A Quattromiglia (in Rende, provincia di Cosenza), in uno spazio enorme dove probabilmente molti di noi passiamo distrattamente con l’auto anche più volte al giorno, sorge una costruzione bianca, rettangolare, un po’ anonima, un edificio che non si fa notare, ma che invece – nei fatti – lascia indelebilmente il proprio segno.
Quella in Via Parigi è la sede succursale dell’UICI, l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Cosenza: una sigla già sentita penseranno in tanti, un’associazione di gran cuore scoprirete alla fine di questo articolo.
L’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti ONLUS nasce come ente morale con personalità giuridica, un’associazione riconosciuta ai sensi di legge, a cui viene affidata la rappresentanza e la tutela degli interessi morali e materiali dei non vedenti e degli ipovedenti nei confronti della pubblica amministrazione. E’ attiva in Italia dal 1920 e promuove l’integrazione sociale delle persone con disabilità visiva ed è costituita esclusivamente da soggetti non vedenti e ipovedenti. Infatti, per associarsi occorre avere un visus non superiore ai 3/10 (inteso con correzione). L’associazione, però, al fine di operare e raggiungere tutti gli obiettivi che si propone necessita e fruisce del supporto di persone cosiddette “normodotate”, che la gestiscono dall’interno in qualità di dipendenti o di volontari. Per quanto concerne l’apparato strutturale, l’UICI ha una sede centrale nazionale a Roma, poi sul territorio è dislocata a livello regionale e provinciale nelle diverse delegazioni. A livello locale il supporto ai soci consiste nello svolgimento di attività volte all’accertamento della disabilità, alla conseguente concessione di indennità, attività di consulenza tiflotecnica, d’integrazione scolastica in tutte le fasi e di ricerca nel collocamento obbligatorio. Gli associati si suddividono in soci effettivi (i cittadini ciechi totali, ciechi parziali e gli ipovedenti), soci tutori (i legali rappresentanti dei minori e degli interdetti giudiziali), i soci sostenitori (tutti i cittadini vedenti che contribuiscono economicamente all’attività dell’Unione o che prestano la loro opera gratuita a vario titolo in favore dell’Unione) e i soci onorari ( ovvero coloro che rendono particolari servigi all’organizzazione ed ai ciechi ed agli ipovedenti o che illustrano la categoria con la loro attività nel campo) per come stabilito dall’art. 6 del vigente Statuto Sociale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS-APS.
In ambito internazionale, inoltre, fa parte dell’European Blind Union(EBU), del World Blind Union(WBU) e della Federazione tra le Associazioni Nazionali Disabili(FAND).
Lo scopo dell’UICI è essenzialmente quello di promuovere l’integrazione sociale delle persone con disabilità visiva distruggendo le barriere architettoniche oggi esistenti: per far ciò, però, l’UICI non opera da sola ma è sostenuta da tante altre associazioni, tra le quali spicca l’ I.Ri.Fo.R Onlus che è l’Istituto per la Ricerca la Formazione e la Riabilitazione che progetta ed eroga servizi per la formazione e la riabilitazione rivolti a persone con disabilità visiva; è l’ente riconosciuto dal MIUR quale referente per la formazione scolastica sulle tematiche della disabilità visiva ed è accreditato per l’erogazione di formazione al personale docente. Da ricordare anche la IAPB Italia Onlus, una sezione dell’International Agency for the Prevention of Blindness-IAPB, organizzazione non governativa impegnata nella mobilitazione di risorse e mezzi a livello mondiale da destinare alle attività di prevenzione delle malattie della vista, volta alla promozione d campagne di prevenzione contro tutte le forme di cecità.
Nel territorio bruzio oggi l’UICI è guidata dal Presidente Francesco Motta, successore di Pino Bilotti, esponente di massimo rilievo dell’Unione Ciechi italiana e non solo e padre fondatore e fautore della maggior parte delle iniziative a livello provinciale e non a tutela del mondo degli ipovedenti che, ex multiis, ha progettato un percorso botanico interattivo all’interno del Parco Nazionale della Sila, ha istituito il Centro interregionale del Libro Parlato e inventato un sistema di pavimentazione per ciechi e ipovedenti.
