’altra parte, anche le generazioni considerate più “impegnate” sono in difficoltà nel confrontarsi con la fine di un mondo. Noi di Zenith speriamo che possa esserci appello a partire da una trasformazione del mondo dell’informazione e delle strutture politiche, che dovranno essere aperte, più inclusive e umili nel percorso di costruzione del futuro.

Come vedi Zenith da qui a 5 anni?

Rendere l’associazione in grado di perpetuare le sue attività in maniera autonoma sarà uno dei nostri primi obiettivi per il futuro, è la base del successo di ogni organizzazione. In questi anni lavoreremo molto sulle attività e sul radicamento nelle sedi universitarie, cercheremo di coinvolgere altre realtà nel nostro progetto, o di collaborare con altre dalle prospettive simile. Ci piacerebbe costruire qualcosa di duraturo e che abbia una funzione generativa, che crei valore per gli individui e le comunità. Per questo promuoviamo soprattutto forme di partecipazione attiva.