‘I GIOVANI DEVONO VIAGGIARE’ – CAPITOLO 4: GO ON CAMPUS ABROAD!

Di Martina Tagliavia

“La bellezza cambia il mondo, e lo cambia una persona alla volta.”

Renzo Piano


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Dopo un’ora di autobus e un treno, sono arrivata in cima al Corcovado, ai piedi del Cristo Redentore, e mi sono trovata davanti agli occhi Rio!” – Vittoria

“Di sicuro mi rimarrà impressa la vista dall’alto del Gran Canyon: da mozzare il fiato, è infinito. La cosa più strana è stata la serata a Las Vegas; davvero un mondo a parte!”Matteo

La cosa più memorabile è stata la Muraglia, è proprio emozionante. […] La cosa più strana era l’interazione con i tassisti, praticamente comunicavamo a gesti e una volta uno ci ha fatti scendere perché la destinazione secondo lui era troppo vicina!”Valentina

Camminare su una corda sospesa a 13 metri d’altezza nel campus dell’università a Los Angeles. Era un po’ per creare lo spirito di gruppo perché erano gli altri a tenere le corde delle imbragature.”Federica

“Non mi ricordo quale sia l’esperienza più memorabile perché a Praga la birra costa troppo poco per permetterti di tornare a casa con qualche ricordo. Di sicuro mi ricordo che per la prima volta in vita mia sono svenuto in ospedale, che è comunque uno step importante e imprescindibile nella vita di un futuro medico.” – Stefano

Cos’hanno in comune questi ragazzi, e di cosa stanno parlando? Hanno tutti vissuto poche settimane all’estero per fini universitari. Eppure provengono da atenei diversi, città diverse, campi di studio diversi.

San Paolo, San Francisco, Pechino, Los Angeles, Praga.

Alcuni di questi sono posti talmente lontani da noi, non solo fisicamente, ma soprattutto mentalmente, che probabilmente non avremmo mai neanche pensato di visitarli, se non ci fosse stata un’organizzazione sottostante, come quella universitaria, a cui appoggiarsi e che sostenesse l’importanza di certe esperienze.

Non per nulla lo scopo principale di questi Campus Abroad, o in generale programmi internazionali di breve durata (nel caso degli studenti di medicina, internati in reparti ospedalieri), è formativo: è un’intensa esperienza interculturale che permette ai partecipanti di arricchire il proprio curriculum, esplorare nuovi paesi, lavorare su casi reali acquisendo una conoscenza più approfondita di quell’area geografica. In molti casi il programma prevede visite ad aziende, organizzazioni internazionali, istituzioni; seminari tenuti da esperti locali o corsi tenuti da docenti dell’università partner presso le strutture ospitanti.

Ma come detto prima, se questo è il fine accademico dei campus, vi è anche un risultato collaterale, che porterete dentro per sempre.

Le persone che avete incontrato, i luoghi che avete visitato, le cose “strane” o memorabili che avete vissuto, vi hanno permesso di comprendere, seppur per poco tempo, una nuova cultura: e questo è molto difficile che avvenga quando si parte nelle vesti di turista.

Io sono stata a Dubai per tre settimane: ho studiato all’American University in Dubai, visitato il Dubai International Financial Center e ho seguito un corso di Business Plan per cui ho realizzato, insieme ad altri, un progetto sul campo.

Ma allo stesso tempo ho vissuto per un po’ di tempo nella città più sontuosa e megalomane che abbia mai visto, con gli 828 metri del Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo; la pista da sci all’interno del Mall of the Emirates e i giochi di luce e d’acqua delle gigantesche fontane del Dubai Mall, il centro commerciale più grande del mondo. Ho attraversato le famose Palm Islands e fatto il bagno al Jumeirah Beach Park; ho contrattato con i venditori di sciarpe e di profumi nei suk, e ammirato il Burj al-Arab, il lussuosissimo hotel a forma di vela che troneggia su Dubai.

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Ed ecco però cosa ricorderò per sempre con chiarezza: quando siamo stati con le jeep a surfare sulle dune del deserto, e abbiamo mangiato cibo arabo in un villaggio tra ballerini di danza del ventre, narghilè e tatuaggi all’henné, ho visto la vera anima di Dubai; non quella delle luci scintillanti dei grattacieli, ma piuttosto quella legata alle tradizioni della sua popolazione e alla storia della sua terra.

Sinceramente credo che molti di noi, me in primis, non sarebbero altrimenti mai andati in questa meravigliosa città, o forse solo dopo una lista di innumerevoli altre mete, molto più “comuni”. E probabilmente adesso non conoscerei molto di quello che ho potuto così vedere.

Senza contare che mettersi alla prova in un contesto estremamente diverso dal proprio, dover superare inconvenienti e disagi, dati da lingue e culture spesso radicalmente opposte alle proprie, stimola indubbiamente le proprie abilità e allarga orizzonti e vedute.

Ognuno dei ragazzi che hanno fornito testimonianza al riguardo rifarebbe questa esperienza, e ciascuno di loro consiglierebbe la città in cui è stato: è possibile che siano tutte città così belle ed indimenticabili?

Forse sì. O forse è vero che la bellezza è negli occhi di chi guarda.

Martina Tagliavia
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Nata nel 1991 a Palermo, dal 2009 vive a Milano; ha trascorso l’ultimo anno in giro per il mondo, spostando il suo domicilio da New York a Vienna. Laureata in Economia Aziendale all’Università Bocconi, sta per terminare un percorso di laurea specialistica in Management presso lo stesso ateneo. Curiosa e frenetica, si descriverebbe con il famoso detto “Chi si ferma è perduto”. Ama viaggiare, non vivrebbe nello stesso posto per più di sei mesi consecutivi. Costantemente in equilibrio tra l’ossessione di pianificare ogni singolo istante della sua vita, e la continua ricerca di libertà e avventura che la contraddistingue.