Alla follia non c’è mai fine. È quello che, purtroppo, abbiamo compreso e constatato negli ultimi anni, dove la società più volte si è resa protagonista di sfregi irrispettosi ed inquietanti.
Ogni giorno dobbiamo fare i conti con un pentolone di cattive notizie, sconvolgenti scoperte e terrificanti verità. Basta sintonizzarsi con qualsivoglia telegiornale per assistere al sopravvento di quella linea sottile che separa l’assurdo dall’atroce. Ed è proprio l’atrocità a puntare su di se i riflettori dell’oltraggio di cui è stato vittima Daniel Guerini.
Daniel ci ha lasciati a soli 19 anni, il 24 Marzo di quest’anno, in un incidente stradale. Un sinistro mortale che ha spazzato via i sogni e le ambizioni di un ragazzo pulito, semplice, che amava giocare a calcio. Faceva parte delle giovanili della Lazio ed il futuro per lui appariva roseo e promettente. Ma è finito tutto in quel tragico incidente. Di Daniel è rimasto il ricordo ed il calore di una città – Roma – che si è unita al dolore della famiglia. La vita ci mette di fronte ad eventi che mai vorresti accadano, specialmente quando a rimetterci sono dei giovani con tanta voglia di vivere e fare esperienze. Ma il genere umano a volte sa farsi riconoscere per la sua indole cattiva e spregevole.
La tomba di Daniel Guerini è stata oltraggiata, spogliata da quei cimeli che in tanti, con commozione e tristezza, avevano deciso di lasciare. Dalla cappella sono sparite le magliette, le sciarpe, i pupazzetti; oggetti che simboleggiavano il dolore di un’intera comunità. È stato come strapparlo dalle braccia dei genitori una seconda volta. Un gesto – quello di saccheggiare la tomba – inquietante, che etichetta i responsabili come dei perfetti mostri.
Quando l’avidità e l’egoismo non si fermano nemmeno di fronte alla morte e al rispetto di un defunto, intuisci che l’umanità è ormai un lusso per pochi. Vige l’individualità, il benessere proprio, l’interesse personale. Molti hanno cercato di dare un senso a questo gesto estremo. C’è chi ha parlato di una bravata; chi ha rapportato il tutto ad una rivalità calcistica tra Roma e Lazio. Non c’è e non dev’esserci un senso in tutta questa vicenda. Non esiste nemmeno una spiegazione che possa giustificare questo terribile affronto. Una rivalità calcistica non può sfociare in oltraggio; una bravata non può trasformarsi in sciacallaggio.
Il primo ingrediente per combattere questi fenomeni è non cercare giustificazioni in merito. Perché chi ha commesso questa oscenità, anziché chiedere scusa alla famiglia del ragazzo, adesso si sta preoccupando di mettere in vendita i cimeli e guadagnare il più possibile.
Nel frattempo la comunità, scossa dell’accaduto, sta augurando il peggior male possibile ai soggetti che si son resi protagonisti del furto. Soltanto che risulta difficile augurare qualcosa di brutto a chi si macchia di gesti simili. Perché qualcosa di brutto già lo sono e, dopo aver deturpato una tomba di un diciannovenne, niente può peggiorare la loro deprimente esistenza.
E pensare che la pandemia, a detta di molti, ci avrebbe resi migliori. Nella sua negatività e dolore, avrebbe permesso all’umanità di trovare un piccolo spiraglio positivo per uscirne più forte, più consapevole, migliore di prima. Era facile illudersi in quel clima di tensione e preoccupazione; ci facevamo forza addossando speranza ad una crescita spirituale collettiva più matura. Era facile illudersi ed infatti è successo. Questo dovuto ad una fiducia incondizionata che, all’ordine del giorno, riponiamo verso il genere umano. Le nostre menti non si sognerebbero mai il superamento di certi limiti; ma, puntualmente, veniamo risucchiati dallo sgomento.
L’oltraggio alla tomba di Daniel Guerini, però, non sporcherà il suo ricordo. Torneranno a ripopolare la cappella altre magliette ed altre sciarpe, per un amore che non si placherà mai. Perché un gesto del genere definisce chi lo compie, non chi lo subisce.
Siciliano legato alle tradizioni. Diplomato in tecnica della gestione aziendale, tifoso del Milan, giornalista freelance e produttore di musica elettronica. Odia l'ipocrisia e disconosce il politically correct. Ama scrivere e raccontare la verità senza peli sulla lingua.