Ho letto, spiluccando di qua e di là, che oggi abbiamo già dimenticato il 40% delle cose che abbiamo fatto ieri. La labilità con la quale dimentichiamo le cose mi ha sconcertato. Ho provato a ripercorrere la giornata appena trascorsa e il risultato è stato prevedibile. Il concetto di tempo così impalpabile, inafferrabile, scivoloso, intimorisce. Impossibile fermare il tempo per rivivere un momento. Impossibile accelerarlo per passare oltre e fare finta che non sia successo nulla. Ma soprattutto è impossibile fermarci a riflettere sullo scorrere del momento. Viviamo gli istanti. E alle volte questi istanti diventano ricordi. Molto spesso abbiamo vissuto un’emozione così forte che non ha potuto far altro che diventare una cicatrice nella nostra vita. Altre volte inspiegabilmente è il più semplice, banale dei momenti di vita che si incastra nella tua memoria. Un profumo, una risata, una frammento di conversazione, un commento a sproposito, un sorriso sconosciuto, una canzone, un ballo, un sapore, una nuvola, una barzelletta fredda, una salita, una corsa, un’alba, un tramonto. Calamite. Inspiegabili calamite nella tua memoria.
Ricordo cos’ho provato la prima volta che ho letto “Io No”. L’ho scovato per caso. Piccolo con una copertina non appariscente, ma con un titolo potente. Ero una ragazzina che comprava libri mentre le sue coetanee iniziavano a comprare trucchi. Mi sentivo un po’ fuori schema (e ci sono rimasta, per fortuna) e quella frase, quell’ Io No sembrava rappresentarmi più di mille parole. Ho pensato questo, la prima volta che ho letto Io No, sono io. Ma lo condivido tranquillamente con chiunque abbia problemi con il tempo, con gli strambi che inventano parole, che rincorrono ancora dei principi, che camminano a destra quando tutti vanno per la sinistra, che ridono troppo forte, che hanno ancora la spensieratezza di sognare, che vogliono aprire un cocktail bar alle Hawaii. Lo condivido con chi almeno una volta nella vita non solo ha detto Io No, ma si è anche attenuto alle sue parole.
Lorenzo Licalzi è uno scrittore italiano, psicologo di formazione. Io No è il suo primo libro, da cui, nel 2003, è stato tratto un film.
“Da bambino era strano, non ha parlato fino a tre anni, ma quando un giorno improvvisamente ha iniziato a farlo, le prima due parole che ha detto sono state <Io no.>”
Due fratelli. Due mondi opposti. Francesco e Flavio. Una faccia da schiaffi e una faccia pulita. Disordine e ordine. Francesco parte, se ne va in giro per il mondo a cercare un luogo a cui appartenere. E’ giovane, abbandona la sua principessa e la sua “carriera da musicista”. Inizia così Io No per poi svilupparsi in due parti nettamente opposte. Se la prima parte è calda e allegra come una giornata primaverile, la seconda ha la gravità delle foglie d’autunno. Impari a conoscere Francesco folle, vitale, sboccato, impaziente e svogliato e Flavio deciso, puntuale, frustrato dal ricercare costantemente un equilibro che suo fratello mette sempre a repentaglio. Perché Francesco è imprevedibile, è un punto interrogativo fra i tanti punti che Flavio prova e mettere. Poi ci sono le donne. C’è Laura, assomiglia al carbone zuccherato. E c’è Elisa, l’amore di Francesco.
Io No è un romanzo ai più sconosciuto, ma è un microcosmo di emozioni che vale la pena di essere letto. È comico e tragico. E’ buono e cattivo. E’ la storia dell’amore vero, forte e tragico e di quell’amore che non è più sentimento ma compromesso e quieto vivere. E’ una storia sul destino, sulle principesse grandi e piccole, sulle anitre dello stagno che non si sa dove vanno quando gela lo stagno “perché le anitre hanno le ali, volano via, sono libere di andare dove vogliono, è questa la loro fortuna”. Ma per fortuna all’ultimo si scopre dove vanno…
“Vuoi saperlo anche tu?”