Per le vittime innocenti delle mafie, la giornata della memoria e dell’impegno

A Locri e in 4000 luoghi d’Italia, d’Europa e dell’America Latina, si svolge il 21 marzo la XXII giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, organizzata dall’associazione Libera e da Avviso Pubblico, con l’alto patrocinio del Presidente della Repubblica, in collaborazione con Rai – Responsabilità sociale.

Da quest’anno, le celebrazioni fanno parte del calendario repubblicano italiano -segnando una tappa importante nella lotta antimafia, manifestando così la volontà dello Stato di scendere in piazza con chi – magistrato, poliziotto o semplice cittadino – sogna e lavora per una comunità nuova, più reattiva e responsabile. La giornata è stata preceduta, come di consueto, da una fitta rete di incontri, svoltisi nelle scuole e in altri luoghi pubblici, sottolineando quanto essa sia una tappa di un percorso ancora lungo e non un evento fine a se stesso. Simbolica è stata la scelta di Locri come piazza principale.

Lo scorso 21 gennaio, Mons. Francesco Oliva – vescovo della diocesi Locri-Gerace – aveva dichiarato: “Non poteva esserci luogo più indicato che la Locride per questa giornata. Questa è una terra che ha sofferto e soffre. Questa terra è ancora bagnata di sangue e la Chiesa non può che stare vicino a chi soffre, ai familiari delle vittime innocenti. La Locride piange ancora i suoi figli”. Gli aveva fatto eco Don Ennio Stanile, coordinatore Libera per la regione Calabria: “La città di Locri è stata scelta per ricordare le vittime delle mafie non solo perché c’è stata una richiesta dai familiari, dal territorio e dal vescovo, ma anche perché ci è sembrato giusto che in un territorio che soffre in maniera particolare per la presenza della ‘ndrangheta si dia un messaggio di speranza e si evidenzi che proprio in questo territorio si sta lavorando per il cambiamento”.

Il tema scelto quest’anno è “Luoghi di speranza, testimoni di bellezza”: la lettura dei nomi delle vittime sarà accompagnata da momenti di riflessione, approfondimento e dibattito. Affinché la memoria sia, il 21 marzo e non solo, patrimonio accessibile a tutti. A tal proposito, Don Luigi Ciotti ha sottolineato che “Essere testimoni di bellezza vuol dire non limitarsi a contemplare un ideale di giustizia, ma contribuire a costruirlo con le proprie scelte e i propri comportamenti. La speranza è questo impegno, questa costruzione collettiva”. E ancora: “C’è una Calabria che non accetta di essere identificata con la ‘ndrangheta, con la massoneria, con la corruzione. Una Calabria fatta di persone oneste, operose, accoglienti, impegnate a costruire speranza e cambiamento in realtà laiche e di Chiesa. Libera è lì per loro”.

A Locri è presente Danilo Chirico, scrittore e giornalista, autore di “Dimenticati. Vittime della ‘ndrangheta” (scritto con Alessio Magro e vincitore nel 2011 del premio Indro Montanelli e del premio internazionale Giannino Losardo) e “Il caso Valarioti” (con Alessandro Magro). Lo abbiamo intervistato, a proposito dell’impegno nella lotta alle mafie e dei lavori editoriali. Un impegno, il suo, che nasce dodici anni fa con l’associazione Da Sud, il cui obiettivo è il recupero delle storie della Calabria dimenticate, in particolare la parte di memoria che riguarda le vittime innocenti.

“A mano a mano ci rendevamo conto che non era vero che la Calabria non aveva avuto un movimento antindrangheta, solo che questo movimento non era stato mai raccontato da nessuno. Le vittime innocenti erano tantissime e sono finite in un libro, la stragrande maggioranza delle storie hanno due caratteristiche: la prima è che nessuno le ricordava, la seconda è che molte di queste vittime innocenti non hanno avuto giustizia nelle aule dei tribunali”.

Le storie raccontate tra la prima e la seconda edizione di “Dimenticati” sono centinaia, si arricchiscono via via di nomi e dettagli. Come per la vicenda di una giovane donna della famiglia Pesce che aveva tradito i valori di famiglia fidanzandosi con un carabiniere: né giornalisti, né investigatori, né cittadini avevano memoria di lei. È il vecchio verbale di un pentito a restituircene il nome, rintracciato grazie alla testimonianza della cugina Giuseppina, minacciata di fare “la fine di Annunziata” per i suoi comportamenti. Le difficoltà riscontrate da Chirico derivano dalla rimozione stessa dalla memoria di queste persone, quasi non fossero mai esistite, e dalle lunghe, estenuanti ricerche da effettuare in luoghi solitamente poco frequentati, come archivi di tribunali o commissariati, in cui i documenti impolverati spesso non vengono nemmeno archiviati.

