Si sa, noi italiani siamo dei tradizionalisti.
Diciamo anche che l’Italia, almeno finora, non è mai stato un paese per giovani, soprattutto laddove l’apparato tecnologico viene a fondersi con quello dell’economia, del diritto e della cura della res publica.
Siamo scettici, non ci fidiamo della “macchina”.
Eppure, qualcosa sta cambiando!
Prendendo spunto dall’esperienza delle grandi aziende internazionali, in cui l’economia appare più solida e florida e in cui i lavoratori, nella stragrande maggioranza dei casi, si professano soddisfatti del loro posto di lavoro, anche in Italia, sia nelle aziende che negli uffici della pubblica amministrazione, si sta diffondendo il fenomeno dello Smart-Working.
Ma di che cosa si tratta, come funziona e quali sono i benefici?
Ecco tutto quello che c’è da sapere.
Che cosa è lo smart-working?
Lo smart-working o il c.d. lavoro agile è “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro”.
Esso rappresenta un “nuovo modo di lavorare” in cui si conciliano i tempi di vita e di lavoro e, al contempo, viene favorita la crescita della produttività del singolo lavoratore.
Lo smart-working viene definito dall’Osservatorio del Politecnico di Milano come “una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.
Il c.d. “lavoro agile” viene, pertanto, principalmente inteso come opportunità di work-life balancee welfare aziendaleper le persone, ma è molto più di questo.
Esso, infatti, diviene il preludio di un radicale cambiamento culturale e richiede un’evoluzione dei modelli organizzativi aziendali.
Lo sviluppo della tecnologia, la famosa “digital transformation” degli ultimi anni, ha trovato il suo spazio anche nei luoghi di lavoro raggiungendo l’obiettivo di aumentare la produttività, innovare, coinvolgere persone e gruppi di lavoro.
Dove viene disciplinato?
Il 10 maggio del 2017, il Senato della Repubblica ha approvato il testo del disegno di legge AC n. 2233B che disciplina lo Smart-Working, definito come “l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.
Ciò ha portato all’approvazione della Legge n. 81/2017-il c.d. Jobs Act sul lavoro autonomo recante «Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato»– entrato in vigore a giugno 2017, che, nel disciplinare il lavoro agile, ha posto l’accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e sull’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto come pc portatili, tablet e smartphone.
Ultime novità legislative: la legge di bilancio 2019 ha previsto l’obbligo per il datore di lavoro di dare priorità alle richieste di smart-working da parte delle lavoratrici nei 3 anni successivi alla conclusione del periodo di congedo obbligatorio di maternità e ai lavoratori con figli disabili, in caso di stipula di accordi aziendali per il lavoro agile (come previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 151/2001).
Tempo determinato o indeterminato?
L’accordo sul lavoro agile può essere a termine o a tempo indeterminato, secondo la disciplina classica. Il recesso, tuttavia, è ammesso, nell’ipotesi di giustificato motivo, anche per l’accordo a tempo determinato.
Quali garanzie per gli “smart-workers”?
Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento sia economico che normativo rispetto a coloro i quali eseguono la prestazione secondo le modalità ordinarie e tradizionali. Per esempio, è infatti prevista la loro tutela in caso di infortuni e malattie professionali, secondo le modalità illustrate dall’INAIL nella Circolare n.48/2017.
Quali le responsabilità del datore di lavoro?
Per come detto al punto precedente, la Legge 81/2017 dispone che il datore di lavoro (norma estesa analogicamente anche alla pubblica amministrazione) è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
In più, la stessa legge garantisce l’applicazione degli incentivi fiscali e contributivi eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro subordinato anche agli smart-workers.
Nello specifico, poi, il datore di lavoro deve garantire la salute e la sicurezza del prestatore di lavoro agile e consegnare al dipendente, nonché al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta, nella quale siano individuati i rischi generali e quelli specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro.
In più, il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali.
La retribuzione è la stessa?
Lo stipendio e il trattamento normativo del lavoratore agile fanno sempre riferimento al contratto collettivo e, quindi, non a quello aziendale.
Il testo originario del provvedimento prevedeva che “il lavoratore che svolge la prestazione in modalità agile ha diritto a un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda”.
