Sabrina Bianco, pizzaiolo emergente del Gambero Rosso 2021
Sabrina Bianco è uno dei nomi che compaiono tra i vanti di una regione dannata quanto avvincente come la Calabria. Il Gambero Rosso le ha assegnato il celebre titolo di Pizzaiolo Emergente nella guida Pizzerie d’Italia 2021. Passioni come la sua producono l’effetto di ridestare speranza in un riscatto sociale capace di ridisegnare un futuro diverso. Originaria di Fagnano Castello, comune della provincia di Cosenza, intraprende il suo percorso formativo affiancando grandi professionisti del settore, uno fra tutti: Gabriele Bonci.
- Come nasce l’interesse per l’arte della panificazione e cosa rappresenta per te oggi la professione che svolgi?
L’arte della panificazione nasce dalla volontà di recuperare tradizioni gastronomiche tanto semplici quanto ricche di significati, anche simbolici. La professione che svolgo rappresenta per me un’occasione di riscatto, una testimonianza di come si possa emergere inseguendo, con caparbietà, il proprio desiderio.
- Quanto il patrimonio enogastronomico calabro influisce nelle scelte degli abbinamenti tra le diverse tipologie di grani ed ingredienti?
Certamente la ricchezza della Calabria offre la possibilità di dare, in cucina, libero sfogo alla fantasia e alla creatività, questo influisce in maniera evidente anche sulla moltitudine di abbinamenti proponibili. Le miscele e gli abbinamenti avvengono anche e soprattutto a seconda del gusto che si intende maggiormente enfatizzare. Nel lavoro che svolgo sento il forte bisogno di “raccontare” il posto che mi ospita nel rispetto del territorio e delle tradizioni. La filosofia che ho deciso di sposare potrebbe essere racchiusa nel proverbio “ Paese che vai, usanza che trovi”.
- Nell’attività che svolgi sostieni la filosofia della filiera corta rafforzando, attraverso la promozione del patrimonio agroalimentare regionale, l’identità territoriale dei prodotti primari, quindi anche culturale di un Paese. Qual è il messaggio che intendi trasmettere nella creatività delle tue rivisitazioni?
Sì, la filiera corta offre una garanzia qualitativa sia sulla genuinità che sulla freschezza dei prodotti. Amo custodire e preservare l’autenticità dei sapori che sono per me rievocativi di ciò che è cultura e memoria; in secondo luogo, mi consente di curare i rapporti interpersonali con produttori di mia fiducia. Ho ad esempio un ottimo rapporto con il fornitore delle farine biologiche che utilizzo. E’ un rapporto che oltrepassa lo scambio meramente commerciale. Vengo aggiornata sui tempi di raccolta e di macinazione. E’ una collaborazione valorizzata da una comunanza di intenti volta a reinventare i sapori antichi. Le mie rivisitazioni intendono realizzare proprio questo: riproporre il patrimonio culturale della tradizione in chiave moderna che intende meravigliare il cliente.
- “Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo” è una delle asserzioni attribuite al padre della medicina, Ippocrate. Un’adozione “diffusa” dell’agricoltura eco-compatibile, anche da parte degli appartenenti alla categoria, credi possa contribuire nel tutelare maggiormente le risorse ambientali contrastando le prassi abitudinarie dell’agricoltura intensiva?
Ne sono convinta. La consapevolezza nel privilegiare le colture biologiche sta sempre più aumentando. Molto dipende anche da noi attraverso la scelta dei produttori e dell’etica adottata nelle diverse fasi della produzione. La genuinità dei prodotti parte dal terreno e dal rispetto dei suoi tempi. I cambiamenti climatici rappresentano una sfida di non poco conto ma credo sia plausibile l’adozione di scelte capaci di preservare una biodiversità tanto cara alla nostra terra.
- Il cibo, da sempre elemento di aggregazione culturale, ha acquisito, specie nell’ultimo decennio, una forte valenza estetica. Il mangiare con gli occhi può essere considerato complementare ed integrativo al bisogno primario del saper gustare?
Assolutamente. Sono fortemente convinta che si possa gustare anche con gli occhi. Dò tutta me stessa nel saper regalare accostamenti che siano belli anche da vedere. I colori riescono a perfezionare un buon appetito!
- Quali intuizioni e ispirazioni risultano determinanti nello svolgimento del processo creativo che dà corpo alla tua estrosità?
Alle volte l’intuizione non basta. Il processo creativo spesso è avviato da un profumo, da un suono, da un ricordo. Nel morso della pizza cotta al forno col sugo ritrovo ad esempio il sapore del sugo che mi preparava mia nonna. Sono vissuti cui attingere che regalano emozioni.
- Hai preso parte a svariate iniziative sociali. Ce ne parli?
A Roma ho partecipato all’iniziativa “Forni Solidali” ossia un progetto che ha permesso a molte persone disabili di completare corsi di formazione. E’ un progetto che ho amato molto e che ho provato a riproporre anche qui in Calabria in forma totalmente volontaria. Sono giornate dedicate a ragazzi appartenenti a diverse associazioni presenti sul territorio. Ogni buona iniziativa sociale aiuta una comunità ad ampliare lo sguardo in una prospettiva di inclusione. Custodisco il desiderio di numerosi progetti che spero trovino concretizzazione.
- Se potessi quale consiglio daresti a quanti, mossi dal tuo stesso entusiasmo, intendano intraprendere lo stesso percorso professionale ?
Direi loro di sperimentare, studiare e valorizzare ogni aspetto di questa terra. Nel cibo così come nella tradizione si cela una storia, spesso sacrificata alla stregua dalle tendenze. Valorizzarla significa impreziosirla di senso e di vissuto.
- Quale augurio rivolgeresti alla terra che ti ha visto crescere?
Alla Calabria auguro di avere il coraggio di credere nei propri luoghi.
Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni
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