Ho scoperto che soltanto in Calabria vi sono 5000 iscritti come portatori di minorazione visiva (e legalmente riconosciute dalle strutture pubbliche come portatori di minorazione visiva) di cui 600 solo all’UICI di Cosenza, anche se il numero dei ciechi sia nel tessuto regionale che locale è molto più elevato.
Proprio nel cosentino, l’iniziativa più importante ideata e iniziata dal Presidente Bilotti con la collaborazione del Comune di Rende è il progetto del Polifunzionale: l’esigenza di creare un centro in cui raccogliere e risolvere tutte le problematiche relative al mondo dei non vedenti deriva dalle carenze organizzative e dall’assenza di una struttura specializzata per i soggetti portatori di minorazioni visive all’interno dell’intero territorio calabrese. Per tali ragioni l’UICI di Cosenza ha proposto la nascita del progetto di un Centro Polifunzionale, l’unica struttura polifunzionale esistente tra Sicilia, Calabria, Puglia e Basilicata per ciechi ed ipovedenti, un luogo dove si persegua l’obiettivo di favorire l’integrazione sociale e culturale dei “minorati della vista”, un luogo in cui vi siano gli strumenti per consentire gli interventi di prevenzione della cecità, della riabilitazione sia visiva che fisica di chi ha perso la vista.
Il progetto – che ad ottobre 2018 ha festeggiato il suo terzo compleanno- prevede la realizzazione di un complesso di 4 moduli interconessi per garantire una struttura il più all’avanguardia possibile: il corpo 1 (quello ad oggi completato) è la sede della Direzione Operativa dell’UICI, dell’I.Ri.Fo.R e degli altri servizi ad esso connessi. Vi sono diverse sezioni come la Biblioteca Braille di Cosenza, l’ambulatorio medico sociale per le visite mediche convenzionate per i soci gestite dal Dott. Giandomenico Crea e altri specialisti che offrono il loro tempo come volontariato, la sede del centro per la stampa braille e la produzione di testi su supporto informatico: insomma, nel corpo 1 si tengono tutte quelle attività volte alla prevenzione, educazione e riabilitazione dei soggetti non o ipo vedenti.
Nel corpo 2, i cui lavori affidati all’ASD OLIMPIA dovranno terminare a metà dell’anno venturo, sorgerà il Centro Sportivo Polivalente, unico sul territorio calabrese, che consterà di due campi di calcetto polivalenti destinati alla pratica del Torball e Goalball, di un impianto di arrampicata sportiva, di un campo di beach-volley e di uno spazio adibito al tiro con l’arco e di una piscina riabilitativa. Sarà prevista poi la costruzione di un auditorium e di aule per la formazione professionale e infine un centro residenziale, una casa di accoglienza “Dopo di noi” per garantire l’assistenza a tutti i non vedenti rimasti da soli.
Il progetto è interamente autofinanziato dall’UICI, motivo per cui la sua realizzazione procede a rilento: secondo una stima complessiva, il valore del Campo Polifunzionale ammonta a più di 1 milione e mezzo di euro. L’Unione cerca finanziamenti o di ottenere donazioni anche tramite la donazione del 5xmille; motivo per cui gli stessi soggetti che partecipano alla gestione dell’UICI, oltre ai soci regolarmente iscritti, sono la maggior parte volontari che quindi prestano la loro attività a sostegno dei non vedenti anche tramite la partecipazione al Servizio Civile.
Nonostante le quotidiane difficoltà per portare avanti la struttura e la realizzazione del progetto, l’Unione è animata da una grande consapevolezza: quella di essere un necessario punto di riferimento e di rappresentanza di una minoranza che deveessere protetta.
Ho avuto il piacere in questi giorni di vedere un po’ più da vicino il Centro e di confrontarmi con chi l’Unione la vive quotidianamente.
Ho conosciuto Debora, Serena e Maria, tre volontarie che prestano servizio e fanno parte di questa grande famiglia e che “portano avanti la baracca” con dedizione e trasporto.
Ho conosciuto Branko Andreicic, che finalmente adesso ha imparato a firmare, ed è insieme ad Agostino Marzella uno dei migliori giocatori di Olympia, la nuova squadra di Torball.