Per ovvie ragioni, tuttavia, la retribuzione non viene più modulata sulla base dell’orario di lavoro ma dell’obiettivo lavorativo fissato con il datore.
Ciò in virtù dell’essenza dello smart-working: abbiamo infatti detto che esso rappresenta un approccio all’organizzazione del lavoro orientato a generare maggiore efficienza nel raggiungimento dei risultati lavorativi attraverso una combinazione di flessibilità, autonomia e collaborazione, parallelamente all’ottimizzazione degli strumenti e degli ambienti di lavoro per i lavoratori.
Quanti giorni si può lavorare in smart-working?
Dipende dal tipo di accordo stipulato fra le parti. Ad esempio, esistono aziende che consentono il lavoro a distanza, ossia non presso la sede aziendale, per uno-due giorni a settimana.
Dipende, però, dallo specifico ruolo ricoperto e dal piano aziendale, in questo caso.
Importante ricordare che in relazione al luogo di lavoro, la prestazione può essere eseguita all’interno o all’esterno dell’azienda; mentre con riguardo all’orario di lavoro, che la prestazione dev’essere svolta entro i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale.
Differenze con il telelavoro
Lo Smart-Working non è il telelavoro:è la sua accezione più estesa e sviluppata, essendo oggi un vero e proprio paradigma che prevede la revisione del modello di leadership e dell’organizzazione, rafforzando in primis l’idea di collaborazione.
L’ufficio diventa “aperto”, il vero spazio lavorativo è quello che favorisce la creatività delle persone, genera relazioni e stimola nuove idee e quindi diviene fautore di un nuovo business.
Il telelavoro, al contrario, è banalmente il “lavoro da casa”: occorre una postazione fissa con un collegamento in rete, da cui il lavoratore effettua la prestazione sotto il controllo via web degli uffici a cui è connesso da remoto.
Il lavoro agile, quindi, differisce dal telelavoro perchè nel primo non è obbligatorio legarsi a un luogo fisico fisso in cui rendere la prestazione, posto che l’attività può essere svolta in qualunque luogo dotato delle strumentazioni tecnologiche necessarie, ad esempio Internet cafè o luoghi dotati di connessione wi-fi.
Quali benefici? Pro e contro dello smart-working
A differenza di quanto si possa pensare, i benefici dello smart-working sono tanti; e non sono solo per le imprese e, quindi, per i datori di lavoro.
In primo luogo, per i lavoratori, anche una sola giornata a settimana di remote working può far risparmiare in media 40 ore all’anno di spostamenti; per l’ambiente, di conseguenza, determina una riduzione di emissioni pari a 135 kg di CO2 all’anno, considerando che in media le persone percorrono circa 40 chilometri per recarsi al lavoro e ipotizzando che facciano un giorno a casa di lavoro da remoto.
I pro dello amart-working sono sicuramente un più elevato tasso produttività a fronte della riduzione del fenomeno dell’assenteismo.
Secondo Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano “i benefici economico-sociali potenziali dell’adozione di modelli di lavoro agile sono enormi. Si può stimare un incremento di produttività del 15% per lavoratore, una riduzione del tasso di assenteismo pari al 20%, risparmi del 30% sui costi di gestione degli spazi fisici per quelle iniziative che portano a un ripensamento degli spazi di lavoro e un miglioramento dell’equilibrio fra lavoro e vita privata per circa l’80% dei lavoratori.”
Il beneficio maggiore, quindi, per il singolo lavoratore è un migliore equilibrio fra vita professionale e privata.
I contro, invece, sono: la percezione di un senso di isolamento circa le dinamiche dell’ufficio; le possibili distrazioni esterne, come la presenza di altre persone nel luogo in cui si lavora; la necessità di frequenti interazioni di persona, che sfociano molto spesso in forme di comunicazione e collaborazione virtuali.
Lo smart-working, in estrema sintesi, è una nuova dimensione del lavoro che – sfruttando la Mobility, la Unified Communication & Collaboration e il social computing – favorisce la produttività individuale e la continuità operativa dell’utente in un’ottica di ampia flessibilità nel posto di lavoro.
L’obiettivo? Cambiare i concetti di fruizione del tempo e dello spazio per favorire nuovi modelli di lavoro più efficaci ed efficienti.