Sono disgustato. Indignato di fronte a tanta violenza, odio represso, ignoranza. Ancora oggi, nel 2020, dobbiamo assistere a barbarie atroci, delinquenza, risse; il tutto contenuto all’interno di proteste che vogliono farci apparire giuste, sensate.
La protesta, intesa come un movimento di disapprovazione o opposizione, è un diritto e come tale va trattato; chiunque vuol manifestare il suo dissenso può farlo, purchè venga fatto in un clima di assoluta civiltà.
Tutti questi ideali, a Napoli, non si son visti minimamente. All’annuncio, da parte del governatore della Campania Vincenzo De Luca, di un coprifuoco della durata di 40 giorni al fine di attenuare il picco dei contagi, a Napoli è scoppiato il finimondo. Apriti cielo!
Era sospettabile un evento simile, a tratti atteso con scontatezza; ma fino all’ultimo ho sperato che uno scempio simile non si materializzasse. Purtroppo è accaduto!
Adesso con voi intendo discutere sul perché si è arrivati fino a tanto; parlarvi dei motivi che hanno spinto decine e decine di protestanti a scendere in piazza. Partiamo dal presupposto che, su dieci protestanti, otto erano spinti dal desiderio di caciara; mentre gli altri due erano guidati da un’esigenza economica, un bisogno d’aiuto, una speranza, una certezza. Ma il branco sovrasta l’individualità, la violenza accoppa il buon senso e l’ignoranza sopprime il rispetto.
Quei due, intenti a protestare con garbo e buone intenzioni, sono stati purtroppo surclassati dalle otto bestie in modalità ultras. C’è poco da fare: di fronte alla violenza, anche il miglior auspicio si annulla. I veri protestanti erano coloro che, nell’eventualità di un nuovo lockdown, avrebbero visto cadere a pezzi le loro famiglie sommerse dai debiti, senza beni primari sul proprio tavolo di casa. Erano coloro che, con le attività chiuse, avrebbero quasi sicuramente dovuto dichiarare fallimento, con uno sguardo al futuro buio, sinistro. Persone che, tramite la protesta, avrebbero accettato un nuovo lockdown purchè aiutati a trascorrere quei 40 giorni in serenità. Chiedevano degli aiuti economici da parte dello Stato, un sostegno al fine di andare avanti. Senza questi, il rifiuto di un nuovo blocco non era e non è affatto da biasimare.
Mi metto nei panni di queste persone, di questi padri di famiglia, e mi accorgo di come nessuno di loro ha torto. In un momento storico dove, senza mezzi termini, è stata dichiarata l’assenza di cassa integrazione, come potrebbe un padre accettare di buon grado la decisione di De Luca? Piuttosto preferirebbe rischiare di esser contagiato pur di aprire la saracinesca del suo negozio.
Lo Stato vuole che i propri cittadini chiudano le loro attività e rimangano in casa? Bene, che li sostenga però! Non con delle promesse, ma con i fatti. Se non si è in grado di garantire un ammortizzatore economico, lo Stato, ed in questo caso le Regioni, non sono in dovere di decidere le sorti di una famiglia.
Passiamo adesso ai protestanti ultras, feccia spinta da un istinto primordiale allo stato brado. Tutta quella marmaglia di stupidi che han distrutto, preso a sassate le volanti della polizia e creato il panico, non sono altro che esseri a cui hanno privato l’accesso allo stadio. Non sono altro che gente frustrata bisognosa di sfogare rabbia e delusione strumentalizzando argomenti delicati come il Coronavirus.
Sono persone che, al primo accenno di protesta, indossano i loro passamontagna e scendono in campo pur non essendo partecipi moralmente. Individui che non aspettano altro di poter sfogare la loro vera natura, tenuta repressa in una situazione di normalità, per non andare incontro a sanzioni. A nessuno di loro frega di un’eventuale lockdown: che sia giusto o sbagliato non importa. Ciò che importa è approfittarsi della situazione e distruggere, far del male, con la vigliaccheria di chi probabilmente non verrà mai beccato a causa del troppo assembramento e del volto coperto.
Poi, ovviamente, tra questi c’è chi protesta con contrarietà verso il nuovo lockdown; ma, a differenza di quei due padri di famiglia citati poc’anzi, loro sono spinti da motivazioni futili. Il dissenso di alcune persone è dettato dal rifiuto di rinunciare all’aperitivo, alla movida, allo stare fino alle prime ore del mattino a bere, ubriacarsi. Per alcuni vige il semplice rifiuto alle regole!
Tra i protestanti c’è chi non vuol rinunciare alla canna con l’amico in piazzetta, alla birra in centro in compagnia dei compari con cui si rimorchia. Tutte motivazioni stupide, infantili, di fronte a gente che ci lascia la pelle, a chi soffre per non poter portare un pezzo di pane tra le mura di casa.
Non bisogna fare di tutta l’erba un fascio: non tutti sono responsabili dello schifo messo su a Napoli. Molti rifiutano il lockdown ma non tutti lo fanno per gli stessi motivi. Tanti hanno le loro buone ragioni; altri le loro cattive abitudini e convinzioni a cui non intendono rinunciare perché vuote nell’animo.
Oggi ci ritroviamo a scegliere se vivere in povertà o morire in terapia intensiva; lo Stato ci chiede di non morire a causa del Covid – 19 ma di morire di fame. Ma non mi sento di criticare a priori Conte o, in questo caso, De Luca; avere delle responsabilità oggi è un grande rischio. Però bisogna ragionare con buon senso e mettere tutti nella posizione di poter gestire le cose con intelligenza, politici e cittadini inclusi. Quel che è successo a Napoli non migliorerà la situazione che stiamo vivendo sulla nostra pelle, ma servirà ad etichettare ancora di più un luogo già abbastanza denigrato e giudicato. Temiamo il Coronavirus ma il vero male a cui dobbiamo far fronte è l’ignoranza.