L’emergenza sanitaria ci ha costretti a riprogrammare la nostra quotidianità, il lavoro, lo studio, i rapporti interpersonali. A farne le spese è stato anche lo sport, dapprima costretto a una battuta d’arresto e poi al centro di tavoli tecnici, dibattiti di Governo e chiacchiere da bar… pardon, su Zoom.
Dallo scorso maggio, tuttavia, anche le attività sportive hanno rivisto il via a piccoli passi con l’adozione di misure come il distanziamento interpersonale, la sanificazione degli ambienti, il divieto di scambiare bottiglie o materiali. Ciascuna federazione ha dato raccomandazioni diverse volte alla riduzione del rischio di diffusione del virus e spetta all’utente metterle in pratica, ma non sempre è così.
Quel che è certo è che tra una pedalata e un cono gelato, noi italiani – sportivi per natura, anche solo col telecomando del televisore – possiamo godere, non senza critiche, del ritorno degli sport individuali, degli sport di contatto, del campionato di calcio, del ciclismo, della Formula1 e chi più ne ha più ne metta.
Proprio il campionato, e le coppe, ci hanno infiammati nonostante il tifo sia relegato ai salotti di casa. Quello che abbiamo divorato con gli occhi è ancora il bel gioco? E cosa ci è rimasto di quei mondiali di trent’anni fa raccontati sapientemente da Furio Zara (oltre alla canzoncina dell’inedito duo Nannini/Bennato)?
Abbiamo provato a rispondere a queste domande, consapevoli che non si vive di solo calcio: via libera allora al ritorno dei rollerskate e alla febbrile attesa per le Olimpiadi di Tokyo 2021, senza dimenticare che anche altri sport di contatto come il basket avranno bisogno di attenzione e di capillare organizzazione.
Lo sport necessita di aiuti straordinari e di uno sforzo condiviso volto a vivere lo sport stesso in maniera diversa, consapevole e sicura con il contributo di tutti.
Il nostro è in edicola con L’Altravoce dei Ventenni – Quotidiano del Sud e su questi schermi: buona lettura!
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