Pino Bilotti scriveva qualche tempo fa che “con la società sempre più globalizzata e informatizzata, dove le tecnologie prendono sempre più potere, dove gli spazi si accorciano e i bisogni individuali delle persone aumentano si sta verificando una visibile disattenzione e la perdita del controllo delle necessità di chi soffre. […] La minorazione visiva è una disabilità che ha bisogno di risultati concreti e sempre più incisivi fatti di servizi e assistenza, per una maggiore integrazione sociale e culturale del non vedente nel tessuto urbano. La nostra Sezione capendo il bisogno dei minorati della vista sulle carenze della Informazione, Prevenzione, istruzione, lavoro, assistenza, didattica, condivisione e multifunzione di servizi ha ravvisato l’esigenza di colmare le lacune ponendo la meta di raggiungere gli obiettivi e ottimizzare i servizi facendo confluire nel centro dette attività.”
Quello che queste persone, insieme, stanno costruendo è un centro dove il non vedente possa utilizzare gli spazi senza aver paura di cadere nel vuoto, un luogo in cui possa sentirsi guidato ma anche autonomo e sicuro, un centro che tiene conto anche delle persone ipovedenti e delle loro “disabilità” e dove gli si insegni a superarle.
Ho scambiato quattro chiacchiere con Giovanni, volontario dell’UICI e figlio di Pino Bilotti e Marco Quintiero, socio non vedente ma super attivo all’interno dell’Unione.
Che cosa significa diventare cieco?
Perdere la vista pregiudica e peggiora nove volte su dieci le condizioni di vita dell’individuo in una misura difficilmente comprensibile da un “normo-vedente”: i non o ipovedenti infatti, sono i disabili che soffrono e accusano di più la libertà di movimento, il senso di orientamento e l’accesso ai servizi.
Mentre uno che non sente ha percezione di cosa accada intorno, mentre chi soffre di una malattia motoria grazie all’ausilio della sedia a rotelle oggi può addirittura muoversi in autonomia, un individuo divenuto cieco all’improvviso perde la propria indipendenza: si sente sperduto in un mondo che perde letteralmente in un battito di ciglia ogni consistenza e dimensione.
Cosa si può fare per aiutare un non vedente?
Purtroppo la scarsa informazione e la paura di essere indiscreti ci porta a non sapere trattare il fenomeno della cecità. Essere ciechi è una disabilità, è vero, ma non è una fine, una linea di demarcazione tra due mondi.
Bisogna educare il non vedente e i suoi cari – gli amici e i familiari – a condurre una vita da e con un non vedente. Oggi per fortuna ci sono tutti gli ausili a disposizione dei ciechi: se sei cieco oggi puoi imparare ad attraversare la strada, puoi arrampicarti e puoi giocare anche a calcio. Se sei cieco oggi puoi leggere grazie al braille! Se un soggetto che vede tocca un libro in braille vedrà soltanto dei puntini in rilievo, mentre un non vedente sfiorando quei puntini riuscirà a leggere: per me questa è una cosa meravigliosa. Spesso le famiglie hanno paura e per questo pensano che l’unica soluzione sia rinchiudere in casa il “figlio malato” per tenerlo al sicuro. Ma al sicuro di cosa? La vera oscurità a cui andranno incontro, in questo modo, è solo quella dell’anima.
Come fa, allora, un non vedente a reagire?
Una persona cieca perde o diminuisce la vista, è vero; ma compensa.
Tutti gli altri sensi allora si evolvono e migliorano esponenzialmente.
Mio padre mi diceva sempre “Siediti, concentrati e dimmi cosa riesci a sentire. Adesso chiudi gli occhi e fai la stessa cosa: cosa senti?”. Io allora chiudevo gli occhi e sentivo con più attenzione dei rumori, dei fruscii che l’occhio seppur attento mi inibiva. Chi non vede sviluppa dei poteri incredibili e con una giusta dose di coraggio e di speranza non si abbatte, te lo assicuro.
Cosa non può fare un soggetto che non vede?
Si può fare di tutto, un po’ per volta. Ora ti racconto una storia: all’Unione siamo soliti organizzare dei campi estivi con i volontari e i ragazzi non vedenti. Quest’anno uno di noi ha ricevuto il premio per il miglior accompagnatore perché è riuscito a trovare il modo per far avvicinare un giovane non vedente al mondo del sesso con le dovute raccomandazioni e cautele. E’ una storia buffa ma di una importanza estrema: un non vedente può e deve fare tutte le cose, anche quelle più normali e che per lui magari sembrano impossibili.
