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Persone e Personaggi – “Gli Interpreti”

Persone e Personaggi è la nuova rubrica ispirata a tutte le categorie di persone (e personaggi) che ho incontrato fino ad adesso. Sono fiduciosa che in ognuno dei miei personaggi sarete in grado di identificare “quella” persona che ha fatto parte della vostra vita. Infatti, “quando un personaggio è nato, acquista subito una tale indipendenza anche dal suo stesso autore, che può esser da tutti immaginato in tant’altre situazioni in cui l’autore non pensò di metterlo, e acquistare anche, a volte, un significato che l’autore non si sognò mai di dargli!”.

 

 “Un personaggio, signore, può sempre domandare a un uomo chi è. Perché un personaggio ha veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è sempre «qualcuno». Mentre un uomo – non dico lei, adesso –  un uomo così in genere, può non essere «nessuno».”

Luigi Pirandello

Tanti uomini (e donne) si credono personaggi: si costruiscono un carattere ad hoc, che diventa l’alibi per ogni difetto e per ogni intenzione.

Vogliono far credere di essere facilmente decifrabili, e avere un personaggio pronto all’uso, da poter tirare fuori per inventare storie su misura, serve perfettamente a questo scopo.

Dal primo momento, infatti, gli interpreti ti presentano il personaggio che credono di essere, sperando che quello possa bastare per farti credere di conoscerli davvero.

Il personaggio racconta degli aneddoti sul conto dell’interprete, per spiegare perché sia suscettibile, diffidente, solitario, disinteressato, egocentrico, annoiato, egoista.

In effetti, l’interprete “è sempre qualcuno”, ed è sempre qualcuno con dei vizi. Nessuno interpreta la sensibilità, la comprensività, la gentilezza, la felicità. Stranamente, a tutti piace essere dei duri.

In ogni caso, gli interpreti non sono responsabili di nessuna delle azioni e parole da cui, frequentandoli, sarai colpito: il loro personaggio lo è.

Il personaggio è un porto sicuro per l’interprete, è un “te l’avevo detto” da cui non puoi sfuggire: perché lui ti ha preannunciato con finta e sfacciata sincerità tutti i suoi effetti collaterali.

Tu, con un’indomabile convinzione da psicoterapeuta, sei certo di poter smascherare l’interprete, di scoprire la vera natura dell’uomo dietro il personaggio: avrà, prima o poi, degli attimi di cedimento, delle stravaganze che non potranno più essere spiegate da nessuna delle caratteristiche del personaggio.

Perché non può esistere un modo di essere univoco e immobile: “una realtà non ci fu data e non c’è […], e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile”, scriveva Pirandello.

Non si può fingere per sempre.

E ammettiamolo, per quanto ci ripetiamo di non credere agli interpreti, di non volerci relazionare con qualcuno che ha studiato così alla perfezione la propria identità, alla fine ci caschiamo anche noi: forse per spirito di sfida, o perché in fondo tutti subiamo il fascino dell’anima dannata, come in una banale commedia romantica.

Ma il fatto è che l’interprete rimane lì: anche quando sarai sicuro di aver conosciuto l’uomo interpretato, in realtà, avrai ancora a che fare solo con l’interprete.

Non lo accetti: perché non viene fuori l’uomo? Perché non si rivela per come l’ho capito io?

In realtà, un uomo è esattamente quello che vuole mostrare di sé. Ed è diverso ogni volta che si relaziona con persone diverse. E se con me è stato un interprete suscettibile, diffidente, solitario, disinteressato, egocentrico, annoiato, egoista, mio malgrado, è perché questo  è quello che lui ha voluto essere per me, e con me.

Non puoi rivelare l’interprete, ti rassegni.

Puoi solo avere la fortuna di trovare qualcuno che stia interpretando un ruolo migliore per te. Qualcuno che stia provando ad essere un uomo (o una donna) che a te piace.

Ma il vero problema a quel punto è: quale personaggio abbiamo mostrato noi per tutto il tempo? Abbiamo interpretato la nostra parte migliore?

Siamo molto superficiali, io e voi. Non andiamo ben addentro allo scherzo, che è più profondo e radicale, cari miei. E consiste in questo: che l’essere agisce necessariamente per forme, che sono le apparenze ch’esso si crea, e a cui noi diamo valore di realtà. Un valore che cangia, naturalmente, secondo l’essere in quella forma e in quell’atto ci appare. E ci deve sembrare per forza che gli altri hanno sbagliato; che una data forma, un dato atto non è questo e non è così. Ma inevitabilmente, poco dopo, se ci spostiamo d’un punto, ci accorgiamo che abbiamo sbagliato anche noi, e che non è questo e non è così; sicché alla fine siamo costretti a riconoscere che non sarà mai né questo né così in nessun modo stabile e sicuro; ma ora in un modo ora in un altro, che tutti a un certo punto ci parranno sbagliati, o tutti veri, che è lo stesso.” – Uno, Nessuno e Centomila

 

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