Uno degli eventi che ha maggiormente caratterizzato questa primavera è stato senza dubbio lo scandalo che ha investito Facebook e il suo fondatore Mark Zuckerberg, Scoppiato a metà marzo, il cosiddetto scandalo Cambridge Analytica, è una delle più vaste violazioni di dati della storia.
L’azienda, legata all’ex consigliere del presidente Trump, Steve Bannon, è accusata di aver violato i dati sensibili di oltre 87 milioni di profili Facebook.
La società di analisi, che ha collaborato nelle campagne elettorali di Donald Trump e in quella pro-Brexit, ha utilizzato i dati dei profili Facebook per creare un potente software al fine di prevedere e influenzare le scelte elettorali attraverso annunci politici personalizzati.
Questa vicenda è venuta alla luce grazie all’inchiesta di Guardian, Observer e New York Times, basata sulle rivelazioni di un informatore che ha raccontato come dal 2014 la società abbia iniziato a raccogliere senza autorizzazione i dati personali degli utenti del social network.
Per la prima volta dopo lo scoppio dello scandalo Cambridge Analytica, il 21 marzo Mark.
“Facebook è un’azienda idealista e ottimista, ma ora è chiaro che non abbiamo fatto abbastanza per impedire che questo strumento venisse utilizzato anche per fare del male, ciò vale per notizie false, interferenze straniere nelle elezioni e discorsi di incitamento all’odio, così come per gli sviluppatori e la privacy dei dati. Non abbiamo tenuto abbastanza in considerazione la nostra responsabilità, e questo è stato un grosso errore”, ha ammesso Zuckerberg.
Nei giorni seguenti Facebook ha affermato che i profili social coinvolti nello scandalo di Cambridge Analytica sono stati 87 milioni. Nel frattempo la società di consulenza britannica ha deciso di sospendere in modo definitivo le sue attività a causa della perdita di clienti e delle ingenti spese legali conseguenti allo scandalo.
In seguito all’apparizione al Congresso americano, il fondatore di Facebook è stato convocato a parlare anche davanti al Parlamento Europeo, sotto invito del presidente Antonio Tajani. Dopo aver snobbato per alcune settimane le chiamate provenienti dall’Europa, il 22 maggio Mark Zuckerberg si è presentato a Bruxelles. Il tema è stato lo stesso delle audizioni al Congresso americano, ma a differenza delle audizioni n terra statunitense, però, il tempo era minore, appena un’ora, e il format concordato molto diverso: prima i parlamentari hanno esposto le domande, poi Zuckerberg ha preso parola per rispondere in un’unica volta. Ecco perché al termine dell’incontro molti parlamentari si sono lamentati per la vaghezza delle risposte e per quale motivo il fondatore di Facebook ha saltato alcuni temi, spingendo Tajani a
chiedergli di mandare risposte scritte a tutte le domande. Se però il fondatore del social più importante al mondo pensava di aver superato tutti gli ostacoli lungo la sua strada, si sbagliava di grosso. Infatti qualche giorno fa il Senato russo gli ha chiesto di presentarsi a Mosca per spiegare e chiarire la vicenda in
cui la Russia è decisamente invischiata. Se l’informatico dovesse accettare di
concedere anche un intervento a Mosca, questa potrebbe rivelarsi la missione più complicata e delicata affrontata finora dal trentaquatrenne di Dobbs Ferry.