Lo scopo di questo lavoro certosino è la memoria, che per Chirico è “diritto, dovere e pezzo necessario della nostra identità”. A raccontare di dolore, verità e giustizia è anche quest’anno Alfredo Borrelli, figlio di Francesco Borrelli, carabiniere assassinato nella piazza di Cutro nel gennaio 1982. Nella chiacchierata telefonica che abbiamo avuto, è emerso un percorso atipico nell’avvicinamento a Libera:

“La mia storia è un po’ diversa, è come se avessi fatto una circumnavigazione: ho iniziato a fare politica nei tempi in cui a Crotone si manifestava contro la base militare degli F16 nel 1990, avevo 16 anni, e poi quando sono venuto a studiare a Roma ho fatto politica sia in associazioni ambientaliste sia in partiti, ovviamente con una connotazione antimafia intesa come giustizia sociale.

Era come se la parte politica e la parte personale fossero separate in me. Poi nel 2008 ho capito, sono tornato sulla mia parte personale per mettere anche questa al servizio dell’impegno politico; da allora tutte le mie energie sono per Libera. Credo che se c’è una lotta che bisogna fare in Italia in questo momento storico è quella della lotta antimafia, qualsiasi altro tipo di impegno in realtà non può prescindere da quello della lotta alla mafia. E ho pensato che avevo fatto un percorso in cui la mia storia era diventato un patrimonio pubblico perché, come dice Don Luigi, “bisogna commuovere perché poi ci si possa muovere”. Ho impiegato un po’ di anni a capire questa cosa ma sono convinto che partendo dalla propria storia personale si possa essere più incisivi nell’impegno”.

Dallo scorso 1° marzo, la proposta di legge AC 3683 ha istituito la Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Agli occhi più attenti non è sfuggito l’effetto di un discusso emendamento (che reca la firma di Roberto Calderoli) che ha portato alla cancellazione della locuzione innocenti. Una mancanza di cui Chirico non comprende la logica, sottolineando che per i cittadini valga comunque il principio della prima stesura. Per Borrelli,

Le parole sono importanti. Partiamo dal presupposto che tutto quello che ha a che fare con Libera Memoria ha a che fare con le parole, perché la prima cosa che conta è la dignità di ogni persona ad essere chiamata col proprio nome, infatti sotto la dicitura Libera c’è la scritta Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Che una parola avanzi è una cosa che non ci lascia per nulla distratti  ed è una cosa che a molti familiari fa male.

Ci siamo confrontati con i legali di Libera e da un punto di vista di contesto legislativo la vittima in un processo viene considerata sempre di base innocente, mentre da un punto di vista sociale e pratico non è così. Noi facciamo antimafia, ci muoviamo in punta di emozioni, di necessità di verità e giustizia, ma anche la parola innocente è un passo indietro rispetto alla ricerca di verità e giustizia. È ovvio che è la solita vicenda del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, nel senso che siamo contenti che ci sia stata l’istituzione della giornata perché la memoria è un processo selettivo. Ci prendiamo il senso al di là di quello che c’è scritto, non ci pieghiamo alla scrittura proposta da Calderoli. Continuiamo a usare la nostra definizione, ce ne facciamo una ragione”.

Il primo ricordo che Borrelli ha di suo padre riguarda il mare, quello di Bivona (VV), che il padre gli mostrò da un motorino.

“È il primo ricordo che ho come vita, come Alfredo, non solo come Alfredo con papà. Quella distesa è il ricordo della persona che mi ha fatto conoscere il mare che, per un calabrese della Magna Grecia, ha un significato molto speciale. È una cosa che si collega all’infinito e a valori più forti di quelli che ci dà la quotidianità. Con la sua vita, con il suo sacrificio, in realtà è come se mi avesse voluto legare a cose più alte, a valori più alti, e cerco di ricordarlo e portarli ogni giorno nella mia vita quotidiana”.

In questa Giornata che unisce il passato, il presente e il futuro, la memoria e la giustizia, la ricerca della verità e il dolore, le onde del mare di Francesco e Alfredo Borrelli sembrano accompagnare la lettura dell’elenco delle vittime innocenti delle mafie: dai volti dei familiari e dalle storie di questi uomini e di queste donne dobbiamo trarre un insegnamento di libertà così forte da smuovere corpi e coscienze. Affinché la memoria faccia di tutti noi attori creativi e coraggiosi, in grado di cambiare davvero le cose.