Nei momenti difficili, come esseri umani, ci aggrappiamo a ciò che percepiamo come familiare o che ci ricorda un periodo della nostra vita in cui eravamo liberi e spensierati, in cui credevamo nella “magia” e nella bontà degli adulti.
Per questo all’annuncio della maratona di Harry Potter in tv, in piena emergenza coronavirus, ci siamo aggrappati a questo appuntamento settimanale come fossero le uniche ore di svago e spensieratezza che potessimo permetterci e che ora sono più difficili da ritagliare, anche psicologicamente.
Ed è giusto così, non è solo Harry a considerare Hogwarts “casa”, ma tutti noi che nelle pagine e sullo schermo abbiamo lottato, amato e sofferto con lui, noi che abbiamo creduto al discorso di JK Rowling al termine della prima de “I doni della morte parte 2”: Hogwarts will always be there to welcome you home. Ci abbiamo creduto, ci crediamo, perché quella scuola fittizia è diventata il conforto di tutti, coraggiosi, intelligenti, stravaganti, ambiziosi, a prescindere da ceto, capacità e interessi.
L’autrice negli anni ha lasciato intendere che il castello fosse fortezza e protezione per tutti, anche chi si sente diverso e non accettato dalla società, ha rivelato dettagli della saga che non aveva inserito nei libri, alcuni interessanti, altri controversi, uno su tutti la rivelazione che Albus Silente è omosessuale- contestualizzando anche la sessualità alle sue scelte del passato: era innamorato di Grindelwald, per questo non l’ha fermato prima che diventasse il primo mago oscuro della storia.
Tutto molto bello, ma qui si parla di visibilità e una cosa curiosa della visibilità è che vuole essere “visibile” per funzionare e finché un dettaglio non è canon, ossia non compare nei libri, né in opere ufficiali né tanto meno nei film (ci si aspettava che si approfondisse sulla figura di Silente nel secondo film degli Animali fantastici- I crimini di Grindelwald ma, ancora una volta, nulla) non può considerarsi valido.
JK Rowling ha fatto di queste dichiarazioni il suo modo di esprimersi, anche politicamente, ma con l’evolversi dei concetti di diversità e rappresentazione (soprattutto riguardo la comunità LGBTQ+) per essere “alleato” non basta dire che un personaggio è gay, Trump è peggio di Voldemort e Hermione è nera (anche se nei libri ne descrive il viso candido e pallido).
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è caduta in forma di tweet il 19 dicembre 2019, ma per capire i fatti dobbiamo andare più indietro.
Maya Forstater ha presentato un ricorso contro il Center for Global Development e CGD Europe, un gruppo di esperti sullo sviluppo internazionale, dopo aver perso il lavoro come ricercatrice a seguito di commenti su Twitter in cui criticava i piani del governo del Regno Unito di consentire alle persone di auto-identificare il proprio genere.
La Forstater è un membro attivo di un gruppo “femminista” che si definisce trans-escludente, ossia non riconosce le persone trans col genere con cui si identificano, andando in contrasto con i principi del femminismo intersezionale. Persa la causa in tribunale a novembre 2019, tutto ci si aspettava tranne che “zia Jo” sostenesse pubblicamente le sue idee e ne difendesse l’operato. Dagli atti, infatti, si comprende che non sono state solo le idee della Forstater a farla licenziare- per quanto andassero contro l’Equality Act del 2010- ma anche i continui atti persecutori e aggressivi verso i colleghi transgender.
Oltre alle reazioni infuriate di chi ormai si è rassegnato alla demitizzazione della propria autrice preferita, ciò che più ha colpito sono state le reazioni deluse e sconvolte dei fan transgender.
Com’è possibile che la donna che ha contribuito a creare un mondo in cui si sentissero al sicuro, fosse la prima a scacciarli e discriminarli? Come poteva, dopo aver mostrato sostegno alla comunità lgbtq+?
Gli stessi libri che hanno dato loro la forza di essere se stessi, ora si rivelavano come il frutto di una donna bianca e privilegiata che ha perso a tal punto il contatto con la realtà e con la sua stessa fanbase, da permettersi un atteggiamento discriminatorio, cosciente dell’influenza che ha sui giovani e non, che la seguono da anni.
Tuttavia, ciò non riguarda solo la Rowling. Katelyn Burns, transgender, giornalista e attivista, ci fa sapere che si vociferava da tempo che zia Jo sostenesse teorie “gender critical”, per non dire transfobiche, soprattutto a causa di una scena infelice contenuta in “Il baco da seta”, uno dei libri pubblicati sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith. Inoltre, insieme ai primi Act che tutelano l’identificazione di genere delle persone trans, la Gran Bretagna ha registrato un notevole aumento dei gruppi trans-escludenti, soprattutto nei ceti medio-alti. Non dovrebbe stupire quel tweet, dunque ma, visto che si tratta della scrittrice vivente più amata al mondo, fa riflettere.
Joanne scrisse i libri negli anni ’90, la storia di Harry Potter è ambientata a cavallo di quegli anni e man mano che il tempo passa riusciamo a vedere gli elementi immortali del testo ma anche quelli difettati, figli di quegli anni. Non vuol dire sminuire la portata del lavoro o commettere vilipendio verso un oggetto sacro ma, anzi, riprenderlo per espanderlo e renderlo fruibile anche per chi non era abbastanza grande per vedere i film, o addirittura non era ancora nato.
Soprattutto nel periodo tra la pubblicazione dell’Ordine della fenice e il Principe mezzosangue, essendo stato particolarmente lungo, hanno cominciato a diffondersi e proliferare le fanfiction, storie scritte dai fan in cui davano le loro interpretazioni della storia e ne inventavano di nuove. In quel posto sicuro in cui ormai anche loro contribuivano attivamente, anche omosessuali, bisessuali e transgender si vedevano a Hogwarts, un luogo in cui erano finalmente liberi di essere se stessi.
Oltre i dibattiti su quanto siano legati opera e artista, qui si parla di un mondo che ormai trascende i libri e i film, un mondo che è sfuggito alle mani della sua stessa creatrice- per quanto tenti disperatamente di riprenderne le redini al suono di “La palla è mia e ci gioco io!” – e continuerà a esistere e ad allargarsi anche senza il suo contributo.
JK Rowling ci ha deluso, ma Harry Potter no e Hogwarts sarà sempre casa per tutti.