Cosa mi dici della tua esperienza a contatto con il modo dei ciechi e degli ipovedenti?
Sono cresciuto a contatto con chi la vista non l’aveva più e da questo ho imparato tanto. Queste persone ti insegnano a vedere con altri occhi, quelli del cuore. Io mi sento pieno di vita, mi sento soddisfatto e veramente felice quando so di poter aiutare un non vedente. Ma io dico aiutare per davvero: non posso spiegarti l’emozione che provo nel momento in cui realizzo che quel ragazzo che aiutavo a mangiare adesso ha imparato a farlo da solo. Quello stesso ragazzo ora prende la forchetta e mangia tutto quel che c’è nel piatto da solo: è una vittoria incredibile, sono queste piccole cose che danno un senso al resto. Avere la consapevolezza di aver aiutato è una sensazione bellissima. C’è tanto da fare, ci sono tante persone da aiutare e soprattutto da salvare dall’idea di essere diverse.
La cecità non ti rende diverso, ti rende speciale, unico.
Il mondo di chi non vede non è, quindi, un mondo buio.
E’ un mondo di colori nuovi, che non tutti riusciamo a immaginare ma che esiste.
E’ un mondo in cui un abbraccio o una stretta di mano significano sostegno, è un mondo in cui il suono di una voce può voler dire casa.
Bisogna insegnare a chi non vede a non avere paura e bisogna non avere paura di chi non vede.
A questo fine l’UICI Cosenza propone il solito rituale della cena al buio, evento di beneficenza e forte momento di solidarietà: “un’occasione per tuffarsi qualche ora in una dimensione pazzesca, sapendo però che i partecipanti ne usciranno presto e potranno perfino divertirsi a descrivere che cosa hanno provato, le loro paure, il panico, il disorientamento. Tanto poi passa e torna la luce. Ma gli “amici” ciechi no. Credo -continua il presidente Bilotti – che queste esperienze aiutino gli amici vedenti ad accrescere la propria autostima. Tutti noi abbiamo paura del buio, fin da piccoli. Lo sappiamo bene, ma non vogliamo pensarci. Oggi più che mai questa paura si associa ad altre insicurezze. Il paradosso è che questa società della comunicazione globale e interattiva si sta rivelando spesso un bluff, un’illusione ottica. Trionfano le immagini, non il pensiero. E ciò che più mi affascina dei miei amici ciechi, in realtà, è quella loro capacità di pensare e d memorizzare, di catalogare nel buio della mente i ricordi, gli odori, le sensazioni, i sentimenti, le idee. Il buio può essere un grande amico della consapevolezza, ma per me è una realtà non una scelta senza alternative.”(parole di Pino Bilotti, in occasione della prima cena al buio promossa qualche anno fa).
Giovanni, Debora, Maria, Serena, Marco, Branko, Robertino, e tutti i ragazzi dell’UICI vi aspettano giovedì 20 dicembre 2018 alle 20:30 presso la sede UICI in Via Parigi sic a Rende (al Polifunzionale) per “vedere” se – tutti insieme – riusciamo a sconfiggere questa strana ma popolare paura del buio.
Martina, sempre la più piccola dell’annata ‘94, laureata LUISS in Giurisprudenza, si definiva ad otto anni “simpatica, anche se i miei fratelli dicono che parlo troppo. Sono una persona responsabile, riflessiva, apprensiva, equilibrata, e molto sensibile, ma soprattutto un po’ pettegola. Sono allegra, divertente e socievole, mi piace stare in compagnia per scherzare, giocare e raccontare barzellette.” Da allora le cose non sono cambiate: parla sempre tanto, pensa sempre troppo e rimane la solita rompi scatole.Va sempre di corsa, non sa stare ferma e forse mostra troppi denti quando sorride.Ama emozionarsi con le piccole cose e cerca in ogni momento un motivo per sorprendersi.E’ un’inguaribile romantica e a volte, a furia di stare con la testa fra le nuvole, rischia di cadere in qualche burrone, dal quale però, trova sempre la forza di rialzarsi!