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Letteralmente buona morte?

La sofferenza tra patimento e valore salvifico

Nell’assetto della società odierna, la rivendicata liceità delle pretese soggettive trova realizzazione nelle attese  pronunce volte a riconoscere o negare la fondatezza delle azioni promosse all’interno dei palazzi di  giustizia. Negli episodi dei giorni scorsi che hanno rivisto protagonista l’associazione Luca Coscioni, è tornata in auge la battaglia volta a suggellare un nuovo paradigma di civiltà. Nel caso di specie, il Comitato Etico dell’ Asur Marche (azienda sanitaria unica regionale) ha confermato la sussistenza dei presupposti che riconoscono a Mario (nome di fantasia, uomo marchigiano che si era rivolto all’associazione suddetta) le condizioni necessarie per effettuare il ricorso alla pratica del suicidio assistito (secondo quanto stabilito dalla sent. C. cost. n. 242/2019 relativa alla vicenda Cappato-Antoniani, più nota come Dj Fabo) – La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità dell’art.580 c.p. nella parte in cui non esclude la punibilità di chi […] agevola l’esecuzione del proposito di suicidio  […] di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili-. Per la determinazione degli  aspetti più propriamente metodici e procedurali,  la decisione relativa al caso de quo verrà  nuovamente assunta, secondo competenza,  dal tribunale di Ancona. La morte di Mario costituirebbe il primo caso in territorio italiano. Sul versante legislativo, invece, la proposta di legge in materia di morte volontaria medicalmente assistita, attualmente all’esame delle commissioni II Giustizia e XII Affari sociali, verrà nuovamente discussa proprio nello sviluppo della giornata  odierna come previsto da calendario. Nel rispetto delle condizioni sofferte, l’evento da scongiurare è che la singolarità della vicenda legittimi, per via referendaria, un liberi tutti capace di realizzare le pretese utilitaristiche di un modus vivendi che rifiuta, senza soluzioni di continuità, la persistenza di uno stato di sofferenza valutato come inaccettabile. La disponibilità del bene vita, analizzata a più riprese nella sentenza della Corte, è convalidata dalla inviolabilità di una libertà personale, spesso, non del tutto avulsa da ragioni capaci di rendere quella stessa scelta di libertà condizionata. All’interno dell’enunciato si  fa riferimento ad – un proposito suicida autonomamente e liberamente formatosi […] pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli – . La facoltà volitiva domina quindi ogni altro possibile aspetto divenendo decisionale. Di fronte la caducità dell’esistenza, l’anticipazione del morire viene adottata nell’intento conservativo di una dignitas che verrebbe altrimenti meno, una libertà che fa perno sull’ agire arbitrario di un volere ad unico senso  che si tradurrebbe nelle peculiarità proprie di un gesto compassionevole e solidale. Il principio di autodeterminazione ed autonomia del paziente richiede necessariamente la disponibilità di un ascolto che sia, al contrario, concretamente capace di operare nella ricerca di senso e di significato. E’ solo nella reciprocità della relazione terapeutica che un senso etico della cura e dell’ accompagnamento può trovare sviluppo. Appare urgente, in una società che tutela il valore dell’eguaglianza, ribadire il riconoscimento della dignità dell’esistenza proprio di ogni uomo; evitare che la professione medica maturi deduzioni autoreferenziali è compito di una coscienza sociale chiamata a riformulare un significato del volere che sia avulso da quello risolutivo.

Vial With Pentobarbital Used For Euthanasia And Lethal Inyecion In A Hospital
Di felipecaparros

Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni