Il ruolo del dog trainer dopo il boom di acquisti e adozioni spesso inconsapevoli

I consigli dell’esperta per affrontare il rapporto con i nostri amici a 4 zampe con serenità

Il marzo del 2020 ha cambiato il mondo per sempre; la quarantena a causa del Covid-19 è piombata su tutti noi improvvisamente e ha affondato gli artigli su ansia, depressione, economia e soprattutto: solitudine.

Possiamo pubblicare quanti meme vogliamo su “ansia sociale”, o più dozzinalmente “asocialità”, ma siamo animali totalmente gregari e quando in cui siamo stati costretti a isolarci per davvero, abbiamo cominciato a cercare subito rimedi. Tra i video di skincare coreana e ricette assurde, una delle cose più digitate su Google è stata “cani in adozione”.

C’è stato un boom di acquisto di cuccioli da allevamento o di adozioni da rifugi, canili e cucciolate private. Tutte queste persone si sono sentite soddisfatte e in preda alla dopamina nel momento in cui si sono aggregate di nuovo a qualcuno che donasse loro una certa stabilità: un membro della famiglia da accudire, conoscere, guardare crescere assieme a noi, un nuovo scopo. Il lockdown poi, fortunatamente, è finito. E ora? Ai cani che non sono stati riportati indietro e, a volte, purtroppo abbandonati o affidati a chissà chi, è stata data la possibilità di cominciare un percorso con educatori e istruttori cinofili. 

Facciamo però un passo indietro. Quali sono state le problematiche che queste persone – che hanno visto i cani come una salvezza – hanno poi riscontrato?

Abbiamo detto che noi uomini siamo animali gregari, quindi sociali, e i cani lo sono anche. Non avendo possibilità di andare in giro per il mondo durante il loro periodo sensibile (dai due mesi in poi), non hanno avuto modo di socializzare con l’ambiente, con gli altri cani, con altre persone, e quindi adesso la Terra è un posto inesplorato e pieno di eventuali pericoli. I cani sono cresciuti e, privati di tutta quella fetta di esperienza, adesso sono degli “adulti” molto timidi, certe volte molto paurosi, giustamente riservati e che si sono già fatti un’idea di come interfacciarsi con gli stimoli.

I maggiori disagi che le persone lamentano (e che di solito presenti anche in situazioni normali) sono:

  1. Cani che tirano al guinzaglio (un grande classico);
  2. cani che hanno difficoltà a gestire le proprie emozioni nel momento in cui arriva un ospite;
  3. difficoltà da parte dei proprietari a comunicare coi propri cani;
  4. Aspettative rosee, in pieno stile “la casa nella prateria”, distrutte da cani che alla fine distruggono oggetti e fanno pipì ovunque.

Il ruolo di noi dog trainer è dunque quello di destrutturare tutto ciò che si pensava prima e far capire alle persone che i cani hanno esigenze molto diverse rispetto alle loro e soprattutto che è vastissima la letteratura comunicativa canina, per cui, prima ci si impegna a studiare quanto meno quella del proprio amico, meglio è. 

La prima cosa da fare quando ci si trova di fronte a qualsiasi cosa che noi reputiamo possa essere un problema legato al nostro cane, è di fare un passo indietro e porci due domande: cosa stiamo sbagliando? Stiamo dando al cane ciò di cui ha davvero bisogno? Dopodiché bisogna trovare un educatore, e questo, ad oggi, non è un aspetto così semplice come potrebbe sembrare.

Esistono svariate scuole di pensiero e ciò che è più consigliabile è innanzitutto escludere chi esercita coercizione: i professionisti che impongono collari a semi-strozzo e strozzo per “controllare” il proprio cane ci allontanano dal patto di fiducia che ancora dobbiamo costruire col nostro partner canino e basano la nostra relazione su gerarchie esasperate e giochi di forza dannosi. È fondamentale imparare a lavorare per e nella mente e nel cuore dei cani (per citare un famosissimo libro dell’etologo Marc Bekoff), lasciando finalmente indietro pratiche medievali quali la dulosi e il maltrattamento psichico. 

I cani chiedono continuamente, bisogna soltanto imparare a decodificare i loro messaggi e dare una risposta esauriente e non vaga. Tornando poi ai misunderstanding uomo-cane di cui sopra, come si fa a far capire al cane che non si tira al guinzaglio? 

Chi come me lavora con approccio cognitivo relazionale sa bene che gli strumenti non sono la risposta ma fungono da traduttori di spazio e distanza; il guinzaglio non è una cintura di sicurezza né ciò attraverso cui – con strattoni vari – il vostro cane smetterà di tirare: siete voi con le vostre posture e il vostro assetto emozionale a far capire al cane che siete insieme, che quello è lo spazio in cui in quel momento ci si può muovere; sembrerà paradossale, ma per camminare serenamente al guinzaglio bisogna prima imparare e conquistare la libertà. Appena cominciamo a considerare il nostro cane un essere senziente e sensibile al nostro stato d’animo: cambiando atteggiamento, sarà lui a decodificare il nostro messaggio e, in una maniera quasi magica, avremo fatto un piccolo passo verso il loro linguaggio.

Tornando ai cani paurosi e ricollegandoci a tutti i cuccioli adottati durante la quarantena, come si affrontano disagio e stress?

Prima di tutto, sarà compito dell’educatore determinare se il cane possa avere Sindrome da Privazione Sensoriale e di che livello. Si tratta di una vera e propria mancanza di esperienza, legata soprattutto alle prime settimane di vita trascorse senza mamma e fratelli; lo si può notare nei cani che hanno paura di superfici specifiche e in generale che non sono quasi mai tranquilli e a loro agio. In questo caso, a volte, può essere utile l’intervento del veterinario comportamentalista, ma questa è un’altra storia. Nella maggior parte dei casi la cosa più utile è aiutare i cani a conoscere gradualmente il mondo: è consigliabile non uscire in orari di punta, non sgridarli se  vanno in panico e tirano al guinzaglio ma fermarci un attimo, calmarci noi stessi e valutare l’opzione di tornare a casa; passeggiate corte e di qualità, uscite positive – per esempio andare in macchina e raggiungere un parco, un bosco, il centro cinofilo; proporre al cane attività rilassanti come quella olfattiva, ma soprattutto avere tantissima pazienza. Renderci noi stessi la salvezza che, nel marzo 2020 i cani sono stati per noi.


Articolo pubblicato su Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dei ventenni