La campanella suona anche per i prof

L’inizio dell’anno scolastico evoca di norma nella mente l’immagine di una moltitudine chiacchierante di studenti in fila con gli zaini nel giardino di una scuola, in attesa della campanella. Qui vogliamo invece sondare l’altro lato della luna, che assai spesso resta in ombra: l’inizio della scuola per gli insegnanti. Venerdì scorso è stato infatti il “primo giorno di scuola” per tutti i docenti. 

Per gli insegnanti ancora precari le ultime settimane sono state particolarmente difficili, dominate dall’incertezza sul futuro. Per le supplenze da graduatorie provinciali, infatti, i docenti presentano domanda già a luglio, inserendo le proprie preferenze nel sistema informatico, ma ricevono risposta di norma soltanto a fine agosto, molto spesso il giorno prima della presa di servizio. Gli esiti della procedura vengono comunicati talvolta persino nella sera (se non nella notte) del 31 agosto, con l’obbligo di prendere servizio il giorno successivo. Tra l’altro, la complessa trama delle assegnazioni delle sedi è tessuta dall’ “algoritmo”, un imperscrutabile cervellone informatico del Ministero che rimescola alchemicamente un’infinità vorticante di dati. Applicando ineffabili logiche pitagoriche, il sistema sentenzia ogni anno inappellabilmente il futuro di migliaia di docenti. Subito dopo, fervono i preparativi per il nuovo anno. 

In questa cornice, si affastellano le storie personali di migliaia di docenti, i loro sogni, le loro aspirazioni e i loro timori. Storie tutte diverse, ma con denominatori comuni e prospettive condivise. Moltissimi avranno quest’anno una nuova scuola di assegnazione e saranno quindi costretti a lasciare gli studenti a cui si erano affezionati e che avevano accompagnato nel percorso precedente. Ci sarà chi dovrà raggiungere ogni mattina una sede distante da casa e si sveglierà all’alba per prendere treni, autobus. Alcuni avranno più scuole e tra “spezzoni”, “completamenti” e cattedre esterne viaggeranno ogni giorno tra tante realtà diverse, macinando migliaia di kilometri. Molti, per avere migliori opportunità, hanno scelto (o hanno dovuto scegliere) di andar via dalla propria città, provincia e persino regione, sacrificando legami e affetti. Moltissimi docenti cambiano scuola, studenti, città ogni anno, costretti ogni settembre ad approdare in una nuova meta, ad adattarsi a una nuova realtà. In questo vortice di cambiamenti, si cresce e si matura, si vive ogni volta un’esperienza diversa, ma si sacrificano spesso quote importanti della propria vita personale. C’è anche chi, pur di insegnare, ha lasciato tutto, cambiato vita, abbandonato un precedente lavoro, e ha deciso di scommettere sul proprio futuro. Grazie, a tutti, per i sacrifici che avete fatto e che farete.

Infine, c’è chi è alla prima “presa di servizio” e sta allunando in una realtà nuova e sconosciuta, con l’animo pieno di speranze, desideri, ma anche timori e preoccupazioni. Il primo giorno di scuola diventa così la prima pagina di un nuovo capitolo della vita. A questi nuovi docenti vogliamo lasciare un invito. Date il proprio meglio, sempre, ogni giorno, anche quando sembrerà difficile o inutile. Vi aspettano anche momenti difficili, scelte dolorose, problemi apparentemente indistricabili. Fate il massimo, sempre, perché il mondo lo merita. Insegnare è una responsabilità non soltanto verso il Ministero o i ragazzi, ma verso l’intera società. Siate i migliori docenti possibili e certate sempre e prima di tutto di rendere i vostri studenti persone migliori. Le nuove generazioni saranno chiamate a cambiare il mondo, in meglio, e potranno farlo soltanto se saranno maturi e consapevoli, grazie anche al vostro aiuto. 

La scuola sta evolvendo, per assecondare i cambiamenti della società e con essa delle percezioni, delle sensibilità e dei sentimenti condivisi. Insegnare è quindi un mestiere che, oggi più di ieri, richiede non soltanto competenze ma umanità, sensibilità, empatia. I docenti non devono infatti limitarsi a trasmettere nozioni, ma hanno il difficile compito di aiutare gli studenti a capire sé stessi, a elaborare e potenziare le proprie capacità, ad abbattere le barriere, a superare gli ostacoli. Oggi l’insegnante è chiamato non soltanto a saper parlare, per trasmettere, ma a saper ascoltare, per comprendere. Deve infatti riuscire a decodificare l’animo degli studenti, le loro inclinazioni, aspirazioni e curiosità, per indirizzarli al meglio verso il loro futuro. Il docente non è un erogatore di informazioni, ma una guida che deve condurre al meglio i propri allievi nel loro percorso di crescita personale e di maturazione. Un buon insegnante rende i propri allievi persone migliori, futuri cittadini migliori. Sommersi da registri, consigli, scartoffie a volte si corre il rischio di dimenticare la propria missione, che è quella di dare al mondo un futuro migliore. In bocca al lupo.

Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni