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L’estate bollente del calcio made in Arabia: la Saudi Pro League sbaraglia la concorrenza

Doveva essere solo ed esclusivamente la sessione estiva delle chiamate senza risposta al fuggitivo Romelu Lukaku, del toto allenatore in casa Napoli, dei saldi in casa Chelsea, del futuro di Zlatan Ibrahimovic. E invece, inaspettatamente, sono intervenuti in tackle scivolato gli arabi e si son presi tutto: riflettori, copertine, giocatori e il monopolio del calciomercato.

E’ sempre stato complicato – se non impossibile – rubare la scena alla Premier League. Ci riuscirono solo il Real Madrid nel 2009, quando presentò in una sola estate Cristiano Ronaldo, Kakà e un giovanissimo Karim Benzema; e il Paris Saint-Germain nel 2017, con gli acquisti di Neymar e Kylian Mbappè. Negli ultimi due mesi, però, c’è stata una sola attrice protagonista a sbaragliare la concorrenza e accaparrarsi tutto il red carpet: la Saudi Pro League.

Ma da dove viene tutta questa ritrovata voglia di calcio in terra araba? 

Il nuovo boom del calcio in Arabia Saudita – più deciso rispetto a qualche anno fa quando le massime celebrità rispondevano ai nomi di Sulley Muntari e Bafétimbi Gomis – è solo una parte dell’iceberg che si sta muovendo a quelle latitudini. Possiamo parlare senza esitazione di una sorta di anno zero, in cui non esiste nessun Fair Play Finanziario e dove, di fatto, non sussiste nessun controllo sui costi e sul budget, ad oggi praticamente illimitato.

La volontà principale degli interpreti sauditi, che in buona parte fanno riferimento al fondo statale PIF (Public Investment Fund), già proprietario del Newcastle, è quella di accrescere il valore del brand dell’Arabia Saudita nel settore dell’intrattenimento sportivo e non solo, con il traguardo di ottenere l’organizzazione – a suon di dollari – del Mondiale FIFA del 2030. Tredici le città coinvolte nel progetto: da Abha alla storica oasi di Al-Hasa, fino a La Mecca, dove gioca l’Al-Wehda. 17, invece, gli stadi, con Gedda e Riad a rappresentare i centri nevralgici di un campionato che quest’anno sarà seguitissimo.

Il principe saudita Mohamed Bin Salman ha studiato una riforma che punta a trasformare il campionato saudita (istituito nel 1974) in uno dei più importanti al mondo, così da favorire anche la Nazionale in campo internazionale. Come? Affiancando ai calciatori locali diversi campioni, non solo a fine carriera ma anche in rampa di lancio, così che possa beneficiarne tutto il sistema calcistico. Un obiettivo ambizioso sponsorizzato a pieni voti da alcuni interpreti del mondo del calcio, come, ad esempio, la potente agente-avvocato Rafaela Pimenta, sostituta di Mino Raiola. Il tutto attraverso colloqui abbastanza ambigui e particolari: infatti le trattative non avvengono tra il singolo calciatore e il singolo club, bensì direttamente con il Primo Ministro del Paese che, in pratica, “acquista” le prestazioni degli atleti e degli allenatori internazionali per poi far scegliere a loro la squadra tra quelle presenti in lista. 

Il denaro per rendere reale tutto questo, d’altronde, non manca, pur con il rischio concreto di alterare in maniera irreparabile il calciomercato come lo conosciamo. E infatti sta già accadendo. Ad aprire la porta al calcio in Arabia Saudita è stato per primo Cristiano Ronaldo, lasciando il Manchester United – uno dei club più ricchi e famosi al mondo – dopo il Mondiale in Qatar, per accettare lo stipendio extralarge recapitatogli dall’Al Nassr. Al-Nassr che ha poi preso Brozovic dall’Inter, Fofana dal Lens, Telles dallo United e Manè dal Bayern Monaco.

Alla squadra di CR7 ha risposto l’Al-Ittihad, con gli acquisti dell’attuale pallone d’oro Benzema, Kantè e Fabinho. Non è rimasto a guardare nemmeno l’Al-Ahli, con Mahrez, il portiere Mendy, Roberto Firmino e Saint-Maximin. Ultima, ma non per ordine di importanza, l’Al-Hilal, con le ufficialità di Koulibaly, Ruben Neves e Milinkovic-Savic. Quattro club che, non a caso, rendono conto direttamente al fondo PIF, che ne detiene il controllo. Perché mentre prima, su decisione statale, i club appartenevano in toto alla famiglia reale, da qualche anno stanno passando attraverso una fase di privatizzazione.

Quella che all’inizio, superficialmente, poteva sembrare una mossa di quelle già viste in passato tra Cina, Giappone, Qatar e Stati Uniti, ben presto è stata osservata sotto un’altra luce. L’Arabia ha già spaccato il calciomercato mondiale: è solo questione di tempo per capire se questo fuoco è destinato a spegnersi tra qualche anno o se, in questi mesi, si sono gettate seriamente le basi per lanciare quello che potrebbe essere definito negli anni a venire come uno dei cinque campionati più importanti al mondo. La Superlega tanto temuta e criticata dalla UEFA ci è nata sotto gli occhi: ha solo cambiato continente.

Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni