“Scuole aperte partecipate in rete”, il progetto contro la povertà educativa

«Per alcuni ragazzi siamo “la mora e la bionda” , molto spesso ci scambiano per sorelle  […] altri, invece, ci chiamano professoresse. Ci fa molto piacere perché gli stessi spazi del mattino diventano occasione di ritrovo ma soprattutto esperienza di crescita per molti ragazzi e noi ne siamo felici! Significa che la scuola viene vista, oltre come luogo di apprendimento dei saperi, come spazio accudente lungo il corso di un processo di crescita che è proprio dell’individuo »

Così , quasi parallelamente, esordiscono Monica Quaranta e Giusy Calarota, giovani dottoresse in psicologia, ingaggiate nelle qualità di animatrici e comunicatrici per il progetto “Scuole Aperte Partecipate in Rete” operante, anche e non solo, nella cittadina calabrese di Co-Ro (CS) nella lotta alla povertà minorile educativa mediante il coinvolgimento degli IC Rossano 2 e dell’azienda Amarelli.

Cosa si intende per “povertà minorile educativa”?

Il concetto povertà è spesso associato al dato reddituale ma povertà è anche e soprattutto “mancata possibilità” rispetto allo sviluppo di attitudini, capacità, aspirazioni, ecc. per la maggiore precluse a quelle realtà familiari che, per caso o  volontà,  si sono ritrovate ad avere un patrimonio socioeconomico e culturale smilzo. Spesso, le precarietà di un nucleo familiare frenano involontariamente queste possibilità. Quanto detto è provato da alcuni dati raccolti nel 2021 da INVALSI (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) che hanno evidenziato un calo significativo dei riscontri positivi nelle verifiche da parte degli studenti il cui nucleo familiare presentava maggiori asperità. In questo scenario la società ha il compito di promuovere quelle condizioni volte a garantire quel pieno sviluppo della persona che altrimenti mancherebbe. Ciò oggi è possibile attraverso parte dell’impegno che la “Comunità Educante”, attraverso il progetto “Scuole Aperte Partecipate in Rete” sta realizzando. Questo è almeno quello che finora stiamo riscontrando; il coinvolgimento attivo delle famiglie nel processo educativo dei propri figli, attraverso la partecipazione ai progetti che  li vedono coinvolti, diviene valore aggiunto non solo in un’ottica di apprendimento e sviluppo di nuove abilità, che potrebbero essere spese nel mondo del lavoro, ma anche come elemento inclusivo e generativo di legami sociali in risposta alla problematica dell’isolamento familiare. In linea con gli orientamenti delle nostre formazioni professionali, riteniamo che il progetto influisca su dinamiche capaci di incidere positivamente sul benessere psicosociale del singolo prima e di una comunità poi.

Come si sviluppa il progetto che tanto state amando?

“Scuole Aperte Partecipate in Rete” è un progetto educativo attivo momentaneamente anche in altre città della regione Calabria come Cosenza e Gioiosa Jonica che, su impulso di azioni pilota di successo quali la Scuola Di Donato-Manin di Roma e la Scuola Cadorna di Milano, si prefigge come obiettivo la creazione di una “Comunità Educante” che, nell’adozione di percorsi strategici, tenta localmente di fronteggiare l’emergenza nazionale sulla povertà minorile educativa. È  un’idea finanziata dal programma “Un passo avanti” dell’impresa sociale “Con I Bambini”. Il MoVI (movimento di Volontariato Italiano), capofila del progetto, ha poi intercettato alcuni territori selezionati comprendendo scuole localizzate in contesti periferici dove l’urgenza risolutiva è maggiormente pregnante. Ad “animare” il progetto è il capitale sociale di riferimento:  nel concreto, dopo il suono della campanella, gli spazi scolastici diventano veri e propri “luoghi della partecipazione” grazie alla collaborazione attiva e volontaria di  quanti studenti, genitori ed enti del terzo settore prendono parte alle attività programmate. La comunità costituita diviene stabilmente autonoma non solo all’interno della realtà urbana principalmente interessata ma anche rispetto a quelle ad essa adiacenti per prossimità. In virtù delle peculiarità che contraddistinguono ciascun territorio poi, avviene una  sorta di “modulazione” volta alla risoluzione delle criticità maggiormente bisognose di intervento. E’ una rapporto di corrispondenze nel quale il comprensorio territoriale interessato beneficia dei progetti e viceversa. La comunità locale sviluppa una certa apertura all’inclusione ed alla solidarietà promuovendo e così rafforzando il valore della coesione sociale. In un momento storico come quello che viviamo, specialmente in Italia, contraddistinto in maniera corposa dai fenomeni immigratori, la promozione ai valori dell’accoglienza diviene fondamentale, soprattutto da esempio per le generazioni future. Molto dipende dalla società che vogliamo vivere e che sogniamo.

Qual è stato l’interesse che ha spinto entrambe a prendere parte ad un progetto simile?  

Durante la pandemia entrambe, seppure in maniera diversa, ci siamo chieste come poter investire le competenze di cui disponevamo. Così, banalmente, nella scelta dell’ente di riferimento per lo svolgimento del servizio civile, ci siamo entrambe ritrovate interessate alla stessa associazione, probabilmente perché fra tante era quella maggiormente in linea al percorso formativo di studi finora maturato. “Insieme ODV”, difatti, è un’associazione di volontariato che dal 1995  si occupa di prevenire il disagio e la dispersione scolastica sul territorio urbano di Corigliano-Rossano. Per ironia di sorte, abbiamo frequentato a Chieti la stessa sede universitaria ma ci siamo conosciute solo qui : Giusy ha conseguito la laurea in Psicologia dello sviluppo, mentre io (Monica) quella in Psicologia clinica e della salute; due percorsi apparentemente diversi che di fatto hanno saputo integrarsi perfettamente. Sin da subito ci siamo rese conto di avere una forte affinità lavorativa capace di  compensare i limiti di entrambe.  I membri dell’associazione notano questa complementarietà decidendo così di investire su noi due. Una grossa responsabilità insomma! Ed è in questo contesto che  conosciamo il progetto. Inutile dire che sin da subito ci appassiona, è un amore a prima vista che avrà una durata di altri due anni e che, ne siamo convinte, lascerà positivamente un segno su tutti gli attori finora coinvolti.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni

Angela Servidio
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